Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

mercoledì 8 febbraio 2017

Soteria in Ungheria

E mentre qui da noi migliaia di persone pendono letteralmente dalle labbra dei vari esimii Prof. delle scuole ortodosse di psichiatria, comprese associazioni che sulla carta dovrebbero almeno essere dalla parte dei 'pazienti', da altre parti del mondo c'è chi si impegna a far funzionare qualcosa di nettamente diverso, sicuramente migliore e infinitamente meno traumatico dell'approccio ufficiale per affrontare i problemi di tipo mentale. 
Questi 'ragazzi' si sono guardati intorno chiedendosi se si poteva fare diversamente, magari dopo avere sperimentato da parte di alcuni di loro cosa significa essere trattati per problemi mentali oggi dalle istituzioni preposte. 
Si sono informati tramite internet e sono venuti a conoscenza di metodi già sperimentati con successo nel mondo. Uno di questi , forse il primo che è stato ideato è il progetto Soteria. Rimando al mio articolo precedente per conoscere più informazioni al riguardo, qui mi preme invece mostrare come questa idea è stata ripresa per venire applicata con successo in un altro paese da delle persone comuni che hanno creduto nell'efficacia del metodo. Purtroppo come già era successo a Mosher, lo psichiatra inventore di Soteria, i soldi delle sovvenzioni finiscono inesorabilmente e i contributi statali continuano invece a foraggiare l'industria farmaceutica e tutti i vari addetti professionisti della salute mentale. Un costo che per la collettività risulterà più oneroso della soluzione più semplice ideata da Mosher. 

Sono stato un poco ingiusto all'inizio; in realtà qui da noi, terra dei vari Basaglia, Antonucci, Fava ecc. gente di levatura non indifferente, esiste qualcuno che ha provato ad andare contro corrente ma sempre tra i professionisti. Mi riferisco allo psichiatra pugliese Mariano Lo Iacono che ha sviluppato un metodo chiamato "metodo alla salute" che pare abbia risultati eccellenti senza usare quei veleni chimici chiamati psicofarmaci. 
Quello che voglio dire, è che niente è mai venuto fuori dagli utenti, da quelli che dovrebbero avere maggiore voce in capitolo. Non sto parlando qui dei gruppi antipsichiatrici organizzati, né di quelli dei sopravvissuti. Parlo di persone comuni come quegli ungheresi che si sono costruiti il loro 'ricovero' perché erano probabilmente stanchi di subire le umiliazioni e le prepotenze dalle istituzioni. 

Durante la mia frequentazione in passato di gruppi virtuali per utenti psichiatrici e poi come organizzatore di gruppi di utenti si è prospettata più volte questa necessità da parte di alcuni. Ma con grande rammarico ho potuto appurare che il problema più grande, il maggiore ostacolo non sono le istituzioni ma noi stessi, la nostra divisione interna tra i 'ribelli' e gli utenti 'soddisfatti' del loro trattamento perché gli è stato fatto un tale lavaggio del cervello che considerano giusto e sacrosanto essere trattati da sub-umani. Questi purtroppo sono la maggioranza, come la maggioranza delle persone comuni è convinta della bontà e la correttezza dell'operato della psichiatria... finché qualcosa non gli accade personalmente. 

Ecco qui cosa hanno combinato i colleghi Ungheresi. Spero che possa essere di ispirazione per qualcuno che abbia voglia di riproporre qualcosa del genere anche qui da noi. A questo proposito io sono disponibile per aiutare (tranne economicamente :-) chi abbia il desiderio di realizzare una cosa del genere.


Un reparto chiuso visto da dentro



Shelter Soteria

La natura innovativa di questo programma sta nel dare l'idea che la vita potrebbe essere migliore se ci trattiamo l'un l'altro in un modo migliore.

L'obiettivo del Programma Shelter Soteria è quello di mantenere una casa temporanea in cui le persone in stati estremi possono vivere indisturbati, con la possibilità di smaltire la loro crisi senza farmaci. Il nostro programma è unico in Ungheria non è né un ospedale, né un istituto medico, ma una casa amorevole e amichevole. Il nostro obiettivo è quello di offrire un'alternativa al sistema di assistenza psichiatrica statale, fornendo riparo fisico ed emotivo per coloro che sono alle prese con una crisi esistenziale.

