Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

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martedì 5 dicembre 2017

Per gli psichiatri il cervello è un tumore maligno

E pensare che il mio medico olistico me lo disse : gli antipsicotici (più corretto chiamarli neurolettici) sono gli unici farmaci che non hanno una funzione terapeutica, ma solo quella di danneggiare le funzioni cerebrali più importanti , quelle del SNC (Sistema Nervoso Centrale).
Quindi è più corretto chamarli neurotossine e l'articolo che segue di Peter Breggin lo conferma. 
Egli si spinge perfino a dichiarare scherzosamente ma non troppo, che per gli psichiatri il cervello, l'organo più prezioso che abbiamo, equivale ad un tumore maligno quindi oggetto dei più aberranti insulti, basta leggere la storia della psichiatria per sincerarselo. 
Io auguro, questa volta veramente con tutto il cuore, che ogni psichiatra che ama prescrivere e somministrare con la forza queste neurotossine, come è stato fatto a me varie volte durante i miei ricoveri coatti, riceva la giusta retribuzione karmica, non importa se in questa vita o la prossima. Meglio sarebbe in questa vita ma il karma come si dice è insondabile.  La corretta retribuzione è quella di ricevere lo stesso trattamento cerebro-debilitante e capire una volta per tutte in prima persona cosa significa sentirsi il cervello in pappa. 



Psichiatria: il cervello è un tumore maligno!
Di Peter Breggin, MD
24 novembre 2017

Venni introdotto alla psichiatria organizzata quando, come matricola del college, mi unii a un programma di volontariato di Harvard presso l'ospedale psichiatrico statale locale. Trascorsi centinaia di ore in reparto e alla fine diressi il programma di volontariato.

Tra le stupefacenti esperienze educative che ebbi, una delle più sbalorditive fu la mia conversazione con lo psichiatra che gestiva la stanza dello shock insulinico in cui il personale iniettava overdosi di insulina ai degenti ivi detenuti fino a quando il loro cervello cominciava a morire, mandandoli in convulsioni, incoscienza e poi in coma profondo. A volte si contorcevano, a volte giacevano immobili come i morti che stavano diventando, fino a quando non venivano salvati con dosi di zucchero.

Chiesi allo psichiatra: "Come può aiutare il coma insulinico?"

Lui rispose con certezza: "Uccide le cellule cerebrali cattive".

Al secondo anno, mentre ero ancora una scettica matricola universitaria, iniziai a leggere per conto mio  sui trattamenti che  l'istituzione  psichiatrica regolarmente aveva inflitto ai suoi pazienti. C'era lo shock da insulina, che uccideva innegabilmente le cellule cerebrali. I campioni di tessuto  mostravano la cellula morta e morente. L'elettroshock distrugge il cervello e uccide i neuroni di centinaia di migliaia di persone in America oggi, così come il ricorso meno comune alla lobotomia, che consiste nel tagliare o bruciare parti del normale tessuto cerebrale. Ho faticato molto nella mia mente, come giovane studente universitario per capire cosa potesse motivare chiunque a infliggere tali dannosi assalti al cervello di altre persone.

Molto più di recente, infatti, nell'ultimo anno, sono tornato a studiare le origini del primo farmaco miracoloso: la torazina (clorpromazina). Ho già pubblicato alcuni dei documenti di ricerca originali dei primi anni '50 scritti dai pionieri Delay e Deniker sul mio Antipsychotic Resource Center gratuito ( www.123antipsychotics.com ). Dopo aver sperimentato i nuovi farmaci per circa due anni e aver visto la torazina diventare virale in tutto il mondo, i francesi si resero conto che il farmaco si stava comportando come un agente dell'encefalite epidemica. Si resero conto di aver scoperto una neurotossina !

Il lavoro promozionale di Delai e Deniker aveva già portato milioni di pazienti ad essere danneggiati dalle nuove neurotossine, con inevitabili sofferenze causate da terribili reazioni neurologiche e fisiche. Nel 1957, sapevano in dettaglio come i loro farmaci imitassero una ben nota epidemia neurotossica chiamata encefalite letargica.

Quindi cosa hanno fatto i due dottori? Hanno scritto e telefonato ai loro colleghi per dire "Aspettate! Abbiamo fatto un errore terribile. Stiamo diffondendo neurotossine sula faccia della terra " ?

