Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

mercoledì 5 aprile 2017

Collaborare con la follia

Parlando di recupero da stati di 'follia' si può intendere tante cose. Tra le numerose possibilità vi sono gli estremi di essere assoggettati dalla follia, di controllarla e ancora di collaborare con la propria parte folle. Questa che segue è  la traduzione di un breve articolo che parla di 'collaborazione'. 
Quello che la psichiatria organicista e farmaco-centrica attua normalmente con i suoi trattamenti è lo spegnimento , o ottundimento dei sintomi della follia, spesso con il risultato di fare emergere altri sintomi altrettanto se non ancora più invalidanti di quelli della follia stessa. E così la psicosi diventa 'psicosi tranquillizzata' dove l'individuo rimane per così dire sospeso senza sapere cosa prova, senza essere né carne né pesce. Se va bene vive, o meglio , sopravvive vegetando in un limbo formato da nuvole neurolettiche  senza la possibilità di pensare o di provare qualcosa a livello emotivo, sia nel male che nel bene. Tale sensazione può avere anch'essa tutta una gamma di influenza dal leggero intorpidimento quando si è molto fortunati, fino alla semi-incoscienza con molte  abilità compromesse. 
Perciò, posso capire molto bene il pensiero di Will, che rifiutando questi trattamenti preferisce venire a patti con quella parte oscura di sé, anche se forse a mio parere potrebbe esistere una terza possibilità che magari per lui è più difficile da mantenere. 
Io per esempio sono consapevole dei 'doni maledetti' che costituiscono la mia parte folle, tuttavia non ho più il desiderio di ritrovarli, perché so che in tal caso dovrei pagare un prezzo troppo alto in termini di stabilità emotiva. Quello che ho fatto per gran parte del tempo nella vita è stato anelare e desiderare di ritrovare tali doni, come chi è dipendente da qualcosa che lo fa stare molto bene. (e chi non lo sarebbe dico io?) Ma arriva prima o poi il momento di mettere un freno, non sono più un giovincello desideroso di nuove scoperte. Con questo non intendo dire che non ci sarebbe più nulla da cercare e scoprire, piuttosto è possibile riservare tali ricerche e scoperte in un momento più opportuno, fosse anche la prossima vita, sempre ammesso che vi sarà.  
Quindi anche se con Will ho in comune la considerazione positiva e la consapevolezza di poter accedere a doni piuttosto che maledizioni, non ho il suo stesso desiderio di conviverci e venire a patti con essi. Questo non implica che devo necessariamente 'curarmi' per impedire alla mia parte folle di emergere, in quanto so che queste mie cosiddette 'crisi' hanno un trigger ben noto e determinate condizioni da rispettare. Quindi dovrei poter rimanerne fuori a meno che il desiderio , le sete dell'ignoto non ritorni prepotente e richieda un ultimo sacrificio. 



Collaborando con la follia - Will Hall

Come la maggior parte dei miti greci, la storia di Cassandra verte sull'arroganza. Cassandra era dotata di tanta bellezza che il dio Apollo, voleva giacere con lei, e così  le offri il potere della profezia. Cassandra  accettò la proposta di Apollo, e così lui le concesse la possibilità di vedere il futuro. Ma quando arrivò il momento di onorare  la sua parte del contratto, Cassandra rifiutò le avances di Apollo. Apollo era così infuriato da questo tradimento che per vendetta maledì Cassandra: cosi lei avrebbe avuto il potere di vedere il futuro, ma nessuno avrebbe mai creduto alle sue previsioni. In conseguenza di questo terribile destino, Cassandra impazzì.

I greci amavano avvertirci che dobbiamo sempre capire il nostro ruolo nel rapporto con gli dèi. Il mito di Cassandra parla della mia stessa esperienza di essere etichettato con la schizofrenia, e di come mi ha insegnato a trovare l'atteggiamento giusto verso la follia.

Anche adesso,  a volte, mi capitano  stati estremidi coscienza  terrificanti e travolgenti: voci e visioni, la paura degli altri, il collasso e il ritiro dal mondo. Allo scopo di aiutarmi, sono stato consegnato per un anno nelle mani del sistema pubblico di salute mentale di San Francisco , con i suoi reparti chiusi, le droghe psichiatriche  e gli abusi.