Ho scoperto che la malattia mentale è una cattiva metafora: o abbiamo una malattia del cervello o abbiamo problemi nella vita. Tutte le varie diagnosi nel DSM cercano di descrivere modi in cui reagire ai nostri traumi. Ma ognuno è immensamente diverso e unico, quindi non c'è alcuna utilità nel diagnosticare qualcuno - è dannoso, alienante, traumatizzante e degradante. Mi sono reso conto che non c'è 'noi e loro', c'è solo 'noi', in modo che nessuno deve guardare dall'alto in basso qualcuno. E se non sappiamo cosa fare è meglio non fare nulla.

Informazioni sul programma Shelter Soteria 

Consideriamo la crisi come una condizione da cui non bisogna fuggire ma piuttosto come una possibilità di rinascita: un cambiamento straziante e ineludibile. Noi crediamo che se non facciamo nulla di male, nella crisi non c'è solo pericolo, ma un'opportunità. Coloro che hanno perso il contatto con la realtà di consenso - a coloro che soffrono di dolore, paura e disperazione, degli orrori e la stanchezza dei propri traumi - viene offerta la possibilità di vivere e riposare in un luogo sicuro con il proprio ritmo, con autonomia, senza pressione o coercizione.

I residenti sono assistiti e aiutati dai volontari, dal capo della casa di accoglienza e dai supervisori. Noi non "trattiamo" qualcuno o costringiamo nessuno a fare nulla. Stiamo insieme, al fine di aiutare le persone in crisi attraverso la nostra presenza. Il nostro motto è etico: ". Può succedere anche a te" Questo cambiamento di aspetto pone il nostro pensiero in una nuova luce: se dovessimo finire nei guai? Come ci sentiremmo? Chi o che cosa sarebbe un bene per noi? Alcuni volontari già hanno avuto a che fare con problemi di salute mentale in passato e potrebbero averne in futuro. Come chiunque altro, perché siamo esseri umani.
Il metodo Soteria è stato testato in conformitā delle norme e dei principi di severi esami clinici ( Mosher, Menn, Matthews, 1975 ; Mosher, Menn, 1978 ; paglia, 1982 ; Kiesler, 1982 ; Mosher, Vallone, 1992 ; Ciompi, Dauwalder , Maier, Aebi, Trütsch, Kupper, Rutishauser 1992 ; Mosher, Vallone, Menn, 1995 ; Mosher 1996 ; Mosher 1999 ; Mosher 2001 ; Bola, Mosher 2002 ; Bola, Mosher 2003 ; Ciompi, Hoffmann 2004 , Calton, Ferriter, Huband e Spandler 2008 , etc.) e si è rivelato essere più economico e più efficace del trattamento tradizionale psichiatrico. E per coronare il tutto, è più umano.
[...]
Dopo la raccolta di fondi per il primo anno, all'inizio del 2012 abbiamo trovato una casa con i giusti parametri in una zona periferica nei pressi di Budapest. The Shelter ( ' Menedék ' come lo chiamiamo in ungherese) era una casa temporanea per un massimo di cinque persone contemporaneamente. Ogni residente aveva la propria camera, e c'era una grande sala per la vita comunitaria. Durante il periodo di due anni, che è stata aperta ha fornito rifugio a un totale di nove persone. Ci sono stati i residenti che hanno vissuto nel rifugio per due settimane, e altri che hanno soggiornato per un anno e mezzo. Il modello di business è il seguente: tutti i residenti hanno dovuto pagare un canone mensile di noleggio, precedentemente concordato che potrebbe essere una quantità molto piccola, a seconda delle circostanze. Anche l'importo massimo era di circa un terzo del prezzo effettivo di mercato di affittare una stanza. Il cibo e le altre spese sono state finanziate dal programma.

Durante il periodo di funzionamento abbiamo avuto circa 25 volontari attivi. Abbiamo avuto incontri settimanali presso la casa con tutti i residenti e i volontari. Gli incontri sono stati condotti dal capo casa e i verbali sono stati inviati alla nostra mailing list, a disposizione di tutti nella nostra comunità.
Quando qualcuno era in crisi, abbiamo organizzato una presenza di 24 ore alla Camera. Abbiamo organizzato escursioni, feste per Natale e Capodanno, grigliate, vendite, laboratori artigianali, feste di compleanno, ecc. E'stata ' una comunità vivente' per definizione. Noi, i volontari, abbiamo dovuto imparare che non siamo li per servire, né per dettare; non siamo né inferiori né superiori. Siamo nella casa solo per essere presenti. Essere là. Essere disponibili. La mentalità più desiderabile è stata quella di nessun desiderio: abbiamo fatto uno sforzo cosciente di "non volere" qualcosa dai nostri residenti - nemmeno per loro per farli stare meglio. L'obiettivo era quello di fornire un ambiente completamente privo di tutte le richieste esterne .

