Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

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venerdì 10 agosto 2018

Perché dovresti smettere : storia di JanCarol

Ecco un'altra storia di recupero. Questa volta non sarà la classica storia di malattia-diagnosi-apertura occhi-recovery ma ci concentreremo solo sulla parte del processo di dismissione dei farmaci. Infatti questo è un post che fa parte di un forum pubblico, molto frequentato, specializzato nello scalaggio e dismissione degli psicofarmaci, qui chiamati comunemente 'droghe'. 

Quello che risulta evidente fin dall'inizio è la necessità di avere una grande determinazione per farcela, supportata dall'esperienza di numerose altre persone che a loro volta ce l'hanno fatta. Come risulta altrettanto importante riuscire a svuotarsi la testa dei preconcetti inculcati dalla psichiatria, sul fatto di essere malati, cronici e con tutto quello che ne consegue. 

Anche in questa esperienza è interessante notare delle cose comuni alle altre esperienze di recupero, cose che se ignorate possono perfino decretare il fallimento con conseguente ritorno allo status di psichiatrizzati conformi e intossicati a vita. 

Abbiamo visto che dovremmo agire sia dal punto di vista biologico che dal punto di vista psicologico. Questo modo di fare indica che niente viene tralasciato o disatteso. E comunque, come si suol dire, nel dubbio meglio abbondare che deficere. Solo la psichiatria è così sicura del suo dogma biologico che non è capace di fornire altro che le sue soluzioni chimiche. 

Quindi riepilogando , vediamo quali sono gli aspetti prettamente biologici:

1- Alimentazione : 

Probabilmente la cosa più importante, in effetti ciò che mettiamo dentro dall'esterno è il carburante, la base chimica da cui si sviluppano tutte le molecole essenziali per un corretto funazionamento del corpo e del cervello. Inoltre, è stato dimostrato che i neurotrasmettitori si 'fabbricano' nell'apparato digerente. Strettamente collegato a questo aspetto vi è:

2 - Attenzione a derminate sostanze 

Questa è la trappola in cui cascano la maggioranze delle persone che intendono recuperare, e allo stesso tempo non possono rinunciare alle loro sostanze tanto care. E qui si va di solito a considerare le sostanze di abuso più comuni, tra le quali senz'altro ci sono le sostanze psicoattive, gli stupefacenti e l'alcool ma nache roba più 'innocente' come la caffeina e gli zuccheri, perfino glutine e latticini, poi ovviamente sono da includere tutti i farmaci da prescrizione. 

3 - Supplementi

In un corpo intossicato con un intestino che non funziona come dovrebbe, è molto probabile che non vi sia una corretta assimilazione dei nutrienti essenziali, intesi come vitamine e minerali. Quindi risulta spesso necessario integrare per sopperire a queste carenze. Jan Carol ha considerato di usare il magnesio e l'olio di pesce perché ha visto che ne trae giovamento e così sarà stato per molti altri che ha conosciuto, tuttavia questa è una ricerca personale e il fabbisogno di questi elementi dovrebbe essere individuale. La cosa interessante è che i micronutrienti non sono farmaci, e il loro uso e perfino sovradosaggio non produce danni. Pertanto è possibile sperimentare dei trattamenti con queste sostanze relativamente senza rischi. 

4 - Esercizio fisico, aria aperta e esposizione alla luce solare

Ultimo aspetto 'biologico' importante: esercizio fisico all'aria aperta, possibilmente nella natura in una zona non soggetta ad inquinamento dell'aria. L'esercizio moderato favorice l'ossigenzione e le endorfine benefiche purchè diventi una consuetudine. La quantità ottimale di esercizio può variare ma non meno di 20 minuti al giorno e 8 mila passi di camminata sarebbero un obbiettivo da mantenere. Infine l'esposizione alla luce solare, è importante anche per la produzione naturale della vitamina D. 

Passando ora agli aspetti psicologici: 

1 - Praticare una forma di meditazione

JanCarol ha scelto il Tai Chi e ha preferito non essere coinvolta in alcuna organizzazione di tipo religioso perchè ha avuto esperienze negative in passato. 

Anche se ciò mi trova completamente d'accordo non mi sento di sconsigliare ad alcuno di seguire anche con passione e senso di missione una qualsiasi forma di fede purchè sia compatibile con i valori etici universalmente riconosciuti. 

La mindfulness ad esempio è una forma di meditazione che nonostante provenga dal Buddismo non è considerata una religione. Così altre pratiche tendono a convergere tutte ad ottenere quel distacco necessario e sviluppare la nostra parte spirituale sopita. Occorre qui fare però attenzione perché per alcune 'patologie psichiatriche' un 'risveglio' spirituale può facilmente venire scambiato come un sintomo della malattia mentale che riemerge. 

2 - Rapporti umani 

Avere relazioni soddisfacenti non intendo solo a livello amoroso / sessuale anche se lo ritengo molto importante. Una misura contro l'isolamento che inevitabilmente si abbatte nelle persone psichiatrizzate (anche in tante altre che non lo sono). 

JanCarol ha conosciuto tante persone virtualmente nel suo forum e può darsi che dopo sia accaduto a lei come a me di arrivare a conoscere le persone anche fisicamente. Questa è una buona cosa ma anche le relazioni di amicizia sono impermanenti. Sta alla volontà individuale e alle possibilità logistiche riuiscire a mantenere vivi tali rapporti. Non sarebbe poi male che in caso di bisogno vi fosse una sorta di rete di protezione. 

3 - Desiderare di aiutare gli altri in situazioni simili

Un aspetto che non emerge direttamente dalla storia di JC ma che si può immaginare ad esempio da suo impegno nel trasmettere la sua esperienza agli altri e il sua partecipazione al forum. 
Con una diagnosi di questo tipo, e dai farmaci che questa donna prendeva, posso intuire che sia stata diagnosticata 'bipolare di tipo I' ovvero maniaco-depressa come me dunque soggetta a sbalzi di umore tali da passare dal delirio di onnipotenza alla depressione più nera. 
Una storia dove non manca un passato di abuso di sostanze, di eccessi e conseguenti incidenti di percorso anche importanti, tali da richiedere interventi chirurgici. 
Non è il mio caso , tuttavia ho conosciuto persone così e posso bene comprendere come siano diventati assidui difensori e strenui assuntori delle loro terapie farmacologiche. Benché siano anche loro stati convinti della necessità di assumere vita natural durante delle neurotossine, ne hanno combinate di così grosse che il solo pensiero di poter tornare maniacali e/o nella depressione terribile che segue è una cosa insopportabile , pertanto sono disposti a fare di tutto, anche sopportare il 'male minore' di intossicarsi inutilmente a vita. Dico inutilmente perché i farmaci non hanno di per sé il merito di 'tenera a bada' la bestia, anzi, sono proprio queste sostanze 'demoniache' a cronicizzare il problema. Ma tale è la convinzione dei bravi pazienti della necessità delle droghe psichiatriche che pensano bene anche a rigare dritto, ovvero smettere di desiderare emozioni forti, anche perché no, resi disinteressati al sale della vita dagli stessi farmaci che arrivano ad assumere così diligentemente. 

Quindi se un effetto 'terapeutico' ce l'hanno questo effetto dipende essenzialmente da una menomazione importante. Allo stesso modo in cui in passato si otteneva una docile remissione dei sintomi più importanti dopo avere praticato una bella leucotomia transorbitale, alias distruzione di pezzi di cervello con uno strumento che veniva introdotto nella cavità oculare.

Posso capire, dicevo, queste persone e la loro paura di tornare preda della terribile condizione di 'folli' ma a loro è stato detto che da soli non possono farcela, devono necessariamente rivolgersi agli 'esperti' e alle magiche pillole necessarissime , indispensabili, inoppugnabili, indiscutibili e tassativamente assunte a vita eterna amen.
Ma c'è una frase che la 'ragazza poster' scrive ad un certo punto: "Nessuno ti dice che puoi gestire il tuo stato d'animo. In effetti, nessuno ti dice che sei l' unica persona in grado di gestire il tuo stato d'animo!"
La mia storia così come questa storia e quella di tante altre persone con questo genere di problemi dimostra come sia possibile vincere la 'bestia' senza usare neurotossine a vita, senza bisogno di menomarsi emotivamente, fisicamente e intellettivamente. 


Il nocciolo della questione è decidere una volta per sempre di cambiare, di passare dello status di 'cattivo ragazzo' a 'bravo ragazzo'. Con 'cattivo ragazzo' non intendo semplicemente indicare una persona ribelle o non conforme o dedita all'abuso di droghe, ma essenzialmente una persona che non si comporta bene con sé stessa. Una persona viziata, viziosa a cui manca la capacità di auto regolarsi. Nonostante molti storceranno il naso, me compreso, temo che questa sia una caratteristica predominante in questo tipo di temperamenti, specialmente per quelle persone che non riescono ad uscire da questo giro di schiaffi. Parlo di quelli che arrivano alla diagnosi dopo anni e anni di cicli estremi, di montagne russe , di tutto di più senza soluzione di continuità. 

Probabilmente la ragazza di questa storia è stata una caso di questi. Tuttavia anche lei dopo anni di conformità e assoluta convinzione di essere gravemente malata dunque convinta e obbligata ad assumere neurotossine a vita ha cambiato idea. E' bastato informarsi meglio, una ricerca, un libro e qualcosa in lei è scattato dentro. Ma soprattutto ha visto gente che prima di lei ce l'ha fatta. 

Se penso alle persone che leggo nei vari gruppi di gente conforme su Facebook sono così inquadrati e cervello-lavati che se vedono una persona di questo tipo pensano come del resto pensano gli psichiatri che sono casi rari di diagnosi sbagliate o persone mai state malate o irriducibili malati infelici, problematici inconsapevoli di esserlo.

Sono talmente assuefatti al verbo psichiatrico che tendono a rimuovere ogni possibilità che possa esistere una via di uscita differente, fuori dalle grinfie della psichiatria. Tali individui suscitano in me sentimenti di estrema compassione mista a rabbia. Rabbia perché difficilmente potranno salvarsi dalla rovina. 





