Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

venerdì 28 ottobre 2011

La parola ai medici

Come ho già ripetuto, non sono contrario ai farmaci per ideologia ma solamente perché ritengo inconcepibile intossicare il corpo per guarire da una malattia che a sua volta può provenire da un'intossicazione.
Anche nel campo psichiatrico 'olistico' i medici si dividono tra quelli che in nessun caso userebbero farmaci psicotropi ed altri che li considerano indispensabili in casi estremi.
La gravità di tali casi dipende anche da una valutazione soggettiva.
Un conto però è sentire un paziente parlare del suo desiderio di farla finita, altro è vedere una persona che si tortura con atti di autolesionismo oppure manifesta violenza sugli altri.
Sebbene anche queste situazioni estreme, possono essere gestite e risolte in modo 'pacifico' applicando tecniche specifiche, i medici preferiscono usare la sola cosa che riconoscono efficace, ovvero i farmaci, piuttosto che sforzarsi di capire le ragioni dell'altro, entrare per un po nel suo mondo. (1)
Ecco qui alcuni pensieri di medici che a mio parere, hanno veramente abbracciato il loro giuramento di "Primo non nuocere":


Dr. Luigi Cancrini, Psichiatra

La depressione clinica è diventata il riferimento per ogni forma di disagio psicologico. Siamo tutti malati e tutti da curare: con i farmaci, naturalmente. Lo dicono con sicurezza 'scientifica' gli psichiatri-vedette della pillola a tutti i costi. Lo ripetono ormai da anni in libri, giornali e trasmissioni televisive, con un martellamento persuasivo che ha, purtroppo, avuto i suoi effetti. Il paradosso è che l'allarme è tanto amplificato, quanto la terapia proposta - il farmaco - è improntata a sopprimere ogni riflessione e ogni approfondimento sui motivi della sofferenza. Si grida alla depressione, ma la cura è il silenzio.


Quali consigli si possono dare a chi sta scivolando in uno stato psichico patologico?
Gli direi con umiltà i cercare l’aiuto di qualcuno che possa aiutarlo temporaneamente nel decodificare i segnali del suo disagio, nel capire il senso, cogliendo così l’opportunità di riorientare la sua vita. Gli direi di scegliere con accortezza uno specialista che non instradi verso l’utilizzo del farmaco, ma che sia disposto e preparato alla via psicoterapeutica e ad un approccio olistico.
Gli direi infine di riferirsi a dei gruppi di auto aiuto, dei gruppi tra “pari” in cui è possibile trovare importanti condivisioni, scambi e supporto reciproco, partendo da similari esperienze di sofferenza.
Quali stili di vita possono aiutarci a mantenere un equilibrio psicofisico e relazionale?
Produrre buoni pensieri, avere buone emozioni, dire parole buone, fare buone azioni: sorridere a se stessi, agli altri, al mondo. E salutare con il cuore bene-dicente. Portare gioia nella vita: amare, lavorare e pregare. Non uccidere, neanche gli animali: diventare vegetariani, ancor meglio Vegan.
E infine non dimenticare che chi punta sulla pastiglia, la salute non la piglia!



Non può esserci infatti vera guarigione se non si comprende prima il senso profondo della propria sofferenza; non può esserci vera guarigione se non si trascende se stessi e l’equilibrio esistenziale prima strutturato.
Spesso gli psicofarmaci, mal utilizzati, impediscono la presa di coscienza delle vere problematiche a monte della malattia. Problematiche ben più ampie di quanto il riduzionismo farmacologico accademico imperante ci voglia imporre.
Un cambiamento di paradigma in psichiatria è da anni rincorso, con vicende alterne.
Una visione olistica del problema, dove i fattori psicologici, sociali, antropologici, spirituali e culturali, si fondono, nella genesi e cura dei disturbi psichici - in maniera circolare - con il ruolo dell’alimentazione, della tossicità ambientale e della iatrogenesi farmacologica laddove documentata, potrebbe essere, a nostro avviso, un nuovo coraggioso modo di procedere.
Da tale nuovo paradigma scaturirebbe un’appropriato utilizzo degli psicofarmaci, riservato alle condizioni di contenimento del disagio mentale, non diversamente trattabile.
A nostro avviso, lo psicofarmaco è una terapia sostitutiva, e per definizione le terapie sostitutive sono indicate per sostituirsi al biochimismo interno quando insufficiente, non certo per stimolarlo.



