Inizia qui un lunga serie di scritti dove esporrò vari luoghi comuni e dogmi della psichiatria cercando di esaminarli uno per uno. Via via che mi verranno in mente scriverò gli articoli, cercando di usare un linguaggio comprensibile. Se userò termini tecnici, saranno linkati per maggiore chiarezza.
1 : La malattia mentale dipende da uno squilibrio chimico nel cervello
Ad oggi non ci sono conferme di questo, anche se la
psichiatria organicista fonda tutto il suo operato su questo
dogma, spacciato per vero. Quello che si è visto è che la
chimica del cervello cambia in relazione agli stati d'animo,
e questo è abbastanza plausibile. Gli stessi squilibri
chimici però, sono comuni anche a persone ritenute sane di
mente in determinate situazioni. E' noto inoltre, che
qualunque sostanza psicotropa agisce modificando la chimica
del cervello. Prima degli psicofarmaci, la malattia mentale raramente veniva considerata una situazione stabile (1). Se si trattasse di uno squilibrio chimico permanente,
allora sarebbe relativamente semplice determinare lo stato di
malattia tramite delle analisi, come si fa per esempio per il
diabete. Ma simili test ancora non esistono, nonostante più
di un secolo di studi.
Anche l'analisi di migliaia di autopsie, non ha rilevato la
benché minima prova dell'esistenza di uno squilibrio chimico
o anomalie fisiche nel cervello dei malati mentali.
Eppure gli psichiatri sono convinti che si tratti di una
malattia organica, di origine genetica e presto si troveranno
le prove.
Dopo tutti questi anni, stiamo ancora aspettando
delle risposte che molto probabilmente non si troveranno mai,
prigionieri di una mentalità ottusa.
L'ottusità che è diventata il fondamento della psichiatria,
con la complicità della medicina: trattare il disagio emotivo
al pari di una malattia organica, la quale, di fatto non
esisterebbe.
Si tenta perciò di curare
qualcosa che non rientra nei canoni di una normalità per giunta assai sfumata.
Wakefield (2007) della World
Psychiatric Association ammette che non esiste un test di laboratorio
o indicatori fisiologici per i disturbi mentali [..]
Si chiede se una "condizione
problematica mentale" non sia "semplicemente una forma di
normale, anche se indesiderabile e doloroso del funzionamento umano"
piuttosto che un disturbo psichiatrico. Egli dice ancora: "La
credibilità e anche la coerenza della psichiatria come disciplina
medica dipende dall'esistenza di una risposta convincente a questa
domanda" (2)
La condizione vitale dipende da un insieme di fattori ben più
complesso di quelli di una malattia organica.
Se proprio vogliamo fare un paragone 'organico', il cancro è
la malattia che si presta meglio alla ipotesi genetica e
multifattoriale. Ci sono pure drammatiche analogie riguardo
ai trattamenti: come la malattia mentale, anche il cancro è
in costante aumento, e la sua recidività non lascia scampo a
lungo termine. E inoltre noto che le principali terapie per
il cancro possono indurre la malattia che tentano di curare.
Verrebbe quasi da pensare che il corpo, quando non ha una
manifestazione fisica di uno squilibrio, quest'ultimo può
sfociare in un disturbo mentale.
Ci si chiede infatti spesso perché i cosi detti malati
mentali soffrano generalmente di meno per altre malattie
fisiche quando non sono dovute alla cura stessa della
malattia mentale.
La depressione viene descritta spesso come 'cancro
dell'anima', direi che è una definizione che ha un senso.
Quindi, se fosse lecito considerare il cancro come
conseguenza di uno squilibrio chimico del corpo, viene
naturale pensare la stessa cosa riguardo alle malattie
mentali.
Posso comprendere che uno stato mentale può essere
conseguente ad uno squilibrio di tutto il corpo, non solo
dell'organo cervello.
C'è chi mette in relazione i disturbi
mentali con l'intestino, altri con il fegato, altri ancora
con l'apparato surrenale o tiroideo.
Esistono studi che collegano situazioni organiche con la malattia mentale, come esistono molte malattie organiche in grado di
avere conseguenze sulla psiche.
Ma tutto questo viene sistematicamente ignorato dagli
psichiatri, i quali potrebbero indagare più a fondo con
scrupolo sulla storia organica dei loro pazienti anziché
fornire subito le loro pillole magiche dopo mezz'ora di
colloquio se va bene.