Il successo è stato che i residenti potevano vivere per la prima volta liberi dallo stigma delle malattie psichiatriche. I volontari li hanno trattati come persone, in modo da poter togliere le maschere della malattia.

Il programma Soteria Shelter è un'iniziativa civile senza alcun finanziamento governativo. Essa intende essere autosufficiente, in modo tale da mantenere se stessa con il sostegno di organizzazioni non governative con quote di partecipazione, come avviene da programmi simili in tutto il mondo. Nel progetto noi siamo coinvolti come volontari. Anche se tutti noi siamo uniti alla comunità e trascorriamo del tempo con le persone che sono nel bisogno, abbiamo anche a che fare con la raccolta di fondi e la comunicazione. Abbiamo organizzato e co-organizziamo eventi diversi, seminari, workshop e conferenze, e siamo sempre alla ricerca di borse di studio per il progetto.
[...]
Fino a quando siamo in grado di aprire una nuova casa, ci sono in corso servizi mobili gratuiti per le persone o le famiglie in crisi. Questo è il cosiddetto "Minishelter" ( "Minimenedék"), istituito nel 2015. I volontari visitano le persone nelle loro case. Se qualcuno ha paura o non vuole essere solo, offriamo la nostra assistenza per la persona che ha bisogno, una o due volte alla settimana; regolarmente o occasionalmente. I volontari di Minishelter partecipano a conversazioni preparatorie e gruppi, e sono monitorati una volta ogni due settimane da un professionista. 

Fonte: madinamerica.com

lunedì 6 febbraio 2017

Soteria: una valida alternativa alla psichiatria



Anche tra gli psichiatri esistono delle 'mosche bianche', uomini che hanno capito il danno che infliggono se seguono il paradigma corrente sul corretto 'trattamento' dei cosiddetti malati di mente a base di sostanze tossiche chiamate in modo improprio 'medicinali'.  Uno di questi è stato lo psichiatra Loren Mosher (1933-2004). Famosa è la sua lettera di dimissioni dall'APA (Associazione degli psichiatri americana) in cui si rammaricava della brutta china che aveva preso la psichiatria, collusa e in combutta con le aziende farmaceutiche. 
Uomini di tale levatura morale ne esistono sempre meno oggi, specialmente chi ha scelto una professione che ha una certa responsabilità e un impatto non indifferente sulla vita delle persone. 
Mosher organizzò un sistema di cura rivoluzionario per le persone in crisi emotiva, basato unicamente sull'accoglienza, il rispetto e il dialogo in luoghi diametralmente opposti agli ospedali che al contrario opprimono e violentano le persone ivi ricoverate anche con la forza. 
Erano normali case abitative plurifamiliari chiamate Soteria, dove non vi lavoravano  'addetti' professionisti della salute mentale, psichiatri, psicologi e infermieri  ma solo persone 'esperte loro malgrado' per via del loro vissuto di ex utenti della salute mentale. Gli 'utenti' venivano accolti come in un una sorta di nuova famiglia e cosa fondamentale non si davano psicofarmaci, solo in casi di reale necessità (es. per  evitare crisi di astinenza). 
Per farla breve, Mosher ottenne in tal modo, come d'altronde era prevedibile,  un risultato assai migliore di quello dei ricoveri tradizionali, con un numero ridotto di 'recidivi' e soprattutto una spesa molto più contenuta, basti pensare che per esempio per l'ultimo mio ricovero lo stato avrebbe risparmiato il 50% mandandomi a soggiornare in un resort a 4 stelle!

Tali risultati positivi  stavano mettendo in pericolo soprattutto il commercio dei miracolosi farmaci psichiatrici, tanto che alla fine trovarono il modo di bloccargli i finanziamenti, con conseguente chiusura delle case.   
Questo articolo è tratto da un sito che promuove l'idea di Mosher e che sta avendo repliche in più parti del mondo. 
 Grazie a queste e altre idee alternative, auspico che si arrivi presto ad una trasformazione radicale del 'trattamento' dei cosiddetti malati di mente e che l'attuale paradigma faccia la fine che merita: riposto definitivamente tra gli orrori della storia.  