Storia di recupero di JanCarol


Inizierò con la parte di successo, prima di spiegare la storia.

Sono una classica storia di "Why You Should Taper" (perchè dovresti scalare ndt) per ragazze poster. Pensavo che non potevo uscire dalla droga psichiatrica, ero convinta di essere una "bipolare biologica" - ma usando la conservazione del 10% o meno del sistema di diminuzione di SA (forum Surviving Antidepressant ndt), Questa volta non ho avuto effetti da ritiro, ho potuto controllare i miei sintomi e lasciare spazio ai miei fattori di stress. Sono un esempio vivente del perché qualcuno dovrebbe dismettere e trattenere per poterne uscire. E non esiste una cosa troppo lenta.

Attribuisco il mio successo al cono di SA, e un certo numero di strategie di coping.

Ho avuto il supporto di uno psicologo, che era del tutto favorevole. Ho maltrattato il mio psichiatra per fare il cono "a modo mio" invece che a modo suo. In realtà mi aveva dato anche suggerimenti utili per i cambiamenti dello stile di vita. Ho avuto un agopunturista, un massaggiatore e in seguito ho aggiunto un medico ortomolecolare e un osteopata. L' ho detto a mio marito e a tutti i miei amici. Mi sono preparata per il mio cono.

Devo così tanto a coloro che hanno percorso questa strada davanti a me: AltoStrata, GiaK, Rhiannon, Petunia, BrassMonkey, MammaP, Bubble, Dalsaan, MeiMeiQuest, CymbaltaWithdrawal5600 e molti altri. E - per andare più lontano - Robert Whitaker per il suo eccellente libro, "Anatomy of an Epidemic", e Will Hall per la "Icarus Harm Reduction Guide to Coming off Psychiatric Drugs" per avermi mostrato che si poteva fare, e come. E per aiutarmi ad accettare che io possa essere diversa - ma questa diversità non è una condizione medica.

Mi sono incuriosita e ho letto tutto quello che potevo sul web; ho imparato molto. Ho imparato di più da SA e Beyondmeds.com. La maggior parte di ciò che ho scritto come moderatore non è originale - ma è qualcosa che ho imparato qui o nelle mie ricerche, che ho applicato alla mia vita e che ho trovato efficace.

Il mio psichiatra ha resistito al mio desiderio di diminuire, ma mi ha detto che mi avrebbe sostenuto se avessi messo alcune cose a posto. Abbiamo stabilito un contratto con il mio maritino, in modo che se fossi uscita dai binari, sarebbe stato in grado di ottenere un aiuto per me. Non mi assottigliava i farmaci se non mi impegnavo a fare passeggiate al sole per la terapia della luce e la stabilizzazione dell'umore. Mangio anche carne e pesce per la stabilizzazione dell'umore e la nutrizione del cervello. Ho iniziato una pratica di Tai Chi e ho trovato uno studio di yoga che mi supporta. I miei compagni di karate mi hanno sempre supportato, anche quando stavo troppo male per partecipare.
Nel frattempo, la mia psicologa andò a sentire una conferenza di Robert Whitaker e realizzò quanti dei casi che vedeva erano persone che soffrivano degli effetti degli psicofarmaci. Ha scritto lettere di progresso incandescenti al mio psichiatra, il quale non ha avuto altra scelta che dire "Ok, immagino che stia andando bene".

Insomma, ho impiegato un anno per eliminare una bassa dose di reboxetina (è il SNRI meno efficace al mondo, in realtà meno efficace del placebo) e altri 2,5 anni per togliere il litio. Poiché soffrivo di tossicità da litio (diabete insipido), ho alternato alcuni dei miei coni SNRI con il cono di litio. Ho diminuito del 10% al mese, o se durante il taglio a secco, dovevo diminuire del 15% (il mio cono maggiore), l'avrei tenuto un mese in più. Lo mantenevo un mese in più se avessi avuto problemi o fattori di stress: funerali, viaggi, malattie, cattive notizie, ecc. L'ho mantenuto 3 mesi dopo che lo SNRI era sparito prima di diminuire di nuovo il litio. 

Le mie candele erano relativamente prive di sintomi. La maggior parte dei miei sintomi derivavano dalla preoccupazione che io fossi davvero pazza - e c'erano stati dei picchi dell'umore finché non ho imparato a gestire il mio umore da sola. 

Questo è ciò che avrei dovuto sapere quando sono stata diagnosticata 20 anni fa. Nessuno ti dice che puoi gestire il tuo stato d'animo. In effetti, nessuno ti dice che sei l' unica persona in grado di gestire il tuo stato d'animo!

Ho ridotto notevolmente il glutine, in particolare il grano e il latte. Ho tagliato il caffè. Inizio la giornata con proteine (buone per le ghiandole surrenali) e finisco la giornata con i carboidrati. Faccio bagni di magnesio ogni volta che mi sento "croccante" e dopo ogni sessione di allenamento. Bevo frullati di cibi crudi 2 volte alla settimana. Prendo un certo numero di supplementi per gestire la mia salute senza farmaci. I più importanti: magnesio e olio di pesce. Per l'umore ed energia: NAC (N-Acetyl Cysteine) ndt. 

Non potevo ricominciare la meditazione, a causa degli abusi di setta nel mio passato, ma posso praticare il tai chi e lo yoga e amo la meditazione del respiro e della consapevolezza. Ho trovato un grande beneficio nella pratica sciamanica, perché non consiste nell'adorazione di alcuna divinità straniera o guru, e la mia esperienza interiore è la guida di ciò che sto imparando e di come sto crescendo.

Ho ripreso a fare pratiche creative, come la musica, il disegno, la pittura e la scrittura. Sono in corrispondenza con persone speciali qui su SA e in altri luoghi, così ho potuto imparare e crescere condividendo con gli altri. 

Sono stata ben supportata da tutte queste persone e queste pratiche e sento di avere una rete che mi proteggerà se mai dovessi di nuovo cadere.

A volte adesso mi manca una pratica. Potrei non far entrare tutto il sole, o potrei mangiare grano o latte. Ma ora sto abbastanza bene - sono abbastanza gagliarda - e ho abbastanza pratiche - sufficenti per cui se mancano uno o due blocchi Jenga non fanno cadere la torre (Jenga è un gioco da tavolo con blocchi di legno da sovrapporre ndt). Aiuta anche a non avere una torre troppo alta - la nostra società chiede troppo a noi, credo, a volte è inumana)

Quando torno, racconterò di più sulla mia storia: pazza, abusata, selvaggia, suicida, depressa, con inesorabile fatica, e di come ero convinta di essere "bipolare".

Ora, non ho diagnosi (conservo la classificazione medica in modo da poter rifiutare i farmaci - "No dottore, non puoi darmelo, sono bipolare!"), Il mio corpo è danneggiato da interventi chirurgici, abuso di sostanze, incidenti e dolore. Il mio principale effetto duraturo dei farmaci è la disfunzione metabolica e autonoma, ma anche questi sono aggravati dagli interventi chirurgici. Ho ancora un grave disturbo del sonno a ciclo ritardato (ma ce l'ho sempre avuto: è la mia caratteristica ), e un inesorabile acufene.

Ma la mia vita mentale ed emotiva è più sana di quanto non lo sia mai stata prima. Ho compassione per i miei simili umani in un modo che non avevo prima. Ho passione per quello che sto facendo e un senso di scopo nella vita. 

Sono spinta a creare, condividere, imparare, crescere. Adoro incontrare persone e ascoltarle e mi sento così incredibilmente fortunata. Sono più vecchia e più saggia che mai, e ho ancora molte cure da fare. Ma sono sveglia, viva e grata di esserlo. 

Fonte survivingantidepressant.org

domenica 3 giugno 2018

L' incubo iatrogeno degli antidepressivi


Kelly è una psichiatra nettamente fuori dalle righe , che ha capito il danno prodotto dalle cure farmacologiche protratte (alias neurotossine a vita). Ma la cosa peggiore, è che risulta dannatamente difficile smettere. Questo problema legato alla dismissione, è ignorato dalla maggioranza dei medici, i quali interpretano tali problematiche come ulteriori sintomi di pseudo malattie inventate. 
Qui parla in modo specifico di antidepressivi ma praticamente tutti gli psicofarmaci hanno tali problemi. Gli antidepressivi in particolare, formano un legame tossico talmente forte che la sua rottura risulta più difficile dell'interruzione delle peggiori e più coinvolgenti droghe di strada. 
Kelly spiega qui anche come si prende carico delle persone e le accompagna in un processo di auto-guarigione. Purtroppo non tutti quelli che lo desiderano potranno essere salvati ed uscire per sempre da questo incubo iatrogeno. 



Lettera al New York Times: molte persone che assumono antidepressivi scoprono di non poter smettere

di Kelly Brogan, MD, ABIHM
11 aprile 2018


Bruciori di stomaco, anomalie al battito cardiaco, perdita di capelli, mestruo mancato, psoriasi adiposa, bruciore delle dita, stitichezza, confusione, frequenti infezioni delle alte vie respiratorie e nove mesi di insonnia intrattabile.

No, non è questo il motivo per cui Rachel ha assunto Zoloft in primo luogo. No, questa non è una "ricaduta". È venuta da me alla fine della sua corda, aggrappata alla vita, in un punto di disperazione che non aveva mai immaginato possibile quando ha ricevuto quella prescrizione sei anni fa, dopo che una rottura l'aveva lasciata con il cuore spezzato. Ora a quattro mesi dall'ultima dose, Rachel potrebbe passare il resto dei suoi giorni a visitare specialisti e raccogliere nuove diagnosi inseguendo il filo inafferrabile che li lega tutti: ritiro da farmaci psichiatrici.