Ma il concetto più psichicamente mostruoso ed inaccettabile che l'industria-psichiatrica ha inventato, consiste nel << malato che resiste alla terapia>>: quando la psichiatria non guarisce, bolla il malato come “cronico” e, piuttosto che accettare il suo fallimento e dire la verità, “incolpa” il paziente del suo insuccesso il quale diventa capro espiatorio…..di se stesso! Invece di essere l'emblema evidente della sconfitta scientifica, furbescamente viene “medicalizzato” l'insuccesso, con il marchio di ...<<resistente alla terapia>>.



..Sono state coniate purtroppo, anche le cosiddette "malattie Iatrogene" o da farmaci, che
invece di sancire, con il minimo di buon senso rimasto a noi medici, il momento di interrompere il danno introdotto dai farmaci stessi, vengono invece trattate indovinate con cosa? Eh si proprio con altri farmaci!



La mia lunga attività di medico oncologo e di ricercatore, assolutamente libero ed indipendente dalle multinazionali del farmaco o da qualsiasi altro potente interesse economico organizzato, mi porta a sostenere con assoluta convinzione che qualsiasi malattia non è altro che una risposta perfettamente normale ad un ambiente patologico o ad uno stile di vita patologico, detto altrimenti ”anormale”.
Ma l’ambiente patologico e lo stile di vita patologico sono la naturale conseguenza di uno spirito malato. Uno spirito malato è uno spirito caratterizzato da pensieri, convinzioni, valori, emozioni, sentimenti ,stati d’animo patologici.



Per quanto si senta dire che questo disturbo venga efficacemente "curato" dalla medicina tradizionale è bene fare alcune considerazioni:

  • la terapia farmacologica, anche se continuativa, non esclude affatto l'eventualità di possibili ricadute;
  • la terapia farmacologica non guarisce dalla malattia, possiamo dire al massimo che riesce (in maniera più o meno efficace) a controllarla;
  •  i pazienti che si rivolgono all'omeopatia lo fanno in genere sia perchè sentono gli effetti collaterali, spesso importanti, dei farmaci che assumono, sia perchè si rendono conto che il farmaco non aiuta a risolvere il loro problema (= guarire la persona) ma si limita a tenere sotto controllo in maniera sintomatica una situazione che è comunque destinata a rimanere tale e quale senza nessuna prospettiva di vera guarigione.


La sesta considerazione di base della medicina olistica è che ogni malattia è l'effetto dell'ignoranza o inconsapevolezza delle leggi del Tutto. Guarire quindi significa innanzitutto rientrare in una profonda armonia con il tutto, evolvere interiormente, trasformare la propria inconsapevolezza in coscienza luminosa ed amorevole di sé. La via della guarigione diventa la via della realizzazione, della saggezza. Per questo le grandi medicine del passato sono sempre state fatte risalire a grandi personaggi spirituali, ai Budda della medicina, ai maestri di saggezza, agli uomini ed alle donne di conoscenza. Ad essi spettava il compito di guarire l'animo delle persone, oltre che il corpo e la mente. Nelle tradizioni taoista, greca, ayurvedica, tibetana, la legge del tutto veniva chiamata: Dharma, Logos, Tao. Queste leggi di natura regolano le nostre cellule, il metabolismo del nostro corpo, così come il ritmi più sacri della vita e della morte.



Antidepressivi:
Si tratta di farmaci altamente tossici, dei quali è largamente ignoto il meccanismo d’azione e che vengono spesso utilizzati sulla base di ipotesi non provate.
[..]
Gli psicofarmaci non hanno la possibilità di risolvere problemi, ma regolarmente li aggravano e ne introducono di nuovi, tra cui appunto impoverimento spirituale e dipendenza. Se un tempo non lontano erano solo gli psichiatri (ma non tutti) che promuovevano cure farmacologiche per la mente (fa parte della cosiddetta gestione terapeutica psichiatrica, quello di convincere la persona ad assumere farmaci affermando che otterrà dei risultati certi), mentre i medici di famiglia erano sostanzialmente contrari, oggigiorno la maggior parte di questi ultimi, spesso in buona fede, sono pienamente coinvolti e i farmaci che danno dipendenza sono ovviamente i più remunerativi. La dipendenza dagli psicofarmaci è del tutto simile alla dipendenza dalle droghe, con l’aggravante che i primi vengono promossi da parte di chi invece dovrebbe mettere in guardia dal loro uso, visto che l’unica conferma scientifica è relativa alla loro tossicità e pericolosità, il resto sono solo congetture mai confermate.