Un reparto chiuso  visto da fuori


Due punti di vista alternativi: psicofarmaci e crisi


I. Uso di psicofarmaci:

I materiali presenti su questo sito chiariscono alcuni dei nostri punti di vista sull'uso eccessivo e improprio dei farmaci psicotropi, in particolare i cosiddetti "neurolettici" o "anti-psicotici". Questi farmaci, anche i nuovi cosiddetti "atipici", hanno gravi effetti collaterali e tossicità associati al loro uso. Alcuni dei loro effetti tossici rendono in pericolo di vita (sindrome neurolettica maligna), mentre altri, come la discinesia tardiva e la demenza tardiva di solito sono esteticamente deturpanti, irreversibili e danno luogo ad una grave diminuzione del funzionamento complessivo. Numerose altre forme di tossicità, sia fisiche che cognitive, sono associate al loro uso a breve e lungo termine. Quindi, se possibile, sembra prudente evitare o minimizzare (a breve termine, a basso dosaggio) il loro uso.

Dall'esperienza  accumulata con i recenti antidepressivi (il Prozac è il più conosciuto, ma ce ne sono un certo numero di altri) sono emersi alcuni fatti importanti:

Sono solo un po 'più efficaci del placebo ("pillole di zucchero").
Provocano, in una certa percentuale di casi, una forma molto inquietante di agitazione chiamata "acatisia", che può sfociare in comportamenti violenti (suicidalità o omicidialità), soprattutto se associati ad un altro dei loro effetti, "disinibizione", o indifferenza emotiva.
Questi farmaci possono anche causare psicosi e / o manie abbastanza gravi da provocare l'ospedalizzazione psichiatrica.
Sono tutti associati ai problemi di sospensione (vedi sotto) che sono molto più comuni e gravi di quanto non sia generalmente riconosciuto.
Così, le grandi aspettative iniziali su questi "meravigliosi" anti-depressivi (come ampiamente annunciato dai loro creatori) sono esagerate. Questi problemi con gli anti-depressivi dovrebbero essere presi nel contesto del fatto che ci sono numerosi studi che indicano che diversi tipi di psicoterapia sono, più efficaci, e con un minor numero di recidive.

Purtroppo, molti psichiatri ritengono che i farmaci sono l'unica reale terapia per le "maggiori malattie mentali" e che hanno migliorato i risultati a lungo termine dei pazienti trattati con loro. Molti studi dimostrano invece che queste due convinzioni sono davvero miti. In effetti, gli esiti a lungo termine, sociali, professionali e i sintomi di persone etichettate come aventi "schizofrenia" sono probabilmente peggiori di prima dell'avvento dei  farmaci anti-psicotici. Tuttavia, poiché non rientra nel sistema di credenze attualmente di moda,  a questa ricerca è dato poco credito ed è scoraggiata dalle fonti di finanziamento e dagli editori di giornali. Inoltre, il 70-80% delle persone che assumono farmaci anti-depressivi riportano di stare vivendo una vita insoddisfacente. Il tasso dei suicidi non è diminuito dopo l'avvento di questi farmaci (anzi è aumentato ndt).

Inoltre, è oggi pratica comune (e, a mio parere, discutibile) dare a molti pazienti un "cocktail" di una combinazione di diversi tipi di farmaci per cercare di trattare i vari tipi di sintomi che un singolo paziente può presentare indipendente dal suo problema reale. Quindi, in psichiatra tendono a "coprire tutte le basi" con i loro regimi di farmaci. Questa pratica non è mai stata sottoposta a studi clinici e non esiste alcuna  prova scientifica che i cocktail di farmaci producono risultati migliori nel trattamento dei sintomi psicotici. Ogni farmaco aggiuntivo ha una propria serie di effetti avversi, tossicità e interazioni con altri farmaci che provocano il ricorso ad un numero sempre maggiore di farmaci con tutti i possibili problemi correlati.

Oltre ai loro effetti indesiderati a breve e a lungo termine,  tutti i farmaci psichiatrici hanno reazioni da sospensione a causa dei cambiamenti che provocano nel cervello. Queste reazioni variano come  tempo di insorgenza, gravità e tipo di sintomi riscontrati. C'è anche grande variabilità inter-individuale, secondo quando e come viene vissuto il ritiro. Come regola, più a lungo un farmaco è stata preso e maggiore è la dose più gravi sarà la reazione  da sospensione.

Non bisogna sospendere il farmaco/i improvvisamente o ridurre la dose in fretta, perché questo di solito aumenta la probabilità di sviluppare gravi reazioni da sospensione. La riduzione della dose e la sospensione dovrebbe sempre essere fatte lentamente, mentre si è in contatto con un medico premuroso e competente, non necessariamente uno psichiatra. Si deve essere consapevoli che è generalmente considerato abusivo per un medico fare prescrizioni (questo include anche un piano di sospensione) per i pazienti che non sono di sua 'competenza'. Quindi, siccome io non sono il vostro medico non sono in grado di dare consigli specifici su cosa fare   se si vuole dismettere i farmaci  o vi viene chiesto di prendere in considerazione questa eventualità.