Sono stata addestrata a dire a pazienti come Rachel che questa è una prova che dovrebbero rimanere in terapia. Mi è stato insegnato a dirle che il farmaco era da tempo fuori dal suo sistema data la sua "emivita" e che questi sintomi non erano collegati al fatto che lei aveva smesso di prendere il suo Zoloft; e la sua angoscia sulle sue condizioni era una prova che avrebbe dovuto ricominciare a prenderlo.

Dieci anni fa, il recente articolo del New York Times intitolato " Molte persone che assumono antidepressivi scoprono che non possono smettere " mi avrebbe scioccato. Avrei liquidato il grave ritiro dai farmaci come un fatto raro se lo avessi riconosciuto.

Ma con dieci anni di esperienza sul campo sconosciuto dei conglomerati dei farmaci psichiatrici, oggi dico ai miei pazienti qualcosa di diverso. E ho accumulato prove scientifiche a supporto del mio messaggio sulla gravità della sospensione.

Nella prima revisione sistematizzata del ritiro di SSRI , Fava et al. hanno esaminato 23 studi e 38 casi clinici che li hanno portati a concludere che il termine eufemistico "sindrome da interruzione" deve essere abbandonato al posto di una descrizione più accurata delle qualità formanti abitudini degli antidepressivi - sindrome di astinenza. Sì, proprio come dallo Xanax, dal Valium, dall'alcool e dell'eroina.

In relazione a ciò, Chouinard & Chouinard scrive: "I pazienti possono sperimentare nuovi classici sintomi da astinenza, rimbalzo e / o persistenti disturbi post-astinenza, o recidiva / ricorrenza della malattia originale. I sintomi nuovi e di rimbalzo possono manifestarsi fino a 6 settimane dopo l'interruzione del farmaco, a seconda dell'emivita di eliminazione del farmaco, mentre i persistenti disturbi post-prelievo o tardivi associati a cambiamenti del recettore di lunga durata possono persistere per più di 6 settimane dopo l'interruzione del farmaco. ”

Forniscono anche una comoda tabella degli orrori che possono capitare a pazienti ignari che vanno da quelli che dimenticano un dosaggio a quelli che si assottigliano con cura.

Come potrebbe accadere? I farmaci non creano dipendenza! Sono terapeutici. In una svolta interessante nella storia dell'allopatia, sta emergendo una verità scomoda: abbiamo una nazione invasa da spacciatori di droga. Solo che i trafficanti di droga più letali e invalidanti di oggi hanno gradi avanzati e l'acume biochimico di Walter White. Oggi i testi urbani sono pieni di storie di farmaci trafficati, gli artisti stanno imperversando contro i loro prescrittori e l'epidemia di oppioidi sta interessando tutti, dagli amministratori delegati alle nonne.

Certo, lo Xanax e l'oxycontin creano dipendenza, ma il Prozac?

Ho affermato ancora una volta, che i farmaci psichiatrici, e in particolare gli antidepressivi, sono le sostanze chimiche più formanti abitudini sul pianeta. Ho visto pazienti che sono stati disattivati ​​da un cono di Celexa che progredisce a 0,001 mg al mese - vi sfido a trovarmi casi paragonabili di cocaina, crack, eroina, alcol o altre droghe che richiedono questo livello di cura e cautela per venire semplicemente fuori da loro.

Per avvicinare le nostre menti verso questa possibilità, dobbiamo prima disilluderci dell'assunto che gli antidepressivi "fissino" qualcosa di biochimico. Non stanno correggendo uno squilibrio , un difetto genetico o "guariscono" il cervello.

Come ha affermato la dottoressa Joanna Moncrieff, gli antidepressivi creano squilibri. Da una parte il corpo si adatta alla neurotossina e dall'altra recluta specificamente il sistema di risposta allo stress. Questa è una possibile spiegazione di come e perché il ritiro da questi farmaci scatena campane d'allarme che rivelano ogni anello indebolito nella vostra fisiologia.

Andrews e altri hanno descritto la propensione di questi farmaci a indurre la sindrome da ritiro, un fenomeno che non si riferisce alla storia clinica del paziente, ma al profilo chimico del farmaco.

Sfortunatamente, sappiamo anche che possono passare più di 17 anni per la ricerca scientifica di base che sfida la pratica del consenso, prima di  passare nelle mani del medico medio.

Quindi, ora che lo sappiamo, perché qualcuno dovrebbe prendere in considerazione lo scalaggio? Perché non continuare a prendere il farmaco e basta?

Perché i farmaci non sono una soluzione a lungo termine. Per alcuni, non è affatto una soluzione, come dimostrato dall'efficacia pari a un placebo e una lista estrema di effetti non intenzionali che vanno dall'emorragia gastrointestinale all'omicidio impulsivo.

Tutti i dati di carattere naturalistico a lungo termine avvertono che coloro che sono trattati con farmaci psichiatrici da più di due mesi funzionano in modo più scadente di quelli che non sono mai stati trattati. In effetti, sono stati i dati a lungo termine recensiti nel libro di Robert Whitaker, Anatomy of an Epidemic, che mi ha fatto posare per sempre il mio ricettario.

Da quel momento, ho supportato le transizioni dei pazienti verso una vita libera dai farmaci e ho avuto esiti, compresi quelli pubblicati nella letteratura peer-reviewed che sfidano le presunzioni dogmatiche sulla malattia mentale come una condizione medica cronica.

Questi individui escono dai farmaci e prendono vita in un modo nuovo.

Come?

Hanno il coraggio di chiedere perché. 
Perché erano sintomatici prima di prenderli? 
Cosa c'era davvero sotto la loro diagnosi, a volte fatta dopo una visita di dieci minuti con un centro di salute del college? 
Ci muoviamo attraverso un processo di auto-guarigione e recupero personale che elimina gli squilibri.

Per prima cosa curiamo il corpo fisico e affrontiamo l'infiammazione intestinale , una  concausa riconosciuta di patologie psichiatriche. Attraverso un protocollo di cambiamento dello stile di vita di un mese , affrontiamo molti driver reversibili di sintomi che vanno dagli attacchi di panico alla fatica alle compulsioni ossessive. Questi driver includono lo squilibrio di zuccheri nel sangue , l'autoimmunità basata sugli alimenti , le carenze nutrizionali e gli effetti di farmaci, inclusi farmaci comuni come antibiotici e pillole anticoncezionali .

Quindi prendiamo un inventario emozionale delle relazioni e degli elementi della vita di una persona che semplicemente non funzionano più. Con l'energia rinnovata ora recuperata dal rumore bianco degli squilibri fisici, questi pazienti sono pronti a iniziare a parlare di ciò che forse non si sono mai sentiti in grado di affrontare nella loro vita prima: un matrimonio tossico , un lavoro opprimente, una mancanza di comunità.

Invariabilmente, c'è un'emergenza degli elementi spirituali più profondi della guarigione che incontrano questi ricercatori senza farmaci. Iniziano a esplorare le grandi domande: perché sono qui? Come posso restituire? E il motivo più profondo del loro comportamento condizionato e modellato - le loro esperienze e traumi infantili .

Attraverso questo processo, diventano integri. E capiscono che, come dice Rumi, la ferita è il luogo in cui la Luce entra e che dobbiamo fare spazio alla tristezza, al dolore e al dolore , per espandere la nostra capacità di gioia e soddisfazione.

Mentre questi sopravvissuti escono dal canale del parto della loro esperienza di ritiro, il sentimento più comune che mi viene riferito è: finalmente mi sento come me stesso . Chi poteva sapere  che questo era tutto ciò che avremmo mai voluto.

venerdì 19 agosto 2016

Uscire da 14 anni di psicofarmaci

Una chiara dimostrazione di come oggi sia difficile uscire dalla trappola farmacologica della psichiatria organicista, ma non impossibile. Questa donna è riuscita nel suo intento, dopo ben 14 anni di 'droghe' psichiatriche, nonostante la grande opposizione di amici, medici di famiglia e non , e tutta la letteratura del caso. 
Come ho avuto occasione di scrivere in precedenza, la prima cosa essenziale da fare, forse la cosa più difficile è demolire alla radice la convinzione di essere in qualche modo 'difettosi' di avere una malattia cronica e che necesssitiamo delle loro 'cure' vita natural durante amen. 
Per fare questo grande lavoro su sé stessi, meglio se si viene aiutati come ha avuto la fortuna di essere aiutata la nostra protagonista e meglio ancora se si riesce a trovare un medico competente esperto nella dismissione che ci possa guidare.  
Un altro punto molto difficile è  convincere la famiglia, i nostri cari, una volta che siamo convinti noi per primi. Questo potrà essere anche impossibile perché i nostri familiari sono i primi a vedere gli effetti devastanti di una dismissione scorretta, per cui tenderanno ad assecondare il dogma psichiatrico di una misteriosa malattia che ritorna con forza ogni volta si tenti di mollare le nostre 'medicine' da prendere diligentemente.  
In tal caso purtroppo occorre per forza di cose fare tutto a loro insaputa e vuotare il sacco solo dopo che è trascorso un ragionevole lasso di tempo nel quale si sta bene, asintomatici. Un periodo di tempo che può essere anche di anni, come nel mio caso. 
L'esperienza di Naas ci insegna anche un altra cosa importante: che i farmaci  impediscono di trovare o sperimentare delle risorse efficaci per 'guarire', in altre parole tolgono la voglia di prendersi cura di sè. Questo l'ho notato nelle persone che ho seguito negli anni e lo sto notando sempre indistintamente nelle persone che vedo, anche le più vicine a me. Anche questa indifferenza e svogliatezza viene però attribuita sempre alla presunta malattia mentale, mai agli effetti di queste droghe sintetiche. Naas ad un certo punto dice:
" Per me, era troppo difficile prendermi cura del mio corpo mentre gli psicofarmaci  avevano preso il sopravvento"
e ancora:
"Non posso dire che adesso la mia vita sia facile. Ma io sono molto più felice, perché riesco finalmente a sentire, sento i miei sentimenti.."
Quando la mente è annebbiata dalle droghe di sintesi, si perde la capacità di 'sentire' di provare emozioni nel bene o nel male. Tutto è attutito e ovattato, così come nel limbo emozionale del litio che ho personalmente sperimentato. Anche se può essere doloroso, per me è mille, diecimila volte meglio 'sentire' la vita da esseri umani, non da zombie lobotomizzati su cui scivola tutto addosso. 
Auspico che sempre più persone intrappolate dentro un diabolico sistema cosi ben congeniato dei cosiddetti trattamenti psichiatrici riescano ad uscirne fuori e a loro volta dimostrare al mondo che possiamo farcela a vivere fuori dalle molecole tossiche della biopsichiatria



Smettere gli psicofarmaci dopo 14 anni

Di Naas Siddiqui, 10 Agosto 2016


Questa settimana ho festeggiato sei mesi fuori dagli psicofarmaci. Nel corso di quattordici anni, ho assunto Prozac, litio, Lamictal, Zyprexa, Paxil, Zoloft, Ativan, Seroquel, Depakote, Wellbutrin, Klonopin, Geodon, Abilify, e probabilmente altri.