No, non l'hanno fatto. Invece, contattarono la compagnia farmaceutica e chiesero: "Nei vostri studi sulle scimmie, qual è il farmaco più neurotossico di tutti, quello che causa il danno più grave al sistema nervoso?" Ricevettero rapidamente una serie di agenti mortali e iniziarono a darli ai loro pazienti. Fuori dal loro approccio arrivarono droghe come l'Haldol (aloperidolo), probabilmente tra gli agenti più tossici in medicina, forse superato solo dai più radicali trattamenti contro il cancro.

Adesso forse la mia conclusione inizia ad avere più senso, cioè che la psichiatria ha sempre considerato il cervello come un cancro. Consciamente o inconsciamente, la psichiatria vede il cervello come un cancro maligno e incurabile che può essere controllato solo da farmaci che uccidono le cellule cerebrali e accorciano le vite. E se i farmaci non funzionano, c'è la macchina dello shock per far esplodere il cervello fino alla morte. E naturalmente, come per ogni cancro, c'è sempre il bisturi o la sonda rovente, in questo caso la lobotomia e nuove forme di psicochirurgia, inclusa la radiazione. Sì, radiazioni, proprio come un trattamento contro il cancro.

Prima che dedicassi cinque anni della mia vita a fermare la rinascita della psicochirurgia in  tutto il mondo nei primi anni '70, uno dei più stimati neurochirurghi britannici, Geoffrey Knight, eseguiva la sua lobotomia impiantando sostanze radioattive nei lobi frontali dei suoi pazienti! Mi fa pensare che devo avere ragione: gli psichiatri e alcuni neurochirurghi aberranti credono davvero che il cervello sia un tumore maligno.

Sono quasi arrivato, finalmente a spiegare cosa rende gli psichiatri e alcuni neurochirurghi così irrazionali e persino pazzi. Pensano che il cervello sia un tumore maligno, che, per ragioni pratiche, non può mai essere completamente sradicato, ma che deve essere gestito e controllato per tutta la vita del paziente, per quanto il trattamento la possa accorciare.

Spiega anche perché tutti i nostri sforzi scientifici e attentamente motivati ​​per criticare gli psicofarmaci, il trattamento d'urto e la lobotomia sono caduti così in sordina. Queste persone, questi psichiatri e neurochirurghi, non pensano di trattare un cervello normale con una mente e uno spirito, una persona vivente - pensano di trattare una forma sottile e talvolta flagrante di cancro.

Ora, naturalmente, parlano di squilibri biochimici e di come i farmaci li correggono. Ma sanno che non è vero. L'evidenza è che gli unici squilibri biochimici presenti nel cervello dei loro pazienti sono quelli che essi stessi producono con le loro neurotossine e le loro scosse elettriche.

Quindi perché gli psichiatri non prestano attenzione a quelli di noi che scrivono così tanti articoli e libri scientifici su ciò che Peter Gøtzsche chiama 'Psichiatria mortale'  e ciò che ho descritto come 'Psichiatria tossica e Trattamenti disabilitanti al ​​cervello' ? Perché respingono il caos provocato dalle loro droghe, trattandolo come un mero danno collaterale in una guerra che giustifica e richiede l'uso di armi chimiche mortali?

Questi cervelli malati devono essere portati a un passo dalla morte, se necessario; e anche se molti milioni di cervelli all'anno vengono uccisi o mutilati, insieme ai loro proprietari, è lo stesso tipo di rischio che deve essere assunto con il trattamento di qualsiasi tumore mortale. Dopotutto, questi cervelli uccidono le persone che li abitano e talvolta uccidono altre persone. Peggio ancora, questi cervelli emanano gli orrori più inimmaginabili della vita: emozioni forti e talvolta travolgenti che non possono essere controllate senza ricorrere a neurotossine e scosse elettriche alla testa.

Prima che la mia intuizione ti faccia sentire sopraffatto dal risentimento o da altre brutte emozioni in agguato nel tuo cervello maligno, pensa a questo: cosa devono pensare questi psichiatri sterminatori di cervelli dell'organo all'interno della propria testa? Pensa a quanto devono sentirsi tristi e disgraziati riguardo al loro cervello e quindi a sé stessi.

Concludo con l'intuizione più importante di tutti. Abbiamo costantemente fallito nel tentativo di influenzare la psichiatria con argomenti scientifici perché consideriamo il cervello come normale mentre loro pensano che sia un cancro. Immagina quanto possa sembrare strano a loro: stiamo parlando del cervello, il tesoro più prezioso dentro le nostre teste, e lo stanno osservando nel modo in cui un chirurgo studia un neuroblastoma - o un assassino vede l'oggetto del suo odio. 