Io consiglio di trovare un medico che vi piace, di fiducia e con cui si possa formare una relazione collaborativa per discutere le vostre preoccupazioni e desideri. E' responsabilità del medico  fornire le informazioni necessarie per prendere una decisione informata ed essere molto attenti alle informazioni derivanti dalle case farmaceutiche, in particolare sul loro ultimo prodotto "innovativo".

Un elenco abbastanza completo di reazioni da sospensione potenziale da neurolettici, così come un programma di ritiro prudente da realizzare in collaborazione con il medico, sono discussi in "Il tuo farmaco può essere il tuo problema: come e perché smettere di prendere psicofarmaci," di Peter Breggin e David Cohen (Perseo Libri, 2000).

Il mio pensiero sugli psicofarmaci (in particolare i cosiddetti "anti-psicotici") è che dovrebbero essere evitati, se possibile. Il mio approccio vuol essere il primo a sviluppare i rapporti con le persone interessate e stabilire un sicuro e protettivo contesto sociale, preferibilmente in un residence. Poi vorrei adottare un approccio terapeutico edificante  con la famiglia se possibile - sulla base di sviluppare una comprensione comune, e trovare significato nelle varie situazioni. Questo è facile da dire ma difficile da fare nel contesto di gestione delle cure, e i professionisti della salute mentale spesso mancano di formazione di base e capacità di ascolto.

Inoltre, la mancanza di squadre mobili non coercitive per le crisi, le comunità prive di sicuri posti residenziali (come Soteria House) e reti di sostegno coinvolte - ognuna delle quali può sdrammatizzare una crisi - rende il processo ancora più difficile. Se per qualche ragione gli psicofarmaci sono necessari e concordati da tutte le parti, vi consiglio di iniziare con il dosaggio più basso possibile e usare il farmaco meno tossico per il più breve periodo di tempo necessario per affrontare uno specifico comportamento.

La ragione più comune che ho trovato necessaria per usare farmaci è stato quando non è stato possibile mettere insieme personale a sufficienza per garantire la sicurezza di tutti. Purtroppo, le mie opinioni non sono ampiamente condivise dai miei colleghi psichiatri o le società farmaceutiche.
Vi è un ampio dibattito sul perché i farmaci dovrebbero essere evitati, se possibile, e come dovrebbero essere dati in caso di necessità nel capitolo 5 di "la dipendenza da farmaci psicotropi è davvero necessaria?" di Mosher e Burti in " la salute mentale: Una Guida Pratica" NY. Norton, 1994.



II. Affrontare le crisi senza medicalizzare

Ricordate, quanto segue sono generiche linee guida cliniche su cosa fare in caso di gravi personali / familiari crisi emotive (comunque definite). Non posso prescrivere cosa fare perché non sono né il vostro medico né conosco  voi, le risorse e le opzioni disponibili nella propria zona. Inoltre, tali piani dovrebbero essere sviluppati in collaborazione con tutti i soggetti coinvolti. La prescrizione, per definizione, non è solitamente un processo di collaborazione. Ci sono alcuni principi generici che potrebbero essere utili nel processo decisionale:

1. Cercate di rimanere in un ambiente i più possibile normale - quello che comprende i vostri rapporti consueti - a casa, a casa di un amico, o in un ambiente residenziale che vi ospita, anche se composto da badanti a pagamento. Cercare di coinvolgere le risorse naturali come la famiglia, gli amici, i chierici ecc per aiutare, fornendo supporto, comprensione e consigli di buon senso nel contesto delle loro relazioni con le persone coinvolte.

Se l'intervento professionale è necessario  dovrebbero venire loro nel posto dove ci si trova. Se possibile non coinvolgere psichiatri o  professionisti della salute mentale, in quanto sono con più probabilità portati ad affrontare la situazione da una prospettiva medica.

Le crisi emotive / psicologiche possono lasciare molto perplessi, spaventati e angosciati. Ma il non provare, a tutti i costi, ad evitare la medicalizzazione di qualsiasi "problema" è altrettanto brutto. Ricordate che le crisi non mettono in pericolo di vita i pazienti - la gente di solito non muore a causa di questo.