Mi fu prescritto il Prozac dal mio medico di famiglia quando avevo 18 anni. E 'stato il mio primo anno a Yale durante le finali; ero paralizzata dall' ansia e non riuscivo a studiare. Il prozac mi ha liberato dall'ansia e quel semestre ho finito con un A e un B. Ero abbastanza schiacciata su questo B, perché come  ragazza americana di prima generazione del Bangladesh  con  padre immigrato che era professore di college artistico per élite, proveniente da una cultura in cui l'istruzione superiore formale, è molto apprezzata e significa anche libertà, perseguire l'istruzione superiore e fare bene a scuola era quello che mi interessava di più nella mia vita. I miei genitori avevano lasciato il Bangladesh e si stabilirono negli Stati Uniti per una vita migliore per i loro figli - quando avevano intorno ai 18 anni, la loro educazione venne interrotta dal genocidio.

Il prozac chiaramente ha cambiato la mia personalità, ma non mi dispiaceva. Lo amavo. Sono sempre stata molto timida, e con la fiducia ritrovata e la perdita di inibizioni ho imparato a brillare in un modo che non avrei mai potuto prima,  era migliorato anche il mio modo di attirare l'attenzione e sviluppare una grande personalità. Ma insieme alle scintille ci sono stati invisibili, effetti inattesi. Il mio ricordo di questo periodo di tempo è sfocato, ma durante il secondo anno penso che abbia provato a venirne fuori perché mio padre non pensava che fosse saggio per me prendere quel farmaco per sempre. Ho poi provato i più profondi sentimenti di intorpidimento, depressione nuvole in testa che avessi mai sentito in vita mia, tra cui pensieri suicidi che mi sovrastavano con la loro natura persistente e invadente.

Ora credo fermamente che questa fu una risposta alla sospensione del farmaco. Il ritiro del prozac, aggravato dalla mia confusione di identità esistenziale di una 19-enne, più una rottura con il mio primo "boyfriend" (un flirt estivo con un altro studente).

Come ho scritto in un blog precedente, sono stata poi ricoverata in ospedale più volte e costretta a ritirarmi da Yale (ho dovuto reiscrivermi cinque volte per ottenere la mia laurea). Sono stata pesantemente drogata nonostante le mie suppliche disperate che i farmaci mi facevano stare peggio. Mi sentivo morta dentro, ma il litio mi venne pubblicizzato come l'unica cosa che poteva 'curarmi', così ho imparato a rassegnarmi.

E poi ho raggiunto il punto in cui sapevo che non potevo più vivere in quel modo senza perdere me stessa. Così ho provato a scalare i farmaci senza supporto clinico, ma le cose sono peggiorate. Ho iniziato a sentire voci. Sono entrata in stati alterati di coscienza e vissuto su un piano di insonnia, follia e divinità, con sentimenti di coscienza cosmica e incubi che non avevo mai sperimentato in vita mia.

Durante questi periodi cercando di dismettere gli psicofarmaci, ho  dovuto prendere congedo medico due volte da  posti di lavoro nella salute mentale in cui avevo ricoperto posizioni di leadership. Ho cercato supporto clinico, da psichiatri del sistema di salute mentale della comunità e da psichiatri che lavorano presso le università prestigiose. Tutti hanno rifiutato di darmi supporto clinico. Al contrario, mi hanno dato più pillole, o hanno cercato di scoraggiarmi, o assecondarmi di malavoglia, ma non avevano idea di quello che stavano facendo e non sembrava veramente una 'cura'.

Ho sofferto per cercare di dismettere i farmaci psichiatrici da sola - ho lavorato sugli i stati di veglia-incubo, attraverso mal di testa e sintomi simil-influenzali. Nel 2012, ho trovato un terapeuta che ha creduto in me. Mi ha aiutato a  deprogrammarmi dai messaggi della psichiatria che mi avevano convinta di avere una malattia cronica e che avevo  bisogno di farmaci per sopravvivere. Ho anche trovato un sorprendente allenatore di consapevolezza che mi ha aiutato. Ho sviluppato una forte rete di amici e supporto professionale. Ma ancora non riuscivo a trovare uno psichiatra che mi aiutasse a staccarmi da queste sostanze.

Quando ho riprovato a dismetterli nel 2012, ho di nuovo avuto l' insonnia, le visioni da incubo e gli stati alterati di realtà, ma questa volta avevo più strumenti, ulteriori informazioni, supporto, ed un assunto importante:  sapevo di non essere malata . Ho sperimentato il mondo in modo diverso dalla 'norma' ed ho iniziato a pensare sempre di più alla psicosi  chimica da ritiro, un concetto che ho scoperto nel libro di Robert Whitaker 'Anatomia di un'epidemia' .

Nell'autunno del 2012 sono andata a un Master di Counseling, un programma di Psicologia presso il CIIS, e nel 2013, ho finalmente trovato uno psichiatra integrativo a San Francisco, che mi ha aiutato a smettere gli psicofarmaci in due anni. Lei mi ha ascoltata. Era titubante sul  processo di dismissione, ma mi ha sempre detto: ", Naas, confido nel tuo intuito e non mi preoccupo per te."

Anche se ci sono stati momenti buoni, in realtà lei si preoccupava per me, mi ha trattato con la massima compassione e rispetto. Mi ha offerto il suo punto di vista clinico, e abbiamo capito insieme quale poteva essere il ritmo giusto di scalaggio, medicalmente sicuro. Ho capito come elaborare i sentimenti, le intuizioni, i cambiamenti di personalità e i ricordi dimenticati della mia vita (avevo perso gran parte della mia memoria a lungo termine). Con la sua formazione Junghiana,  mi ha aiutato a capire i periodi di coscienza alterata con maggiore profondità e un apprezzamento per il loro significato rispetto alla mia vita personale e  i miei processi vitali più ampi. Ho anche trovato un terapeuta che mi ha aiutata a dare un senso alle cose, non solo nella mia vita di tutti i giorni, ma nel contesto del miei periodi veglia-sogno da incubo e la mia fantasia di sognare ad occhi aperti la vita.

Non è stato un processo facile. Nel 2014, mentre era alla scuola di specializzazione, ho gestito un processo di ritiro con il mio psichiatra, ma non sono potuta arrivare fino in fondo. E 'stato troppo intenso. Ho provato di nuovo nell'inverno del 2015. Pendevo 900 mg di litio e 3 mg di Abilify. Nel febbraio del 2016, ero completamente fuori da tutto.

I miei genitori non credevano che avrei potuto venirne fuori, anche se mio padre ci sperava, credo che la mia mamma avesse troppa paura, in quanto era stata testimone più di lui dei miei periodi di stati alterati. Anche se ho perso il collegamento  con loro in molti modi, i miei genitori sono stati sempre spiritualmente e finanziariamente solidali. Molti dei miei amici non credevano potessi venirne fuori, perché avevano visto la mia lotta  durante i precedenti  tentativi, e avevano anche dovuto sopportare il peso dei miei cambiamenti di personalità, intensità e il caos. Ma il mio compagno da tre anni sapeva che potevo venirne fuori, e io sono sempre in debito con lui per avermi assecondato.

Non posso dire che adesso la mia vita è facile. Ma io sono molto più felice, perché riesco a sentire, sento i miei sentimenti, mi sento in contatto con la mia profonda creatività spirituale. Sento il mio corpo, e ritorno a me stessa mentre assumo una nuova identità, con tutte le mie esperienze.

Sono ancora inondata dai ricordi,  gloriosi, commoventi, amari, intensamente tristi, e talvolta traumatici. Ho un sacco di lavoro dentale che ha bisogno di essere fatto ora - Credo che alcuni farmaci psichiatrici facciano marcire i denti come fa anche il meth (metanfetamina, una droga di strada in cristalli ndt). Ho trascurato la mia salute del corpo per un lungo periodo di tempo, perché avevo smesso di curarmi. Per me, era troppo difficile prendermi cura del mio corpo mentre gli psicofarmaci  avevano preso il sopravvento. Ho guadagnato peso per 60 libbre (circa 27 kg ndt) grazie agli psicofarmaci, sviluppato l'acne mentre prima avevo la pelle molto chiara, e ho perso un sacco di capelli. Ho cercato di mantenere una dieta sana a regime, ma era una lotta troppo grande. Io so che non è impossibile, ma per me era troppo difficile. Avevo smesso di guardare la mia faccia nello specchio per un lungo, lungo tempo.

La maggioranza dei miei amici ex pazienti psichiatrici credeva che sarei riuscita a smettere. Ma allo stesso tempo c'erano così tanti messaggi - dai medici, dalla società e anche da coetanei - che dicevano che non avrei potuto farcela. Ho dovuto respingere tutto questo.

Non credo di avere mai avuto il disturbo bipolare. Credo che sia stata la psichiatria a darmelo. Sono in fase di  recupero da essere costretta a drogarmi di psicofarmaci, ritiro chimico e abusi psichiatrici. La vita è ancora difficile a volte. Riconosco alcuni aspetti di me che la rendono difficile - sono lunatica e ho un cuore generoso, in modo da restare veramente sconvolta dalla durezza e violenza nel mondo. E osservo un sacco , quindi sono testimone di  un sacco di durezza e violenza nel mondo.