NOTE
(1) Beyond Belief  - Tamasin Knight  2009

lunedì 24 ottobre 2011

La famiglia e il modello medico

Ci è sempre stato detto che il modello medico della malattia mentale è positivo specialmente per la famiglia. I familiari di un 'paziente psichiatrico' si sentiranno sollevati da ogni responsabilità in quanto la colpa è da attribuire esclusivamente alla malattia, pertanto il paziente in primo luogo non è responsabile del suo stato, né lo sono in alcun modo i suoi familiari.
Non è una questione di colpa, né di una decisione intenzionale, o deliberata del paziente. Il suo comportamento dipende da qualcosa che sfugge al loro controllo. Chi può biasimare una persona che è in gran parte vittima di forze al di la del suo controllo?
Questo modello ha dato speranza alle famiglie. Una speranza basata sulla fiducia nell'efficacia del trattamento, della gestione dei sintomi in modo da non stravolgere l'integrità familiare. Così il compito della famiglia si è ridotto ad aiutare il proprio congiunto ad accettare la sua condizione di malato e assicurarsi che segua con devozione la terapia prescritta, sicuri di ridurre al minimo gli effetti disastrosi della malattia e conseguenti problemi familiari.
Non è affatto raro che i familiari vengono anche istruiti in modo da medicalizzare di nascosto mescolando sostanze nei cibi qualora il proprio congiunto si rifiuti di assumere farmaci di un certo tipo.Cosi sono preparate e spesso ben liete di spedire il familiare verso il ricovero coatto qualore ce ne fosse bisogno.

Se osserviamo la realtà, purtroppo per molte persone le cose vanno assai diversamente. La 'cura' non è stata all'altezza delle aspettative, fino a diventare peggiore della malattia stessa. Per molti, la ricerca del 'giusto' farmaco diventa una vita segnata da una qualità sempre più ridotta man mano che passa il tempo. Tutto questo peggiora ulteriormente l'ambiente familiare minacciando la vita quotidiana e le relazioni.
Alle famiglie viene detto che quasi tutti i problemi sono una conseguenza della supposta malattia mentale, compresi gravi problemi di intolleranza ai farmaci. L'effetto è che mentre i pazienti non possono essere biasimati per la loro condizione patologica, vengono spesso incolpati di non sottostare adeguatamente al protocollo medico.
L'amore verso il congiunto, diventa così un potere da esercitare con la convinzione di sapere con certezza di cosa egli ha bisogno. Questa 'certezza' non nasce spontaneamente dall'osservazione, in gran parte proviene dai medici di cui la famiglia si fida in modo acritico, dalla cultura medica che per tutta la vita ha inculcato in  noi il  concetto che le medicine vanno prese perché fanno guarire.
Se ho la febbre prendo un'aspirina e mi passa, allo stesso modo prendo psicofarmaci e tutto passa.

La famiglia tenderà a vedere i conflitti come ulteriore prova di malattia mentale, incoraggiata a spingere ancora di più sul modello medico con il risultato di ritrovarsi lacerata. Nessuna famiglia può sopravvivere a lungo quando ad un suo membro gli viene detto che non può prendere decisioni in modo autonomo. E' ovvio che una persona ad un certo punto si sente tradita.
Accettare questa definizione significa non solo cambiare ciò che io penso di me stesso (inadeguatezza, fragilità, inaffidabilità ecc) ma anche ciò che gli altri pensano di me, con pesanti ripercussioni nella sfera lavorativa, relazionale e affettiva.
Non sorprende quindi che molte persone sono riluttanti ad esporre pubblicamente il proprio problema . Questo non significa che non necessitino di aiuto, piuttosto non vogliono peggiorare una situazione già di per sé pesante.

All'inizio la famiglia è mossa da sentimenti di amore e compassione, ma questi sentimenti andranno sempre più a deteriorarsi. Vivere con qualcuno che ha problemi mentali è un trauma per tutta la famiglia nella sua interezza, tutti vengono danneggiati in un modo o in un altro e il modello medico aiuta spesso soltanto ad aggravare i conflitti esistenti se non aggiungerne di nuovi.
E' davvero triste sentire storie di recupero, di persone liberate nonostante la contrarietà della famiglia e non viceversa per il suo appoggio come invece dovrebbe essere.
Se le famiglie veramente appoggiassero il desiderio di recupero del loro congiunto, considerandolo come qualcosa di più di una etichetta psichiatrica, se capissero l'assurdità di un atteggiamento acritico di conformità sulle cure psichiatriche nonostante i fallimenti, allora forse il recupero diventerebbe un'opzione possibile per più persone.