Se la violenza fa parte della crisi, di solito può essere gestita con la sola forza del numero di persone presenti. Inoltre, anche se non si può sapere esattamente cosa fare - non lasciate che i professionisti della salute mentale tolgano la capacità di controllare la propria vita con l'uso della coercizione. L'uso della coercizione di solito significa che i professionisti non vogliono prendere il tempo per capire il problema e il suo contesto. Poi forniscono un pseudosoluzione con l'uso della forza che produce gravi conseguenze a lungo termine: l'istituzionalizzazione, l' etichettatura, la discriminazione e l'emarginazione.

Una volta che qualcuno è stato diagnosticato, sarà impossibile rimuovere la diagnosi dalla sua cartella clinica, a prescindere dalla fretta con cui è stato applicata, o indipendentemente dal fatto che la diagnosi può essere anche lontanamente considerata "corretta".


Quindi direi di cercare di stare lontano dal pronto soccorso e gli ospedali, verificare che il problema non abbia una causa fisica. Dovrebbe essere possibile determinare questo da una chiamata al medico di assistenza primaria.

Organizzarsi bene, con la famiglia assertiva e una rete di supporto in grado di controllare il coinvolgimento professionale - sia nei tempi e nella quantità - se rimane nel proprio contesto residenziale. Questo dovrebbe essere l'obiettivo.

2. La maggior parte delle crisi nascono in famiglia e nel suo contesto storico. Quindi, il focus dell'intervento relazionale dovrebbe essere orientato verso la famiglia.

Detto ciò, diventa molto difficile decidere chi, ammesso che qualcuno debba prendere psicofarmaci. Non mi opporrei personalmente se un farmaco sedativo venisse dato a tutti coloro che sono stati privati ​​del sonno a causa della crisi. Il farmaco di scelta per tali situazioni è Benadryl, disponibile senza prescrizione medica. Altri sedativi dovrebbero essere prescritti dal medico. I sedativi (tranquillanti minori ndt) hanno dimostrato di essere più utili dei farmaci anti-psicotici nella de-escalation da gravi crisi ("psicotiche") e hanno meno  effetti negativi a breve termine.

Il ripristino del ciclo sonno-veglia e il "chiarimento del tempo" (con il passare del tempo un punto di vista molto più chiaro spesso emerge e quello che sembrava essere un problema molto difficile, è suscettibile di auto-guarigione o non così difficile dopo tutto). Si tratta di due concetti clinici importanti che sono troppo spesso trascurati. Purtroppo, la psichiatria e gli ospedali sono sotto troppa pressione economica per consentire di operare sfruttando  il potenziale curativo naturale del tempo. Queste pressioni non sono presenti se il "trattamento" si svolge in una residenza con un sacco di persone interessate e coinvolte presenti.

3. Nel contesto di un rapporto gli interventi dovrebbero concentrarsi sugli eventi della vita che sono temporalmente legati all'inizio della crisi - per esempio la perdita di un lavoro, la rottura di un rapporto, una morte, il fallimento a scuola, uscire di casa, ecc, ecc

Ogni situazione è unica quindi non c'è una sola risposta a cosa è andato storto e come potrebbe essere meglio gestito. Tuttavia, è bene ricordare che più le persone  vengono trattate normalmente e più normalmente si comporteranno. Inoltre, le crisi offrono opportunità di crescita e cambiamento in una direzione positiva e di solito sono auto-limitanti, se non vengono trattatate in modo da impedire la loro risoluzione.

Un'obiezione importante sull'uso di farmaci anti-psicotici in situazioni di crisi acuta è che  sono così potenti soppressori del sistema nervoso centrale che possono anche avere l'effetto di impedire la risoluzione delle crisi. Essi sono abbastanza potenti per interrompere un processo psicologico, che se supportato e capito, si risolverebbe nel contesto di una relazione.

Potrebbe non essere facile  seguire i principi generali sopra delineati. Devono essere considerate come linee guida probabilmente suscettibili di compromessi. Ma ricordate - è la vostra (o di una persona cara) vita psicologica - che ha bisogno di un approccio molto premuroso, attento, senza fretta ed empatico.

Occorre stare in guardia contro l'accettazione acritica di autorità - soprattutto dalla medicina - anche quando si è nervosi, perplessi e la situazione sembra caotica e fuori controllo. La capacità della psichiatria nel fornire risposte non nocive alle gravi crisi psicologiche non è mai stata ammirevole. Le conseguenze negative dell' istituzionalizzazione - ovvero la sua risposta consueta - sono state dettagliate altrove.