Come sostenitrice della salute mentale,  accademica, e terapeuta (io non ho ancora la patente, ma ho completato la mia formazione a livello di laurea e un anno come terapeuta studente nel praticantato), ho un sacco di speranza per le persone che vogliono smettere di prendere psicofarmaci. Non tutti trovano uno psichiatra di supporto per aiutarli a venire fuori. Io ci sono riuscita. Ho avuto anche le risorse finanziarie per vedere uno psichiatra privato. Non è impossibile. Ma anche difficile. Spero che l'aiuto medico clinico possa diventare più disponibile e accessibile a tutti coloro che vogliono ridurre o abbandonare completamente i loro psicofarmaci.

Ho speranze per il campo della psichiatria. Spero che vorranno riscattarsi, e riscattare i suoi praticanti, perché hanno l'abilità clinica e l'opportunità di imparare di più e crescere. A molti di loro, credo che gli è stata appena insegnata cattiva scienza, influenzata e infiltrata da Big Pharma. Il mio psichiatra si era tradizionalmente formato presso grandi università di ricerca, ma ha cercato di formarsi ancora in modo che la sua pratica è diventata veramente integrativa. Sono colleghi di altri psichiatri, Psicologi e infermieri psichiatrici che hanno portato la medicina alternativa, la nutrizione, la consapevolezza, e altre modalità olistiche nel loro lavoro clinico. Gli psichiatri hanno ricevuto molti anni di formazione, ma purtroppo,  come un sopravvissuta psichiatrica è mia convinzione che molti concetti che hanno imparato a scuola medica devono essere ignorati.

Fonte: madinamerica.com

domenica 13 marzo 2016

Omaggio a Catherine

Chi sono i veri eroi del nostro tempo? 
Penso che siano le persone comuni che dietro le quinte, senza esporsi e senza strombazzamenti si adoperano senza sosta per il bene degli altri. Quella di Catherine è stata la sua missione negli ultimi 25 anni di vita: salvare più persone possibili dalle grinfie della psichiatria. Io in confronto a lei sono soltanto un piccolo uomo troppo preso dai propri problemi personali, dalla crisi del lavoro, dai clienti che scarseggiano e dai balzelli troppo esosi che il governo italiano ci richiede. 

Dicevo di Catherine, purtroppo questa grande donna ci ha lasciato troppo presto. Giungo adesso a leggere della sua scomparsa appena dopo avere raggiunto e superato la sessantina. Ricordo una persona degna di grande rispetto affermare : "Dopo i 60, gli anni sono tutti omaggio!" anche per me è così. Io ho sempre creduto che quella cifra fosse il mio limite massimo e adesso che ci sono molto vicino mi accorgo che la vita è volata con la triste sensazione di non aver combinato nulla di buono, insomma di veramente degno. Mi accorgo adesso di non avere onorato i miei sogni.

Catherine ha fondato uno dei gruppi più importanti per la dismissione degli psicofarmaci. E' a lei che ho 'rubato' il suo metodo con il quale ho scritto il mio articolo apposito sulla dismissione da psicofarmaci tempo fa. Centinaia di persone in 25 anni di attività sono state da lei 'istruite' e seguite passo passo nella loro scelta di togliersi per sempre di torno questi veleni e salvate da una sicura vita di sofferenza e di malattia iatrogena. 
Catherine,era diventata una vera esperta nel campo, sopravvissuta lei stessa, faceva questo lavoro per professione e con un discreto successo. Tuttavia nel suo gruppo aveva messo a disposizione  tutte le sue risorse liberamente accessibili ai membri. Nel tempo, come succede di solito, il gruppo ha perso la sua vitalità e gli interventi si sono ridotti di molto, forse perché altre risorse si sono aggiunte in rete, penso ad esempio a Facebook, diventato il passatempo principale di molte persone. 
Voglio ricordare Catherine riportando un suo intervento del 2011 dove si evince quale fosse il suo pensiero e al sua opera, ma prima una citazione: 

"Tutti hanno uno scopo nella vita.... un dono unico o un talento speciale da dare agli altri. E quando usiamo questo talento unico per aiutare gli altri, giungiamo all' estasi e all' esultanza del nostro spirito, che e l' obiettivo per eccellenza di tutti gli obiettivi."


Quello che segue è un commento di Catherine su un blog di un medico  critico verso la psichiatria.


Catherine Creel: 2011


"Ho passato gli ultimi 20 anni ad assistere le persone che la  psichiatria ha posto su questi farmaci. Questi medici in lungo e in largo non credono alle persone quando parlano di come i farmaci li fanno sentire. Peggio ancora, la maggior parte sono ignorati o accusati di simulazione di malattia. O quando hanno cercato di interromperli utilizzando il programma ambizioso del medico che ha giurato che fosse efficace  perché lo ha detto l'azienda produttrice,  arrivano a stare così male da riuscire a malapena a funzionare. Per molti, un ritiro rapido e brusco è stato l'inizio della strada per la disabilità.

I primi dieci anni ho cercato di parlare con i medici sulla vera natura di questi farmaci. Posso letteralmente contare su una sola mano il numero di quelli che hanno controllato ulteriormente, che hanno chiamato le aziende farmaceutiche e fatto domande specifiche sulla sindrome di astinenza solo per sentirsi dire che non ci sono mai stati rapporti che indicano che loro farmaci possono causare questo (mi chiedo se questi medici hanno mai sentito parlare di come le aziende farmaceutiche non hanno bisogno di documentare il feedback che ricevono e se  "credono" che il loro farmaco non sia responsabile). Ma sto divagando.

Ecco il mio punto - la tua voce conta. La voce di ognuno conta. Non pensare per un attimo che la tua voce  non sarebbe stata di alcun aiuto in tutti questi anni passati. Ma la strada alla risoluzione di questo problema è ancora da venire.
Ma si può ancora aiutare. Le possibilità sono infinite. Diventa un leader di pensiero per gli altri che si perdono nel 'deserto'. Utilizza il tuo blog per fare sentire la tua voce. Scrivi ai colleghi, incontrati con loro, fornisci informazioni a quei politici che hanno lavorato per anni per esporre la vera natura dell'industria farmaceutica.
Ma per favore, smetti di cercare di convincerci che la tua voce e le azioni sono state prive di significato. Questo è esattamente ciò che è mancato - il numero di medici che ha rifiutato di comprare le bugie. Se lo si fa per nessun altro motivo, ti prego almeno di farlo per tutte le persone che hanno sofferto (e sono morti) a causa di questi farmaci.

A chi sostiene che a volte i farmci sono indispensabili:
Ci sono alternative ai farmaci per le persone. Ho lavorato con la gente in questo modo per oltre 20 anni. La maggior parte non avrebbe potuto immaginarsi in precedenza di  sopravvivere senza psicofarmaci. Ma lo hanno fatto e continuano a farlo. Per una migliore comprensione circa la mancanza di efficacia di questi farmaci vi consiglio di leggere 'Il mito della cura chimica' di Joanna Moncrieff."


Grazie Catherine, buon riposo.

venerdì 24 ottobre 2014

Lettera ad un paziente

Premetto che sia chiaro ancora una volta che non sono tassativamente contro l'uso di sostanze chimiche per stare bene, per evitare sofferenze inutili quando tutte le altre strade sono state provate. Chi riesce a trasformare una situazione dolorosa che si protrae da anni grazie ai farmaci e soprattutto a continuare a beneficiarne per lungo tempo ha tutta la mia ammirazione. Non sarebbe  questo un problema se davvero funzionasse così per tutti.
Come ho avuto occasione di dire altre volte, l'esperienza vissuta di altri è di grande importanza per aumentare la nostra consapevolezza.
 Certo che, come esistono esperienze  negative con la psichiatria, esistono anche esperienze positive, ma tuttavia queste ultime a ben vedere sono una minima parte rispetto alla marea di persone che vengono alla fine dei conti, danneggiate dal trattamento psichiatrico. Una famosa attivista americana soleva dire:
 "Certo, esistono anche esperienze positive con la psichiatria biologica, esistono alcuni aghi nei pagliai, ma questo non significa che i pagliai sono il posto migliore per custodire gli aghi".

Meaghan ha attraversato l'inferno del trattamento senza fine della biopsichiatria e i suoi tipici cocktails di molecole tossiche. Riesce ad essere convincente con parole semplici per consigliare a questo paziente di scegliere la libertà rispetto alla schiavitù farmacologica.   
Lontana mille miglia da idealismi o autocelebrazione, racconta in modo schietto le cose come stanno, con sincerità ed onestà  senza giri di parole,  quanto sia ancora difficile continuare a sopravvivere dopo una simile esperienza. 
Dedicata a tutti quelli che si accingono o stanno facendo il grande passo coraggioso di liberarsi dalla biopsichiatria. 

Lettera ad un paziente
   
di Meaghan Buisson
20 ott 2014

Gentile paziente,
Tutto quello che so di te è che:

a) Sei una donna
b) Sei una paziente del dottor C.
c) Stai assumendo antidepressivi
d) Stai pensando di smettere i farmaci

Tutto quello che sai su di me, è tutto ciò che ho scelto di dirti.

Cominciamo con una confessione: dopo aver detto che sarei stata felice di scriverti, ho prontamente evitato di farlo per quasi due mesi. Continuavo a rimandare perché mi sentivo come se aspettassi di essere in uno stato di perfezione, prima  di condividere le mie esperienze. Volevo il conforto egoista di essere totalmente sana e senza problemi. Ero preoccupata che ci si aspetti che io sia quella che ha dismesso i suoi antidepressivi e ora la sua vita è perfetta!

Quel genere di cose insomma.

Il problema è, che non è questo che io sono. Inoltre, mi sono resa conto, se sei anche solo lontanamente come me, l'ultima cosa che probabilmente desideri leggere è una tesi di qualcuno che si vanta di come la sua vita è meravigliosa e quanto tutto sta andando ala grande. Francamente, se questo era il caso, non sarei andata nell'ufficio del Dottor C. (uno psicologo ndt)

E nemmeno tu.