Inspiration: Hopeworks community

giovedì 20 ottobre 2011

Farmacrazia

In un articolo pubblicato da medicitalia.it si legge di un rapporto di uno studio che stabilisce al 38% l'incidenza dei disturbi mentali nella popolazione europea: + 40% dal 2005. “Ci stimo avvicinando a grandi passi verso una medicalizzazione totale”, afferma lo psichiatra americano Allen Frances.

Attualmente circa la metà della popolazione da 6 anni in su, risulta affetta da una malattia cronica che dovrà essere curata con farmaci specifici vita natural durante. Una persona su due sono già un mercato molto allettante ma evidentemente non basta ancora. Il nuovo manuale diagnostico in lavorazione, il DSM V aggiunge altre nuove patologie psichiatriche per allargare ulteriormente il mercato. Tuttavia emergono molte critiche, specialmente da quei medici che si stanno accorgendo come le prescrizioni di psicofarmaci siano ormai diventando una norma, ancor prima di indagare (non senza fatica) su possibili cause organiche , condizione di salute generale, intossicazione ecc.
Meglio quindi liquidare subito il paziente, dopo 15 minuti , mezz'ora di colloquio con la sua brava ricetta in mano.

Questa pratica degrada sia il medico, che si vede ridotto a pusher autorizzato e ancora di più il paziente al quale viene fornita senza tanti preamboli una prospettiva di sofferenza senza fine. Certo, gli viene detto che curandosi riuscirà a stare bene anche a lungo se segue scrupolosamente le istruzioni. Egli osserva dall'esterno i suoi pazienti ed ha già stabilito il suo criterio di salute mentale: i suoi pazienti stanno bene se non hanno crisi. Non importa se sviluppano altre patologie in seguito alle cure, se hanno ulteriori problemi fisici, se aumentano di peso in modo abnorme, se perdono la vitalità . la concentrazione , la memoria , il desiderio e la sensibilità verso le emozioni. Quello che conta è la vittoria sui singoli sintomi della malattia , del marchio indelebile di cui il paziente è portatore cronico.

Un'amica mi raccontò cosa gli disse il suo psichiatra, quando gli fece una domanda sul farmaco che prendeva, se poteva avere effetti spiacevoli sui suoi reni già malandati. Gli disse semplicemente : “Ti preoccupano più i tuoi reni o la follia?” U altro più cauto avrebbe risposto come ci si aspetterebbe, cioè consigliare un farmaco più tollerato dai reni.
“Meglio sovrappeso e diabetici che psicotici!”, questo è il ragionamento che normalmente fanno.
Perché in fondo sanno che questi rimedi non sono proprio caramelle, ma davanti alla prospettiva della follia diventa tutto lecito, anche rinnegare il proprio giuramento “Primo non nuocere”.
E comunque sempre meglio la contenzione, il TSO e le iniezioni forzate rispetto al rogo, la deportazione , il coma insulinico e la lobotomia del passato. Si può dire di essere in un certo senso fortunati, come pazienti/utenti psichiatrici a vivere in questa epoca.
Pure molti medici cosiddetti olistici, davanti alla malattia mentale si tirano indietro, consigliano il parere di uno psichiatra con la scusa: “Esistono malattie che richiedono inevitabilmente psicofarmaci”.
Il movimento dei sopravvissuti/utenti psichiatrici è anch'esso diviso tra chi proclama la necessità dei farmaci e chi li evita e sconsiglia.

A questo punto ai pazienti non rimane altro che subire , oppure diventare esperti loro stessi della propria salute mentale, studiare le caratteristiche dei farmaci e eventuali rimedi alternativi, leggendo esperienze di altri nelle stesse condizioni che ne sono usciti ecc.. in altre parole : “Dovete capire da voi se i farmaci sono parte della soluzione o piuttosto parte del problema” come diceva Judi Chamberlin.
In base a questo decidere cosa è meglio per noi: accettare di intossicarci a vita, consci delle difficoltà oppure scegliere la via della libertà, consapevoli delle enormi capacità di guarigione del nostro corpo. Una via anch'essa non certo priva di ostacoli ma possibile.
In gran parte questa consapevolezza viene negata dalla diagnosi in poi, le persone accettano loro malgrado questa pesante sentenza, rincuorate dalla certezza di avere a che fare con una subdola malattia 'curabile' proprio come il diabete.