Fonte: Soteria Associates
Loren R. Mosher MD-Psichiatra, Direttore

Il Dr. Mosher è morto il 10 luglio 2004.

giovedì 2 febbraio 2017

L'eccezione che conferma la regola


Passando casualmente su di un forum tematico sul cosiddetto 'disturbo bipolare', mi sono soffermato su una frase piuttosto consueta per gli 'psichiatrizzati' soddisfatti della loro 'cura' chimica. Era una donna che chiamerò Emma, che rispondendo ad una domanda di un'altro partecipante, preoccupato per dover assumere benzodiazepine, diceva come sua madre ultra 90 enne aveva da 50 anni sempre preso questa roba, anche i barbiturici quando ancora le benzo non erano state inventate ed era (a suo dire) in perfetta salute fisica e mentale. 

Quindi non bisogna preoccuparsi, giusto? 

Si infatti quanti di noi hanno saputo, o anche hanno avuto il nonno fumatore accanito che è campato in 'perfetta salute' fino a 90 anni e passa ? 
Penso che ciascuno di noi scavando nella memoria possa tirare fuori un'eccezione che conferma la regola per qualunque tipo di eccesso: la prima persona ad esempio che mi viene in mente subito è il mio ex suocero che per tutta la sua vita ha bevuto almeno un litro di vino a pasto; 84 anni sempre vivo e vegeto anche se non tanto in forma..
Tempo fa vidi un film in cui il protagonista si faceva di eroina un giorno alla settimana regolarmente senza mai cadere nella dipendenza come le altre persone rovinate da questa sostanza micidiale. 
Abbiamo davanti agli occhi persone che sembrano immuni a qualunque cosa, sembra che niente li possa toccare. Ma quello che io chiedo: sono questi casi eccezionali o sono la regola? 

Quello che manca all'equazione è un metro di paragone. Quanti psichiatrizzati sotto terapia farmacologica sono completamente 'immuni' come la mamma di Emma? 
Se la maggior parte delle persone che prendono benzodiazepine non hanno alcun problema, ricevono solo benefici allora si possono anche trascurare i pochissimi che ne vengono gravemente danneggiati, d'altra parte è normale che vi sia qualcuno più sensibile di altri per queste cose. 
Ci sono anche bambini danneggiati dai vaccini, forse uno su centomila o uno su diecimila chissà. Questo fatto non implica affermare che i vaccini sono dannosi comunque. Il ragionamento non fa una piega. 

Quindi perché preoccuparsi degli psicofarmaci?

Lasciamo un momento perdere in questa sede tutti i possibili danni evidenti, sia fisici che cognitivi, gli effetti da dismissione, l'inferno che raccontano i sopravvissuti di avere subito per dismettere queste sostanze, per il quale rimando il lettore al mio articolo specifico del mese scorso. Qui si parla solo di problemi che portano a morte prematura.
Non ricordo dove ma sembra di aver letto da qualche parte che ad esempio i morti dovuti alla banalissima aspirina superino quelli dell'eroina! 
Questo perché su, ipotizziamo, un miliardo di consumatori una piccolissima percentuale di effetti avversi fatali o morte dovuta a overdosaggio diventa un numero comunque importante . Allo stesso modo si legge che i morti da benzo superano anch'essi quelli di tutte le droghe illegali messi insieme. 
Un milione di morti all'anno più o meno, che vengono stimati, dovuti a cause iatrogene (cioè effetti avversi) degli psicofarmaci o conseguenze della loro assunzione, dunque dovrebbero valere il beneficio ottenuto dalle nonne 91enni come la madre di Emma, che non ha trovato altro modo migliore e più sano in vita sua per gestire  la sua ansia o insonnia o qualunque altro simile problema ? 

Non serve una laurea in medicina per capire che qui c'è qualcosa che non quadra.

Mi si potrebbe obbiettare che i dati che ho qui fornito non hanno alcuna corrispondenza con la realtà. E infatti non è facile sapere quante persone vengono danneggiate fino alla morte perché nessuno si è mai preso la briga di fare uno studio serio e accurato in proposito. Forse non è nemmeno possibile farlo per tutta una serie di ragioni. Si possono solo fare delle stime basate su i feedback che vengono riportati dagli utenti agli organi ufficiali, meglio se indipendenti come ad esempio rxisk.org e siti simili. Il conto diventa una semplice operazione matematica. Si sanno gli introiti, per cui sappiamo quante persone prendono queste schifezze. Sappiamo da un campione di persone mettiamo di 10 mila l'incidenza in percentuale degli effetti avversi e che tipo di effetti ci sono. 