Quindi cerchiamo di essere onesti; la mia vita è tutt'altro che perfetta. Sto scrivendo questa lettera di  Sabato mattina, indossando un cast fino al ginocchio e con la consapevolezza inquietante che il periodo più lungo che ho passato negli ultimi diciassette anni di vita senza autolesionismo o  problemi alimentari si conta in giorni, o occasionalmente, settimane. Sto scrivendo chiedendomi cosa diavolo dovrei dire a te, e quanto hai veramente bisogno di sapere di me. Sto cercando di capire un modo per spiegarti che ho vissuto attraverso l'inferno, alla perpetua ricerca della salute, dell'equilibrio e della guarigione. Ora vado in ufficio del Dott. C. regolarmente scuotendomi con terrore incontrollabile, solo per ricomporre me stessa al termine di ogni sessione, così posso attraversare un altro tratto del mio percorso cercando di adattarmi e facendo finta che tutto vada bene.

Ci sono giorni in cui la depressione si avvolge intorno a me come una coperta. Faccio fatica a mantenere un lavoro regolare, ingaggio una battaglia costante contro i miei Gremlins interiori che mi sussurrano brutti pensieri autodistruttivi, e mi preoccupo ogni giorno di far sbarcare il lunario. A volte mi ritrovo a piangere senza motivo apparente per la strada, in metropolitana, a scuola, nel negozio di alimentari, e in qualsiasi altro luogo inappropriato. Non ho tutte le risposte per la tua vita, non più di quelle che posso dire di avere per la mia.

Ma quando guardo indietro ai miei anni passati e la vita che conduco, al di là dei ricordi di traumi, abusi e tristezza che sento ancora, arriva una gratitudine innegabile. Sono una sopravvissuta. Sono sveglia, creativa, passionale, forte. Ho imparato a piangere per il mio passato, ridere per il mio presente, sperare per il mio futuro. Ho imparato a stare in piedi per quello che penso sia giusto, a lottare, a credere in me stessa abbastanza per trasformare i miei sogni in realtà, ad  assumermi i rischi necessari per farlo, e soprattutto, apprezzare e beneficiare delle lezioni lungo il percorso.
Ho scoperto che è meglio, anche se è ancora una sfida, concentrarsi sul prendere le cose un passo alla volta e non dimenticarsi di respirare.

Attraverso gli anni trascorsi nel sistema medico, ho imparato che la depressione (o qualunque variante ed etichetta provvisoria venga data) non scomparirà con le pillole. Non è qualcosa che posso volontariamente tenere a distanza  e dire 'mai più dolore' ad ogni incontro. Anche se io detesto gli inevitabili alti e bassi del recupero, sto iniziando a riconoscere che  sono semplicemente un dato di fatto e sono stati compiuti dei progressi. Vivendo senza farmaci, ho imparato che anche i giorni peggiori finiranno, posso ancora sperare sul sole, dove mi sembra vi siano solo nuvole, e che in ogni momento c'è la possibilità di andare ancora avanti di un altro piccolo passo.
Ogni nuovo giorno è un'altra possibilità per cambiare le cose.

Ma la cosa migliore è che io sono più viva. E io mi sento viva perché sono fuori dai farmaci. Ecco da dove inizieremo.

Ho trascorso sette anni di cure psichiatriche. Da quando avevo diciotto anni fino a quando ne avevo 24, sono stata drogata ed etichettata con varie psicosi, disturbi dell'umore e stati depressivi. Il giorno in cui ho smesso di prendere le pillole, assumevo tre tipi di antidepressivi (Paxil, Effexor, Zoloft), e un cocktail di altri farmaci psichiatrici: Lamotrigina, Risperidone, Valproato e Ativan. In precedenza, avevo anche preso Prozac, Wellbutrin e litio.

Quando smisi di prendere i farmaci, non c'era una sola persona nel mio mondo che avrebbe sostenuto questa decisione. Lo psichiatra e il mio medico di famiglia mi dissero di punto in bianco che mollare tutto di colpo mi avrebbe ucciso. "Preferisco essere morta", risposi, "che spendere anche un solo giorno in più a vivere così." Allora entrambi si zittirono  e io gettai le mie medicine nel gabinetto. (sconsigliatissimo! ndt)

Col senno di poi, non avrei mai consigliato a chiunque di smettere bruscamente come ho fatto io. Il terrificante rimbalzo che ho passato avrebbe potuto essere facilmente evitato se fossi stata disposta a fare una riduzione graduale e più sicura o, francamente, se avessi avuto un medico di supporto  per seguire una cosa del genere. Dato che però non era il caso, l'ho dovuto fare per conto mio, l'unico modo che conoscevo. Indipendentemente da ciò, mentre vorrei ora farlo in modo diverso (cioè lentamente e idealmente con il supporto di un medico compiacente), la mia scelta sarebbe stata la stessa. Smettere di prendere i farmaci psichiatrici è stata la migliore decisione che abbia mai preso in vita mia.

Adesso ho appena superato i 30 anni. Anche se devo ancora lottare con le conseguenze iatrogene del mio passato tossico, non un giorno è passato da quando non ho reso  grazie per essermi tolta di dosso gli psicofarmaci. Anche i miei  giorni peggiori di adesso sono ancora meglio dei miei giorni migliori  di prima. Quando mi guardo indietro, l'unico modo in cui posso descrivere quello che era per me prendere psicofarmaci, era come vivere in un guscio vuoto, semplicemente lasciarsi trascinare dai movimenti della vita. Mi spaventa ancora pensare a come mi avevano cambiato molto i farmaci e al fatto che ho dovuto dismetterli al fine di apprezzare questo: con quelli non avrei potuto rendermi conto di come sarei diventata; attenuata e priva di speranza. Allo stesso modo, durante l'assunzione di antidepressivi, non ho avuto la possibilità di recuperare, i farmaci mi tenevano rinchiusa nella prigione della mia mente; incapace di pensare, sono stata sepolta dalla depressione. "Questo è il solo modo in cui potevo stare" hanno detto i medici ai miei genitori. Ma la cosa peggiore, mi è stato detto che avrei dovuto prendere  psicofarmaci per il resto della mia vita, che c'era qualcosa di sbagliato nel mio cervello e avevo bisogno di antidepressivi "come un diabetico  necessita di insulina."

Quando penso a questo, e ricordo come ero diventata con i farmaci, quanto vicino dovevo essere a stare in quel modo se non fossi stata disposta ad assumermi  dei rischi e combattere, mi vengono i brividi. La persona che ero durante l'assunzione degli antidepressivi adesso per me è una perfetta sconosciuta.

Questo non significa che è stato facile. C'è una parte di me che ancora a volte si chiede se la mia vita sarebbe stata migliore con i farmaci; o più precisamente, che cosa sarei se tornassi a prendere farmaci senza sapere ciò che so adesso, come voler essere intrappolata in una gabbia, suppongo, senza conoscere le sbarre. Nei rari momenti in cui penso a questo però, la risposta, per me, è sempre un rapido, veemente "no". So cosa vuol dire realmente essere sana, ben lontana dai farmaci, mai più prenderò un altro antidepressivo e io continuerò a combattere con tutto quello che comporta stare lontano da altri farmaci psichiatrici. Io non perderò mai più la mia identità, o accetterò la sensazione di essere in qualche modo emotivamente disfunzionale, rotta, e bisognosa di 'riparazione chimica.'

La persona che sono adesso è molto meglio di come sia mai stata, o potrebbe mai sperare di essere con gli  antidepressivi.

Dismettere i farmaci, per me, è stato come emergere da una nebbia. Di conseguenza, una delle sfide che ho trovato è che invece di essere emotivamente insensibile, ci sono delle volte che mi sento tutta in ipersensibilità e il mondo può diventare un luogo caotico veramente spaventoso. Ci sono giorni in cui sono sopraffatta, e vorrei poter in qualche modo solo intorpidire me stessa per non sentire nulla, anche se solo per un attimo, piuttosto che sentire troppo tutto in una volta. Ma quando questo accade, ho imparato a fare un passo indietro e prendere una pausa fino a quando posso sistemare  da qualche parte gli stimoli che si riversano nel mio cervello. Mi piace questa cosa. Sono orgogliosa del fatto che sono io a farlo e non è una droga a creare il mio benessere.

Allo stesso modo, io ancora occasionalmente lotto con gli episodi depressivi, ma sono molto minori di quando li avevo mentre assumevo antidepressivi! Ancora più importante, forse è il fatto che con una mente chiara e libera dalla droga, anche quando sto avendo un 'incantesimo'  riesco ad imparare ad affrontare realmente  i miei stati d'animo e autoregolarmi sempre meglio. Cose come journaling, meditazione, yoga mi hanno portato molta più guarigione e salute nella mia vita di qualsiasi tossica molecola chimica che abbia mai preso. 

L'assunzione di un farmaco non è una soluzione.Tutto quello che può fare è mascherare il nostro vero essere.

In definitiva, la decisione di continuare o interrompere un farmaco psichiatrico è una scelta del tutto personale. Tutto quello che io, o il dottor C., o chiunque altro può fare è offrire la propria esperienza, opinioni e fatti medici  su cui basare la tua scelta. Alla fine della giornata però, qualunque cosa tu decida di fare con queste informazioni dipende da te. Se sei contenuta col  farmaco, se è una scelta perfettamente giustificata che hai fatto, è la tua vita. Data la preziosità di ciò che è in gioco, tutto quello che sto dicendo è, per favore, prendi una decisione informata.

Indipendentemente dal fatto di prendere o dismettere i  tuoi antidepressivi, basa le tue azioni su una razionale, oggettiva, scelta ben ponderata. Non lasciare che la paura dell'ignoto lontano dai farmaci ti possa spaventare. D'altronde non sei condannata ad assumere antidepressivi per il resto della tua vita e lasciarli non  significa che finirai ancora più depressa. Anzi, semmai, è vero il contrario.