Io ho avuto la fortuna di rivolgermi subito ad un bravo
neurologo anziché a uno psichiatra, penso che questo mi abbia
salvato da un calvario farmacologico che oggi sta sotto gli
occhi di chiunque abbia voglia di approfondire le numerose
storie di altri.
Questo specialista di vasta esperienza individuò subito il problema, sottoponendomi
ad esami per confermare l'assenza di una condizione organica.
Dopo questi accertamenti, mi prescrisse il farmaco di elezione specifico per
la mia condizione. Farmaco che ho assunto per il tempo
sufficiente a ristabilirmi, nonostante fosse indicato per una
cura protratta a vita.
Ma io non lo sapevo, ancora non esisteva internet e l'accesso
a questo tipo di informazioni, solo qualche libro che ho
letto successivamente.
Così nell'ignoranza quasi totale ho fatto di testa mia
cercando le risposte dentro di me.
Questo mi ha reso stabile
per lunghissimo tempo, permettendomi di vivere una vita
normale, dignitosa senza limitazione alcuna delle mie
capacità, una vita insomma pari alla mia condizione
precedente all'insorgere della prima crisi in cui mi
riconoscevo 'sano'. Diversamente, se fossi andato da uno
psichiatra, secondo le condizioni in cui ero, mi avrebbe
forse imbottito di
neurolettici o di
antidepressivi iniziando così
un processo degenerativo che mi avrebbe quasi sicuramente
impedito di sposarmi, avere figli, comperare una casa e
mantenermi stabilmente un lavoro.
Ognuno ha la sua storia e capisco molto bene quelli che
vengono privati di una vita dignitosa dalla loro condizione
mentale, prima di approdare ad una cura efficace. Quando poi
affermano di essere stati salvati dai farmaci risulta spesso
che hanno trovato il modo di gestire i loro problemi per
altre vie, cambiando radicalmente il proprio stile di vita.
Senza negare a priori un eventuale contributo iniziale di
farmaci molto mirato per simili casi, nel lungo periodo sta a noi stessi
trovare strategie efficaci per gestire al meglio questa
particolarità, ed impedire così di essere sopraffatti dalla
nostra mente.
La mia diagnosi rientra in quello che veniva una volta comunemente chiamato sindrome maniaco-depressiva, oggi
disturbo bipolare. Purtroppo oggi pur continuando ad essere in relativa minoranza i casi di
"bipolarismo puro", si assiste ad una tendenza a diagnosticare
il disturbo bipolare ad un numero sempre crescente di persone
che non hanno le caratteristiche tipiche della cosi detta
psicosi maniaco-depressiva. Ne consegue che numerosi
depressi monopolari, gli individui con storie di dipendenza, i, cosiddetti borderline e altri
con caratteristiche
psicotiche vengono tutti riuniti nello
spettro bipolare: un'etichetta che raccoglie caratteri assai
diversi fra loro ma tutti accomunati nella stessa classe
terapeutica.
Diventa così una scommessa da jackpot azzeccare subito la giusta
combinazione o il farmaco adeguato, predisponendo il paziente
ad un calvario senza fine.
Pochi fortunati riescono nell'intento, ma la maggioranza
entra in una trappola che si stringe inesorabilmente nel
lungo periodo fino a diventare soffocante. Molto più
soffocante della presunta malattia da curare.
In conclusione, la teoria delle squilibrio chimico ha un fondamento per me, solo nell'espresione biochimica di un disagio che risiede da altre parti, una manifestazione chimica locale di un problema generale che dovrebbe essere considerato invece nella globalità olistica di corpo e mente. Aggredire il cervello per sopprimere i sintomi, senza guardare ad altro è diventato la norma nella psichiatria al primo intervento. Solo successivamente, semmai, si può procedere con terapie 'olistiche' integrative (le uniche potenzialmente risolutive) ma sempre come 'supporto' alle loro droghe che andranno necessariamente mantenute.
In questo modo le persone dovranno lottare due volte: per una malattia che comunque è diventata cronica, e per contrastare i numerosi problemi fisici e psichici dovuti proprio alla terapia, spesso a confondere sintomi con effetti indesiderati.
Se comunque la si veda, bisogna lottare, allora non sarebbe meglio lottare per un solo problema?
Note
(1) Fonte: Mad In America
(2) Citazione presente nel libro "A SENTENCE EXPLORER" di Anne-Marie Robb
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