Quindi, quale nuova strategia nasce da queste intuizioni? Dobbiamo convincere gli psichiatri che il loro cervello non è cancerogeno. Dobbiamo aiutarli a capire che tutte le emozioni che combattono dentro di sé fanno parte dell'esperienza umana - che è normale, anzi che è auspicabile, che noi esseri umani siamo così pieni di emozioni e passioni, dolorose ed elettrizzanti, deprimenti ed esaltanti, alla fine è comunque amore.

fonte: madinamerica.com

martedì 29 novembre 2011

Luoghi comuni in psichiatria - I

Inizia qui un lunga serie di scritti  dove esporrò vari luoghi comuni e dogmi della psichiatria cercando di esaminarli uno per uno. Via via che mi verranno in mente  scriverò gli articoli, cercando di usare un linguaggio comprensibile. Se userò termini tecnici, saranno linkati  per maggiore chiarezza.  

1 :  La malattia mentale dipende da uno squilibrio chimico nel cervello

Ad oggi non ci sono conferme di questo, anche se la psichiatria organicista fonda tutto il suo operato su questo dogma, spacciato per vero. Quello che si è visto è che la chimica del cervello cambia in relazione agli stati d'animo, e questo è abbastanza plausibile. Gli stessi squilibri chimici però, sono comuni anche a persone ritenute sane di mente in determinate situazioni. E' noto inoltre, che qualunque sostanza psicotropa agisce modificando la chimica del cervello. Prima degli psicofarmaci, la malattia mentale raramente veniva considerata una situazione stabile (1). Se si trattasse di uno squilibrio chimico permanente, allora sarebbe relativamente semplice determinare lo stato di malattia tramite delle analisi, come si fa per esempio per il diabete. Ma simili test ancora non esistono, nonostante più di un secolo di studi. Anche l'analisi di migliaia di autopsie, non ha rilevato la benché minima prova dell'esistenza di uno squilibrio chimico o anomalie fisiche nel cervello dei malati mentali. Eppure gli psichiatri sono convinti che si tratti di una malattia organica, di origine genetica e presto si troveranno le prove. 
Dopo tutti questi anni, stiamo ancora aspettando delle risposte che molto probabilmente non si troveranno mai, prigionieri di una mentalità ottusa. L'ottusità che è diventata il fondamento della psichiatria, con la complicità della medicina: trattare il disagio emotivo al pari di una malattia organica, la quale, di fatto non esisterebbe. Si tenta perciò di curare qualcosa che non rientra nei canoni di una normalità per giunta assai sfumata.
  
Wakefield (2007) della World Psychiatric Association ammette che non esiste un test di laboratorio o indicatori fisiologici per i disturbi mentali [..]
Si chiede se una "condizione problematica mentale" non sia "semplicemente una forma di normale, anche se indesiderabile e doloroso del funzionamento umano" piuttosto che un disturbo psichiatrico. Egli dice ancora: "La credibilità e anche la coerenza della psichiatria come disciplina medica dipende dall'esistenza di una risposta convincente a questa domanda" (2)

La condizione vitale dipende da un insieme di fattori ben più complesso di quelli di una malattia organica. Se proprio vogliamo fare un paragone 'organico', il cancro è la malattia che si presta meglio alla ipotesi genetica e multifattoriale. Ci sono pure drammatiche analogie riguardo ai trattamenti: come la malattia mentale, anche il cancro è in costante aumento, e la sua recidività non lascia scampo a lungo termine. E inoltre noto che le principali terapie per il cancro possono indurre la malattia che tentano di curare. 
Verrebbe quasi da pensare che il corpo, quando non ha una manifestazione fisica di uno squilibrio, quest'ultimo può sfociare in un disturbo mentale. Ci si chiede infatti spesso perché i cosi detti malati mentali soffrano generalmente di meno per altre malattie fisiche quando non sono dovute alla cura stessa della malattia mentale. 
La depressione viene descritta spesso come 'cancro dell'anima', direi che è una definizione che ha un senso. Quindi, se fosse lecito considerare il cancro come conseguenza di uno squilibrio chimico del corpo, viene naturale pensare la stessa cosa riguardo alle malattie mentali. Posso comprendere che uno stato mentale può essere conseguente ad uno squilibrio di tutto il corpo, non solo dell'organo cervello. 
C'è chi mette in relazione i disturbi mentali con l'intestino, altri con il fegato, altri ancora con l'apparato surrenale o tiroideo. Esistono studi che collegano situazioni organiche con la malattia mentale, come esistono molte malattie organiche in grado di avere conseguenze sulla psiche. Ma tutto questo viene sistematicamente ignorato dagli psichiatri, i quali potrebbero indagare più a fondo con scrupolo sulla storia organica dei loro pazienti anziché fornire subito le loro pillole magiche dopo mezz'ora di colloquio se va bene.