Nonostante l'enorme aumento nella prescrizione di antidepressivi negli ultimi dieci anni e mezzo, la prevalenza di episodi depressivi  resta più alta di tutti i tempi. Se i farmaci avessero davvero funzionato così come vengono propagandati, questo non sarebbe il caso. Invece, i risultati suggeriscono:

- Gli individui che utilizzano farmaci antidepressivi tendono ad avere episodi di depressione maggiore più lunghi e più frequenti.

- I pazienti trattati con antidepressivi stanno peggio  rispetto alle persone che non sono trattati ed hanno "significativamente meno probabilità di recupero (32,3% contro 51,4%) rispetto a quelli senza  antidepressivi".

- L'uso a lungo termine di antidepressivi in realtà aumenta la vulnerabilità del paziente per ulteriori episodi di depressione.

Per dirla senza mezzi termini, i farmaci antidepressivi peggiorano la progressione della malattia che  dovrebbero trattare.

In secondo luogo, lungi dal correggere gli squilibri chimici nel cervello, gli antidepressivi li creano. Sono una sostanza nociva estranea che viene direttamente introdotta nel proprio corpo. Il cervello non sa che gli antidepressivi "dovrebbero" essere di aiuto.  Invece, quando li assumiamo, risponde come dovrebbe, trattando la loro presenza come una patologia.

Ecco come funziona: Gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono prescritti sulla (infondata) supposizione di rendere questa e altre sostanze neurochimiche (neurotrasmettitori ndr) disponibili nel cervello, in linea con la (smentita) convinzione che "la serotonina bassa causa la depressione."

Mentre sarebbe bello in teoria, questo in realtà non funziona nella vita reale, semplicemente perché il cervello risponde ai farmaci per proteggersi contro l'introduzione di un prodotto chimico tossico: Si spegne. Di conseguenza, invece di aumentare la serotonina nel cervello bloccando la sua rimozione, i farmaci antidepressivi causano l'opposto. Il corpo percepisce che c'è qualcosa di sbagliato con la serotonina nel cervello e perciò spegne la produzione di questo neurotrasmettitore. Cioè, il corpo produce meno serotonina se si viene esposti agli SSRI.

Naturalmente, fatti come questi sugli antidepressivi non sono quello che ci viene raccontato nella vita di ogni giorno nella retorica guidata dall'industria su internet, in televisione, negli annunci sulla stampa, o nelle campagne pubblicitarie dirette al medico medio. Solo perché qualcosa è pubblicato non significa che sia vero e  questo non è certo più vero  nel marketing degli antidepressivi. 
Le abitudini di prescrizione dei medici si basano pesantemente su informazioni ricevute dagli studi. Il problema è che la stragrande maggioranza di questi studi, pubblicati come "fatti" in riviste mediche, sono gestiti interamente dalle case farmaceutiche, essenzialmente arbitrari, facilmente manipolati, e a tutti gli effetti, inaffidabili.

Consideriamo per esempio  le sperimentazioni  che hanno portato il Prozac sul mercato. I produttori del farmaco, la  Eli Lilly & Co. hanno affermato che è stato dato questo farmaco a un gruppo tra i 6.000 -  11.000 pazienti durante il processo di approvazione. La recensione individuale di questi studi, tuttavia, in seguito ha determinato che solo 286 pazienti effettivamente avevano completato lo studio clinico di sei settimane che ha portato all'approvazione del farmaco.
 Ancora più inquietante è il fatto che la depressione è stata effettivamente classificata come un effetto negativo frequente del farmaco per tutta la durata del suo processo di approvazione. Questo fatto è stato rimosso dall'etichetta del farmaco prima che venisse commercializzato; anzi, "depressione" è diventata da essere indicata come un effetto avverso frequente in etichetta alla proposta di essere totalmente taciuta nell'etichetta finale approvata.

Di conseguenza, quando un paziente diventa più depresso durante l'assunzione di un antidepressivo, più facilmente il medico aumenta la dose, piuttosto che interrompere o diminuire gradualmente il farmaco. Fu solo nel 2003 ben 17 anni dopo che sono stati introdotti, che  i medici sono stati formalmente avvisati sugli antidepressivi SSRI che possono rendere i pazienti più depressi e peggiorare le loro condizioni generali. Purtroppo, l'informazione sta impiegando così tanto tempo per diffondersi, che la maggior parte rimangono abituati all'idea che gli antidepressivi non possono provocare tale reazione avversa, per non parlare di depressione.

Quando si rimuovono gli strati di clamore mediatico, ecco che emerge la verità sugli antidepressivi: Indipendentemente da quello che comunque conviene alle aziende farmaceutiche per convincere i medici e il pubblico,  non c'è una sola prova conclusiva che la depressione è causata da un 'squilibrio biochimico nel cervello. "Nessun ricerca ha definitivamente dimostrato che gli individui con diagnosi di depressione soffrono di livelli anormalmente bassi di serotonina o norephinephrine, o qualsiasi squilibrio chimico di quelle sostanze. Noi non sappiamo nemmeno ancora che cosa sia la normale chimica nel cervello." 

Senza questa conoscenza a monte, su quali basi qualcuno può dire che sanno ciò che costituisce un'anomalia?

Lo psichiatra americano Peter Breggin spiega:
"Il cervello vive in una delicata armonia con se stesso, un organo di una complessità ben oltre la nostra comprensione ed immaginazione corrente che fornisce la base biologica della nostra umanità. Esso contiene circa cento miliardi di neuroni .. Alcuni di questi singoli neuroni fanno diecimila o più connessioni individuali con altri neuroni. Questi neuroni e le loro connessioni sono attivate da un paio di centinaia di diversi neurotrasmettitori ... dei neurotrasmettitori che conosciamo meglio noi comunque ne sappiamo poco; della maggior parte degli altri non sappiamo nulla e non li abbiamo nemmeno ancora identificati ... La manomissione del cervello umano per influenzare le emozioni umane e le azioni non è una buona idea."
Infine, dal punto di vista da paziente a paziente, essendo stata sugli antidepressivi e sapendo cosa vuol dire venirne fuori, ecco il mio consiglio per te: Datti una possibilità. La paura dell'ignoto non è una buona ragione per evitare tutto ciò che potresti fare. Hai un medico di supporto disposto ad aiutarti ad ogni passo del cammino. Quindi datti una possibilità. Datti la possibilità di vivere. Datti la possibilità di guarire. Datti la possibilità di amare e di essere te stessa.

Indipendentemente da qualunque fattore causale provocato dai tuoi antidepressivi, in primo luogo, non vi è alcun bisogno di  negare che la depressione porta ad un circolo vizioso di sensazioni fisiche ed emotive che causano sofferenza, inadeguatezza, angoscia e disperazione. Lo capisco, io ci sono passata e  ancora a volte ci torno. Ci sono un sacco di cose diverse che possono portare ad attacchi di depressione:  conflitti familiari, problemi sul lavoro, problemi di salute fisica cronici, eventi dell'infanzia e difficoltà finanziarie solo per citarne alcuni. Ma questi problemi di fondo che precipitano, ingrandiscono, e mantengono le crisi depressive non vengono risolti dal farmaco. Piuttosto che affrontare le origini psicosociali complesse, gli antidepressivi servono unicamente per appiattire la risposta emotiva. Questa non è una cura; è una lobotomia chimica.

Abraham Joshua Hershel una volta ha scritto:
"Costruisci una vita come se fosse un'opera d'arte.
Inizia a lavorare su questa grande opera d'arte chiamata esistenza."
Quando guardi la tela della tua vita, come scegli di dipingere? Vuoi i colori offuscati dagli antidepressivi, o  brillanti con la ricchezza e la meraviglia di tutto ciò che si crea?

È la tua scelta. Quello che posso dire è che so quello che ho intrapreso. E davanti alla scelta tra prendere antidepressivi o smetterli, prenderei di nuovo la stessa decisione in un baleno.

La pace e la grazia siano con te,

Meaghan

Fonte: madinamerica.com

mercoledì 24 settembre 2014

Dismissione psicofarmaci: come fare?

ATTENZIONE 
Smettere di prendere psicofarmaci di botto può essere molto pericoloso. Inoltre sconsiglio vivamente la dismissione fai da te, senza un controllo costante di un medico di fiducia che appoggi il vostro desiderio di liberarvi da queste sostanze. 


Dismissione perché

Sembra superflua questa domanda, ma purtroppo molti psichiatri non capiscono questa eventualità, perché ci dicono che i farmaci vanno presi vita natural durante, proprio come l'insulina per i diabetici o le pillole per l'ipertensione. 
Non capiscono che assumere a vita farmaci normalmente  tossici per il corpo non può che peggiorare le condizioni di salute sia fisica che mentale, o se lo capiscono credono che sia sempre un male minore rispetto alla terribile malattia mentale che affligge il loro paziente. Come ho già scritto in precedenza, è stato dimostrato, cifre alla mano, che un  trattamento psico-farmacologico a vita è in grado di accorciare di circa 25 anni l'aspettativa di vita media.

Mi si stringe il cuore quando vedo persone nel fiore degli anni 20-30 già sottoposte a pesanti coktails di quasi tutti i principi attivi usati in psichiatria. Alcuni sono anche contenti dei risultati che hanno avuto e benedicono queste sostanze e gli psichiatri che gliel'hanno prescritte; salvo poi attendere qualche mese o qualche anno se si è molto fortunati prima di cascare dentro un'inferno inimmaginabile, peggiore della stessa presunta malattia che si voleva curare. E allora i medici diranno furbescamente che la malattia si è aggravata perché  è il suo normale decorso anche se magari prima dicevano che è sempre meglio  intervenire precocemente onde evitare peggioramenti. Quindi si cambia terapia bruscamente senza scalare quella vecchia o si aggiungono altre sostanze al cocktail in un'escalation senza fine di sofferenza e invalidità. 