Ci sono innumerevoli cause organiche nelle quali sono state individuate relazioni con sintomi mentali, ma queste relazioni non vengono quasi mai prese in seria considerazione.
In caso di psicosi, la cosa più urgente da fare è somministrare veleni tossici per attutire i sintomi, segnando già chimicamente i malcapitati/e per il resto della loro vita.
Se si ha fortuna e se la terapia ha un termine, può darsi che l'episodio non si ripresenti in futuro, però gran parte delle persone restano intrappolate a vita in questa morsa.
Più andiamo avanti con l'assunzione di queste sostanze, più difficile sarà la loro dismissione fino a diventare praticamente impossibile liberarsene. Anche per questo motivo molti scelgono di rimanere sui loro farmaci pur consapevoli dei danni fisici e psichici che inevitabilmente subiscono.

A chi mi chiede perché mi accanisco sempre contro i farmaci rispondo che:
intanto ciascuno dovrebbe essere libero di scegliere cosa è meglio per sé, che questo ci viene negato dalla coercizione e dal lavaggio del cervello che ci fanno per convincerci della bontà delle loro cure.
Allo stesso tempo ci nascondono astutamente possibili rimedi alternativi per ragioni di convenienza pratica, marketing e ignoranza. Quei rimedi adottati da tutte quelle persone che hanno sperimentato e stanno sperimentando la remissione dalla malattia mentale senza usare droghe di sintesi.
Libertà non significa far finta di non avere un problema, ignorare i sintomi, soffrire gratuitamente per gusto sadico. Significa piuttosto libertà di conoscenza , di scelta ragionata e consapevole.
In definitiva si tratta di scegliere tra la violenza e la compassione verso noi stessi. La scelta farmacologica è un atto di violenza verso il nostro corpo per stare bene, quando si può stare bene lo stesso  senza bisogno di avvelenarci. Questo lo sanno gli animali allo stato libero, lo sapevano gli umani da millenni ma noi a quanto pare siamo così evoluti che ce ne siamo dimenticati.

venerdì 7 ottobre 2011

L'importanza della nutrizione


L'alimentazione è un pilastro fondamentale nel recupero dalla malattia mentale. Noi assimiliamo così le materie prime di cui sono fatte le sostanze necessarie al cervello e tramite l'alimentazione possiamo controllarle. La maggior parte le esperienze di  ex-utenti psichiatrici , sopravvissuti , esperienze di dismissione farmaci ecc. hanno in comune l'attenzione verso ciò che entra nel nostro corpo attraverso il cibo.
Purtroppo normalmente gli psichiatri ignorano il fatto che uno squilibrio chimico del cervello può dipendere da uno squilibrio , una intossicazione di tutto il corpo.
Gli unici accertamenti che vengono fatti, se proprio sono scrupolosi, servono solo a escludere i droghe o abuso di alcool e simili intossicazioni.
Difficilmente si informano sulla dieta dei loro pazienti , su eventuali problemi di intolleranza o malassorbimento. Posso capire che questo richiede tempo e risorse ma secondo loro probabilmente non sono da prendere in considerazione come concause importanti della presunta malattia.
Eppure è un concetto molto facile da capire, talmente banale da venire quasi completamente ignorato dalla categoria nella pratica comune.

Allen Darman scrive:
Depressione, ansia, disturbo di panico, disturbo ossessivo compulsivo, ADHD, disturbo bipolare, disturbo schizo-affettivo, schizofrenia sono tutte malattie che ovviamente colpiscono il cervello. In effetti, questo è il motivo per cui queste malattie sono attualmente considerate di natura psichiatrica. Tuttavia, alcune persone (inclusi un cero numero di medici alternativi) attualmente si rendono conto che queste "malattie mentali" riguardano anche la ghiandola tiroidea, la ghiandola surrenale, il pancreas (per quanto riguarda sia la sua produzione di insulina e le funzioni di produzione di enzimi digestivi), il fegato , ed ogni altro organo e cellula del corpo umano in una certa misura. Queste persone si rendono conto che la malattia mentale è sempre una malattia del corpo intero, non è mai soltanto di natura mentale.
Molte persone sembrano esitare anche nel tentativo di acquisire una conoscenza utile del proprio corpo. Essi erroneamente suppongono che il loro corpo è troppo complesso per poterlo fare. Spesso sono convinti che avrebbero bisogno di andare a scuola di medicina e di diventare medici per essere in grado di curare gravi malattie mentali in sé stessi. Questo non è assolutamente il caso.
In realtà non è poi così difficile; basta acquisire una conoscenza pratica del proprio corpo, al fine di recuperare la salute, e comprendere qual'è la nostra "salute mentale"