Il sistema mi ha insegnato a vedere queste esperienze dolorose e misteriose che stavo avendo come negative, ma non c'è riuscito, il problema erano le parti di me che avrei dovuto cercare di eliminare, o almeno di controllare. Anche la promessa di un 'recupero', che è una alternativa più promettente rispetto alla prognosi di malattia cronica permanente, presumibilmente significa tornare a una normalità perduta  e  superare la rottura e la malattia. La domanda che vorrei porre è invece: chi siamo noi esseri umani per rivendicare una tale conoscenza di qualcosa di misterioso e potente come la follia? Chi siamo noi per imporre i nostri standard di funzionamento e di salute, per definire disabile qualcuno come me e, nel recupero,  dividere la mia esperienza tra normalità e 'sintomi'?

Per quanto mi riguarda, la sintomatologia dolorosa di quella che viene chiamata "schizofrenia" non sono semplicemente difetti negativi: io li vedo come doni complessi che compongono quello che sono. La mia creatività, la sensibilità, l'ispirazione e la spiritualità vanno di pari passo  con le cose che il sistema di salute mentale vorrebbe eliminare: la paranoia, l'isolamento, le voci, le "associazioni libere" e le "idee di riferimento." Mi hanno detto che gli orrori dei farmaci e le umiliazioni della psicoterapia sono molto meglio dei miei  'sintomi', ma sono i miei sintomi che fanno di me quello che sono.

Il mito di Cassandra offre un indizio importante su ciò che possono significare questi "maledetti regali"  e le mie esperienze:  non voltate le spalle alla divinità che ha fatto questo per voi. Non ho la pretesa di prendere qualcosa di vostro, non nego la parte di essa che è al di là di te stesso. La follia di Cassandra e la maledizione non provengono dal dono della profezia stessa, ma dal suo atteggiamento egoista verso di esso. E non è questo che il sistema di salute mentale, con i clienti che produce cerca di fare con i poteri sconosciuti della follia? Egoisticamente li definiscono in base alle norme vigenti e agli standard, allo scopo di possederli alle loro condizioni. Possiamo invece imparare a collaborare con la follia alla pari, piuttosto che  controllare e diagnosticare, in modo che ciò che sembrano essere maledizioni possono diventare quei doni che sono realmente?

Qualcuno, forse l'autore di fantascienza Philip K. Dick, ha scritto, "La realtà è ciò che si rifiuta di andarsene quando io smetterò di credere in essa". Per anni ho cercato di smettere di credere nella realtà folle che ho sperimentato di cui nessun altro sembrava avere esperienza.Tutti dicevano che vi era qualcosa di sbagliato in me, e credevano che avessi avuto bisogno di 'recuperare' da questo. Invece, la realtà si è rifiutata di andare via, e sono contento di questo. Non mi piace essere normale. Mi piace sentire i pensieri delle persone, fare sogni premonitori, il fantasma del vento alle 4 del mattino e  vedere le macchinazioni del potere diabolico codificate nelle cospirazioni di estranei. Mi piace essere spazzato via dalle grandi visioni creative e guidato da un'ispirazione ardente. Mi piace essere così sensibile che posso a malapena a volte resistere nella società umana. Ma la cosa più pericolosa che potrei fare sarebbe quella di presumere di possedere questi doni come se fossero miei.

Per me vivere la mia vita, oggi, significa trovare un accordo con la mia pazzia, per onorare un rapporto con essa come qualcosa al di là di me stesso. Naturalmente mi concentro sul benessere e faccio quello che posso per prendermi cura di me e prevenire le mie crisi. Ma, come Cassandra, che avrebbe dovuto mantenere la sua promessa di Apollo in modo che le sue profezie venissero ascoltate, ho un rapporto di collaborazione e di reciprocità con la mia follia e la più profonda, misteriosa forza dentro di me che si rifiuta di andare via.

Non dico: questa è la mia parte sana e questa è la parte malata, ho bisogno di fare una pausa. Non dico: come faccio a guarire dai miei sintomi? Io dico invece: questa è una parte di me che è più saggia e più forte di me. Questa è una parte di me che offre un grande dono. Questa è una parte di me,  non capisco ancora come relazionarmici, ma ho intenzione di imparare. Ho bisogno di fare modifiche per rispondere a questa parte di me, a volte grandi cambiamenti e non è facile. Ma questa non è una parte di me che voglio ripudiare. Né una parte che voglio controllare. Questa è una parte di me con cui voglio collaborare.

È arroganza  cercare di curare la follia o far ritorno alla realtà ordinaria, sebbene la realtà ordinaria sia un luogo utile da visitare di tanto in tanto. E arroganza, se offendi gli dei, rischi sempre effetti catastrofici, anche se è solo la catastrofe di voltare le spalle ai doni e alle potenzialità, in nome della sicurezza e della familiarità. Possiamo invece collaborare con la follia, chiederci perché le sue possibilità sono pregne di maledizioni, e imparare quali promesse devono essere mantenute.


Fonte: madinamerica.com

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