Allora io sono solito dire a queste persone: avete presente, avete mai visto o sentito di qualcuno che assume diligentemente questi vostri miscugli tutti i giorni da 20 - 30 - 40 anni? No? Probabilmente perché è già morta prima o non è più in condizioni tali di fare alcunché. Avete mai letto esperienze di persone felicemente appagate e contente di assumere psicofarmaci da decenni senza accusare alcun problema? 
E' facile mostrare entusiasmo , perfino arroganza quando si è giovani, nel pieno delle forze che però saranno presto minate pesantemente da una terapia farmacologica continuativa. 
Non occorre leggere siti anti-psichiatrici per conoscere i danni degli psicofarmaci, gli anti-psichiatri si sa, sono infarciti di ideologia e non propongono niente di veramente terapeutico, fissati come sono sulla libertà individuale, anche quella di stare male quanto ci pare e piace. (sto scherzando non me ne vogliano gli antipsichiatri) 

Leggiamo piuttosto i siti medici con occhio critico, quelli dove gli utenti possono fare domande agli psichiatri, c'è veramente da rabbrividire, a vedere con quanta naturalezza e superficialità liquidano qualunque problema derivante dai farmaci anche palese spacciandolo per 'malattia'. Ci sono alcuni thread che durano anni degni di essere inseriti in un libro. Non capisco con che faccia  li tengono aperti al pubblico. 
Ogni tanto qualcuno gli chiede consiglio per  scalare un farmaco, l'avessero mai fatto! Giammai, non esiste proprio semmai si cambia dosaggio o si cambia farmaco, figuriamoci. Questi 'dottori' non hanno generalmente la più pallida idea di cosa significhi dismissione da psicofarmaci e l'inferno che può significare intraprendere questa strada senza cognizione di causa. Sono sicuro che se lo sapessero veramente starebbero più attenti a prescrivere simili molecole fin dall'inizio. 

Eppure basterebbe che si facessero un giro nei forum appositi, dove centinaia di persone sono costrette a fare da soli senza l'aiuto di nessuno psichiatra o esperto della salute mentale. Imparano  dalle loro esperienze e dai loro errori, imparano a distinguere  gli effetti della dismissione dai sintomi di una vera malattia. Imparano a riconoscere l'importanza di uno stile di vita sano, cominciando dall'eliminare sostanze problematiche dalla propria dieta, rinunciando a vizi deleteri, come abuso di alcool, caffè, e droghe più meno leggere, di zuccheri raffinati, talvolta di latticini e glutine, di cibi industrializzati o fast-food e via discorrendo.  Tutte cose che mai si sentirebbero dire dal proprio psichiatra, il quale generalmente non è mai stato istruito in merito alla dismissione dei veleni che prescrive.    


Quanto e quando scalare

Ci sono sul web diversi consigli sulla quantità di sostanza da eliminare e sui tempi di scalaggio, tuttavia uno dei metodi più  interessanti e sensati che ho trovato è quello adottato nel gruppo privato yahoo "Withdrawal and Recovery" il quale attualmente conta circa 6200 iscritti. 
Per prima cosa non fissarsi sui tempi, non fare programmi di settimane , giorni o mesi ma concentrarsi esclusivamente sulle risposte del corpo. 
In caso di politerapia, scalare un farmaco per  volta cominciando da quello che presumibilmente causa gli effetti collaterali peggiori. Per capire quale farmaco scalare per primo occorre rifarsi all'esperienza di altri e anche in tal caso non è detto che sia sempre uguale per tutti allo stesso modo. A grandi linee da quello che ho capito io ma non prendetela per buona, si dovrebbe iniziare dagli antidepressivi quindi le benzodiazepine, seguite dai neurolettici,  e infine gli anticolvunsivanti e gli stabilizzatori dell'umore. Il problema è capire quando un farmaco vine dato per coprire l'effetto indesiderato di un'altro. Questo non è un caso raro quando si parla di politerapia. 

La quantità da togliere di volta in volta dal dosaggio varia secondo il tipo di farmaco e secondo il tempo di assunzione: si va da una molto bassa  2-5% per gli antipsicotici fino al 10% nel caso degli stabilizzatori. Togliere il 5% per cominciare potrebbe essere un buon inizio.
Con questo sistema il tempo che intercorre tra uno scalaggio e l'altro dipende dalla risposta del corpo. Se si sta molto peggio di prima allora conviene tornare al dosaggio precedente lo scalaggio fintanto che non si sta meglio. Si effettuerà la diminuzione del dosaggio soltanto quando si starà meglio rispetto all'ultima riduzione. 
Per fare ciò occorre imparare bene ad ascoltare le risposte del nostro corpo e posso capire però che in diverse situazioni non sia cosa facile. Ecco perché è sempre consigliabile farsi seguire da una persona esperta, meglio un medico consenziente.
Così, occorre chiedersi: "Mi sento bene come o meglio di quanto mi sentivo prima di iniziare questa riduzione ?" 
Se sì, allora possiamo andare avanti e fare un'altra riduzione, altrimenti, è necessario attendere più a lungo. Non importa se passa una settimana o un mese. Fino a quando non saremo in crisi, va benissimo. Se saremo in crisi, significa che la riduzione è stata troppo grande.

Si vedrà così che in certi momenti possono passare anche mesi prima di effettuare un ulteriore step di diminuzione. NON BISOGNA AVERE FRETTA questo è tassativo, non farsi prendere dalla frenesia e dalla voglia di tornare puliti anche se ciò è molto comprensibile. 
Ignorare quelli che  dicono di andare avanti sulla riduzione anche se siamo ancora in astinenza dalla riduzione precedente. Non c'è alcun motivo di fare qualcosa che il corpo non è ancora pronto a fare. Sarebbe come nel caso di un'ingessatura, togliere il gesso prima del tempo senza dare modo alle ossa di risaldarsi. 

Durante la fase di dismissione (ma anche dopo) è molto importante seguire una dieta più 'pulita' possibile, con alimenti freschi e biologici. Da evitare cibo spazzatura, e sostanze problematiche quali caffè, the, eccitanti , sostanze psicotrope ecc.
Ricordarsi che durante la fase di dismissione si può diventare estremamente sensibili anche a cose che prima non ci davano fastidio.

Riduzione in pratica

Una domanda a questo punto sorge spontanea: come è possibile fare riduzioni sui farmaci di una così piccola entità? 
Supponendo di prendere 10 mg di un medicinale, la prima riduzione del 5 % corrisponderebbe a 0,5 mg, una quantità infinitesima da togliere.  Come fare? 
La cosa migliore sarebbe quella di avere il medicinale nella forma liquida, allora disponendo di un misurino graduato supponiamo da 100 ml  mescoliamo le gocce in acqua e successivamente togliamo 5 ml dai 100 totali, alla riduzione  successiva toglieremo 10 ml dal totale e così via. La stessa cosa si può fare con una siringa orale nelle rispettive proporzioni. Per togliere con precisione l'acqua dal misurino ci si può avvalere di una siringa o di una pipetta.

Se il medicinale è una compressa divisibile e riducibile in polvere si può provare prima a diluirla intera. Se non si scioglie  allora si può ridurre in polvere con un piccolo mortaio o con il bordo rotondo di un cucchiaio su carta oleata. Se la sostanza non è idrosolubile occorrerà agitare bene il contenuto in modo da avere una distribuzione uniforme delle particelle di polvere.
Se il farmaco è una capsula (es. litio), prendere  delicatamente la capsula alle estremità, torcendola si dovrebbe rompere a metà o aprire. Fare questa operazione sopra un contenitore per evitare dispersioni della sostanza. 

Attenzione che il sapore del liquido ottenuto può risultare molto sgradevole, perciò in tal caso sarebbe consigliabile mescolare con succo di frutta o meglio ancora spremuta di frutta fresca.

Logicamente nel caso di farmaci a lento rilascio o quelli gastro-resistenti non è possibile affusolarli e meno che mai se assumiamo il farmaco nella forma iniettabile depot. In questi casi occorrerà cercare da ottenere la stessa sostanza in un'altra forma. 
Consiglio tuttavia di cercare su google se esistono suggerimenti per una specifica medicina scrivendo il nome del farmaco, la forma e il termine 'tapering'. Esistono anche video 'didattici' su youtube. 


Cose da non fare mai

  1. - Smettere di botto di prendere farmaci. Specialmente se si stanno assumendo da lungo tempo è la cosa peggiore da fare. Raramente può capitare che vada bene ma generalmente si ricade in una crisi peggiore spesso scambiata per il ritorno della presunta malattia mentale.
  2. - Credere che si possa scalare un farmaco prendendolo una volta ogni 2 giorni, ogni 3 ecc. Ciò equivale a giocare a ping-pong col proprio cervello. Assolutamente da evitare!
  3. - Dividere o ridurre in polvere un farmaco con il rivestimento gastro-resistente. In tal modo si annullerebbero le ragioni della gastro resistenza e la sostanza attiva verrebbe compromessa dagli acidi gastrici.
  4. - Continuare a scalare un farmaco mentre si è in crisi di astinenza o comunque mentre si sta male. Come abbiamo visto, si procede con il cono solo quando sentiamo di essere pronti e a volte è necessario riprendere la dose precedente se il passo di scalaggio è stato troppo ripido. 


RISORSE SU INTERNET


Siti web generici

beyondmeds.com : uno dei blog più popolari gestito da una sopravvissuta alla psichiatria.

madinamerica.com : la più autorevole voce critica della psichiatria

rxisk.org : un enorme database sulle caratteristiche e sugli effetti avversi dei medicinali comunicati anche dagli stessi utilizzatori. Per sapere veramente cosa si riskia..


Altri siti più specifici

http://recovery-road.org

http://www.comingoff.com/


Forum di auto-aiuto per dismissione psicofarmaci

survivingantidepressant.org

paxilprogress.org

benzobuddies.org

benzowithdrawal.org



Libri ebook gratuiti in italiano:

Icarus project: Manuale riduzione del danno

Le benzodiazepine: come agiscono e come sospenderne l’assunzione



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