Precisiamo che qui non intendo solo la morte come diretta conseguenza dell'assunzione di farmaci, bensì anche quella prevista mediamente 25 anni prima della media dopo anni di 'cura', dovuta a conseguenze indirette, esempio essere sovrappeso, danni al sistema cardiovascolare ecc ecc. 
Se su 10 mila viene riportato un'incidenza di morte o gravi danni fisici di 10 persone (stima molto ottimistica per cause dirette e indirette) risulta l'uno per mille, che moltiplicato per 100 milioni fa centomila. 
Io ho stimato 100 milioni di consumatori di psicofarmaci nel mondo. Ma chi ci dice non siano di più? E' davvero così inverosimile la stima che ho letto di un milione di morti ammazzati dalle droghe psichiatriche in un anno?
In altre parole, è giusto accettare che ogni anno un milione di persone muoiono mentre altrimenti sarebbero sopravvissute se gli psicofarmaci non fossero mai stati inventati?

Dunque ripeto la mia domanda: davanti a tale ecatombe vale il beneficio della nonna novantenne? 

Allora quante vite si sarebbero risparmiate se le automobili non fossero mai state inventate?
Occorre accettare che  le automobili producono incidenti (o meglio chi le guida) in una certa percentuale perché non è facile oggi farne a meno. Degli psicofarmaci al contrario, si può fare  a meno eccome. 



Ma, allora, tutti i morti di cancro a causa del tabacco e quelli da incidenti, demenza o cirrosi epatica a causa dell'alcool? Li avremmo risparmiati senza queste sostanze. Dovremmo bandire alcool e tabacco. 
In effetti bisognerebbe bandire alcool e tabacco così come vengono bandite tutte le altre droghe ricreative. Il problema è che Bacco e tabacco piacciono, fanno divertire e svagare, hanno un loro grande business, e fondamentalmente non vengono prescritti dai medici! 
La gente li assume volontariamente e generalmente sapendo a cosa possono andare incontro, basta guardare come si ingegnano a dissuadere i fumatori con immagini shock sui pacchetti di sigarette. 
Le droghe 'ricreative' poi danno tutte più o meno evidenti effetti piacevoli, chiedete agli eroinomani cosa hanno provato le prime volte: è amore assoluto. 
Le droghe psichiatriche , a parte forse gli stimolanti non vanno tanto bene per 'sballarsi', e comunque vengono prescritte da medici e fatte passare come sostanze relativamente innocue, proprio aspettandosi di avere come pazienti tutte persone come la nonna 90 enne immune, felice e contenta di drogarsi a vita con psicofarmaci. 

D'accordo, ma l'obiezione che a questo punto viene fatta è se queste persone 'sono' malate di una malattia mentale, sarebbero comunque morte di questo male, forse in numero molto maggiore di questo milione che muore ogni anno per causa diretta o indiretta degli psicofarmaci. 
Intanto resta ancora da dimostrare che queste 'terribili malattie mentali' in effetti esistono come entità distinte. Inoltre nessuno ha mai dimostrato che si possa morire direttamente a causa di ansia, depressione, psicosi o qualsivoglia sintomo psichiatrico 'non trattato'. 
Si muore nella maggior parte dei casi come conseguenza del trattamento psichiatrico  o della negligenza nell'assistere le persone in difficoltà. Tanto per gradire, da studi fatti pare che il rischio di morte per suicidio sale di 18 volte per quelli appena dimessi da un ricovero ospedaliero in psichiatria, ove sappiamo bene che il trattamento standard è a base di massicce esposizioni alle loro amate tossine farmacologiche. 
Peter Gøtzsche, psichiatra, stimato ricercatore indipendente , dopo tutti i suoi studi e osservazioni ha concluso che tutto sommato sarebbe stato molto meglio per il modo se in primo luogo gli psicofarmaci non fossero mai stati inventati. 

Insomma, non ci dovrebbe essere il bisogno di drogare le persone a vita, per farle stare meglio dato che ci sono una miriade di sistemi efficaci che purtroppo hanno solo il piccolo difetto di richiedere un certo impegno. rispetto alla semplicità disarmante di buttare giù una pillola.
E poi, nonostante queste fantastiche pillole le persone stanno sempre peggio, la malattia mentale è sempre più fiorente. Questa semplice osservazione dovrebbe bastare ad istillare almeno un piccolo sospetto che ci sia qualcosa che non va. 

Quindi è con tutto il cuore che mi viene da rispondere a Emma nel modo seguente: 

"Hai tutto il diritto di sottoporti volontariamente e consapevolmente alle pratiche e ad accettare l'ideologia psichiatria, ma è irresponsabile incoraggiare gli altri a fare lo stesso quando non si ha chiaramente alcuna comprensione dei pericoli che possono potenzialmente distruggere la vita delle persone".

Pace e bene.