Io ho avuto la fortuna di rivolgermi subito ad un bravo neurologo anziché a uno psichiatra, penso che questo mi abbia salvato da un calvario farmacologico che oggi sta sotto gli occhi di chiunque abbia voglia di approfondire le numerose storie di altri. Questo specialista di vasta esperienza individuò subito il problema, sottoponendomi ad esami per confermare l'assenza di una condizione organica. Dopo questi accertamenti, mi prescrisse il farmaco di elezione specifico per la mia condizione. Farmaco che ho assunto per il tempo sufficiente a ristabilirmi, nonostante fosse indicato per una cura protratta a vita. Ma io non lo sapevo, ancora non esisteva internet e l'accesso a questo tipo di informazioni, solo qualche libro che ho letto successivamente. Così nell'ignoranza quasi totale ho fatto di testa mia cercando le risposte dentro di me. 
Questo mi ha reso stabile per lunghissimo tempo, permettendomi di vivere una vita normale, dignitosa senza limitazione alcuna delle mie capacità, una vita insomma pari alla mia condizione precedente all'insorgere della prima crisi in cui mi riconoscevo 'sano'. Diversamente, se fossi andato da uno psichiatra, secondo le condizioni in cui ero, mi avrebbe forse imbottito di neurolettici o di antidepressivi iniziando così un processo degenerativo che mi avrebbe quasi sicuramente impedito di sposarmi, avere figli, comperare una casa e mantenermi stabilmente un lavoro. 

Ognuno ha la sua storia e capisco molto bene quelli che vengono privati di una vita dignitosa dalla loro condizione mentale, prima di approdare ad una cura efficace. Quando poi affermano di essere stati salvati dai farmaci risulta spesso che hanno trovato il modo di gestire i loro problemi per altre vie, cambiando radicalmente il proprio stile di vita. 
Senza negare a priori un eventuale contributo iniziale di farmaci molto mirato per simili casi, nel lungo periodo sta a noi stessi  trovare strategie efficaci per gestire al meglio questa particolarità, ed impedire così di essere sopraffatti dalla nostra mente. 

La mia diagnosi rientra in quello che veniva  una volta comunemente chiamato sindrome maniaco-depressiva, oggi disturbo bipolare.  Purtroppo oggi pur continuando ad essere in relativa minoranza i casi di "bipolarismo puro", si assiste ad una tendenza a diagnosticare il disturbo bipolare ad un numero sempre crescente di persone che non hanno le caratteristiche tipiche della cosi detta psicosi maniaco-depressiva. Ne consegue che numerosi depressi monopolari, gli individui con storie di dipendenza, i, cosiddetti borderline e altri con caratteristiche psicotiche vengono tutti riuniti nello spettro bipolare: un'etichetta che raccoglie caratteri assai diversi fra loro ma tutti accomunati nella stessa classe terapeutica. Diventa così una scommessa da jackpot azzeccare subito la giusta combinazione o il farmaco adeguato, predisponendo il paziente ad un calvario senza fine. Pochi fortunati riescono nell'intento, ma la maggioranza entra in una trappola che si stringe inesorabilmente nel lungo periodo fino a diventare soffocante. Molto più soffocante della presunta malattia da curare. 

In conclusione, la teoria delle squilibrio chimico ha un fondamento per me, solo nell'espresione biochimica di un disagio che risiede da altre parti, una manifestazione chimica locale di un problema generale che dovrebbe essere considerato invece  nella globalità olistica di corpo e mente. Aggredire il cervello per sopprimere i sintomi, senza guardare ad altro è diventato la norma nella psichiatria al primo intervento. Solo successivamente, semmai, si può procedere con terapie 'olistiche' integrative (le uniche potenzialmente risolutive) ma sempre come 'supporto' alle loro droghe che andranno necessariamente mantenute.
In questo modo le persone dovranno lottare due volte: per una malattia che comunque è diventata cronica, e per contrastare i numerosi problemi fisici e psichici dovuti proprio alla terapia, spesso a confondere sintomi con effetti indesiderati.
Se comunque la si veda, bisogna lottare, allora non sarebbe meglio lottare per un solo problema?

Note

(1)  Fonte: Mad In America
(2)  Citazione presente nel libro "A SENTENCE EXPLORER" di Anne-Marie Robb