Come si fa allora per capire se la nostra alimentazione non è corretta?
Oltre le comuni sostanze di abuso, ci sono alimenti il cui uso è stato messo in relazione alle malattie mentali. Tra questi figurano lo zucchero raffinato, il latte, il glutine, il caffè, i dolci etc.
La cosa più immediata e ovvia da fare potrebbe quindi essere quella di provare a togliere dalla nostra dieta queste sostanze, o a limitarle molto, una alla volta e vedere come ci si sente.
Purtroppo però non è cosa semplice da mantenere. Siamo spesso così legati ai nostri vizi che preferiamo soffrire piuttosto che privarci del piacere spesso illusorio che ci danno.
Ma se siamo veramente preoccupati della nostra salute, se ad esempio scopriamo di avere un cancro, solitamente è facile smettere di fumare. Allora perché per il dolore ancora più intenso, nel dolore mentale , per la depressione, le psicosi infernali non dovremmo fare una simile scelta?
Credo che sia semplicemente perché non ci crediamo. Ci rifiutiamo di credere che il nostro malessere possa dipendere da questo, mentre nel caso del cancro risulta molto più evidente la correlazione col fumo.
A mio parere la migliore terapia di attacco è una dieta vegana crudista, che già esclude molte sostanze potenzialmente nocive e da il giusto apporto di vitamine , sali minerali e proteine.
Può essere molto utile seguire forum dedicati e leggere le esperienze di chi ha fatto questa scelta ed eventualmente farsi consigliare.
Io non non fatto (ancora) questa scelta che in fondo è piuttosto importante e impegnativa, perché è stato sufficiente per me limitare e abbandonare sostanze potenzialmente dannose. Però è una cosa che vorrei provare per il mio benessere fisico, tenendo presente che non è separato dal mio benessere mentale.

Un'attenzione particolare va data al nostro sistema digestivo. Chiediamoci se il nostro intestino funziona bene oppure no. Gonfiori, alito pesante, stipsi, diarrea, irregolarità quanto sono frequenti?
Io sono stato molto irregolare in passato, infatti questo mi ha portato non pochi problemi fisici tra cui le emorroidi. Ripensandoci adesso però i periodo in cui stavo meglio erano quelli in cui riuscivo a mantenere la mia regolarità. Da un paio di anni ho scoperto il mio lassativo ideale (Acido ascorbico) e da allora il mio intestino si è miracolosamente normalizzato.

Darman scrive ancora:

Se il nostro tratto gastrointestinale (intestino) è troppo intossicato da Candida o altri agenti patogeni, o il nostro intestino non funziona perfettamente in modo tale che gli alimenti che mangiamo non vengono digeriti e assorbiti correttamente ... allora prima o poi potrebbero diventare causa di squilibrio chimico.
Per quanto riguarda i nutrienti, è abbastanza logico che sono alla base alla base dello squilibrio chimico che equivale a "malattia mentale".
Questo perché le sostanze nutritive essenziali sono quelle con cui tutti i nostri neurotrasmettitori, ormoni ed enzimi sono realizzati. Quindi se ci mancano dei nutrienti essenziali, ci mancherà quello che questi nutrienti costruiscono nel nostro cervello e nel corpo alle migliori condizioni.
Quindi qualsiasi problema relativo alla ingestione, digestione, o assorbimento di una quantità adeguata di nutrienti essenziali alla fin e risulta un fattore di "malattia mentale". Questa semplice logica sembra ovvia a molte persone. Purtroppo, questa semplice logica è totalmente ignorata dalla psichiatria.

Oggi abbiamo dimenticato che n fondo siamo ciò che mangiamo e tanti medici di famiglia ormai sono diventati molto avari nel dispensare i buoni consigli alimentari che davano una volta.