Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

martedì 29 novembre 2011

Luoghi comuni in psichiatria - I

Inizia qui un lunga serie di scritti  dove esporrò vari luoghi comuni e dogmi della psichiatria cercando di esaminarli uno per uno. Via via che mi verranno in mente  scriverò gli articoli, cercando di usare un linguaggio comprensibile. Se userò termini tecnici, saranno linkati  per maggiore chiarezza.  

1 :  La malattia mentale dipende da uno squilibrio chimico nel cervello

Ad oggi non ci sono conferme di questo, anche se la psichiatria organicista fonda tutto il suo operato su questo dogma, spacciato per vero. Quello che si è visto è che la chimica del cervello cambia in relazione agli stati d'animo, e questo è abbastanza plausibile. Gli stessi squilibri chimici però, sono comuni anche a persone ritenute sane di mente in determinate situazioni. E' noto inoltre, che qualunque sostanza psicotropa agisce modificando la chimica del cervello. Prima degli psicofarmaci, la malattia mentale raramente veniva considerata una situazione stabile (1). Se si trattasse di uno squilibrio chimico permanente, allora sarebbe relativamente semplice determinare lo stato di malattia tramite delle analisi, come si fa per esempio per il diabete. Ma simili test ancora non esistono, nonostante più di un secolo di studi. Anche l'analisi di migliaia di autopsie, non ha rilevato la benché minima prova dell'esistenza di uno squilibrio chimico o anomalie fisiche nel cervello dei malati mentali. Eppure gli psichiatri sono convinti che si tratti di una malattia organica, di origine genetica e presto si troveranno le prove. 
Dopo tutti questi anni, stiamo ancora aspettando delle risposte che molto probabilmente non si troveranno mai, prigionieri di una mentalità ottusa. L'ottusità che è diventata il fondamento della psichiatria, con la complicità della medicina: trattare il disagio emotivo al pari di una malattia organica, la quale, di fatto non esisterebbe. Si tenta perciò di curare qualcosa che non rientra nei canoni di una normalità per giunta assai sfumata.
  
Wakefield (2007) della World Psychiatric Association ammette che non esiste un test di laboratorio o indicatori fisiologici per i disturbi mentali [..]
Si chiede se una "condizione problematica mentale" non sia "semplicemente una forma di normale, anche se indesiderabile e doloroso del funzionamento umano" piuttosto che un disturbo psichiatrico. Egli dice ancora: "La credibilità e anche la coerenza della psichiatria come disciplina medica dipende dall'esistenza di una risposta convincente a questa domanda" (2)

La condizione vitale dipende da un insieme di fattori ben più complesso di quelli di una malattia organica. Se proprio vogliamo fare un paragone 'organico', il cancro è la malattia che si presta meglio alla ipotesi genetica e multifattoriale. Ci sono pure drammatiche analogie riguardo ai trattamenti: come la malattia mentale, anche il cancro è in costante aumento, e la sua recidività non lascia scampo a lungo termine. E inoltre noto che le principali terapie per il cancro possono indurre la malattia che tentano di curare. 
Verrebbe quasi da pensare che il corpo, quando non ha una manifestazione fisica di uno squilibrio, quest'ultimo può sfociare in un disturbo mentale. Ci si chiede infatti spesso perché i cosi detti malati mentali soffrano generalmente di meno per altre malattie fisiche quando non sono dovute alla cura stessa della malattia mentale. 
La depressione viene descritta spesso come 'cancro dell'anima', direi che è una definizione che ha un senso. Quindi, se fosse lecito considerare il cancro come conseguenza di uno squilibrio chimico del corpo, viene naturale pensare la stessa cosa riguardo alle malattie mentali. Posso comprendere che uno stato mentale può essere conseguente ad uno squilibrio di tutto il corpo, non solo dell'organo cervello. 
C'è chi mette in relazione i disturbi mentali con l'intestino, altri con il fegato, altri ancora con l'apparato surrenale o tiroideo. Esistono studi che collegano situazioni organiche con la malattia mentale, come esistono molte malattie organiche in grado di avere conseguenze sulla psiche. Ma tutto questo viene sistematicamente ignorato dagli psichiatri, i quali potrebbero indagare più a fondo con scrupolo sulla storia organica dei loro pazienti anziché fornire subito le loro pillole magiche dopo mezz'ora di colloquio se va bene.

Io ho avuto la fortuna di rivolgermi subito ad un bravo neurologo anziché a uno psichiatra, penso che questo mi abbia salvato da un calvario farmacologico che oggi sta sotto gli occhi di chiunque abbia voglia di approfondire le numerose storie di altri. Questo specialista di vasta esperienza individuò subito il problema, sottoponendomi ad esami per confermare l'assenza di una condizione organica. Dopo questi accertamenti, mi prescrisse il farmaco di elezione specifico per la mia condizione. Farmaco che ho assunto per il tempo sufficiente a ristabilirmi, nonostante fosse indicato per una cura protratta a vita. Ma io non lo sapevo, ancora non esisteva internet e l'accesso a questo tipo di informazioni, solo qualche libro che ho letto successivamente. Così nell'ignoranza quasi totale ho fatto di testa mia cercando le risposte dentro di me. 
Questo mi ha reso stabile per lunghissimo tempo, permettendomi di vivere una vita normale, dignitosa senza limitazione alcuna delle mie capacità, una vita insomma pari alla mia condizione precedente all'insorgere della prima crisi in cui mi riconoscevo 'sano'. Diversamente, se fossi andato da uno psichiatra, secondo le condizioni in cui ero, mi avrebbe forse imbottito di neurolettici o di antidepressivi iniziando così un processo degenerativo che mi avrebbe quasi sicuramente impedito di sposarmi, avere figli, comperare una casa e mantenermi stabilmente un lavoro. 

Ognuno ha la sua storia e capisco molto bene quelli che vengono privati di una vita dignitosa dalla loro condizione mentale, prima di approdare ad una cura efficace. Quando poi affermano di essere stati salvati dai farmaci risulta spesso che hanno trovato il modo di gestire i loro problemi per altre vie, cambiando radicalmente il proprio stile di vita. 
Senza negare a priori un eventuale contributo iniziale di farmaci molto mirato per simili casi, nel lungo periodo sta a noi stessi  trovare strategie efficaci per gestire al meglio questa particolarità, ed impedire così di essere sopraffatti dalla nostra mente. 

La mia diagnosi rientra in quello che veniva  una volta comunemente chiamato sindrome maniaco-depressiva, oggi disturbo bipolare.  Purtroppo oggi pur continuando ad essere in relativa minoranza i casi di "bipolarismo puro", si assiste ad una tendenza a diagnosticare il disturbo bipolare ad un numero sempre crescente di persone che non hanno le caratteristiche tipiche della cosi detta psicosi maniaco-depressiva. Ne consegue che numerosi depressi monopolari, gli individui con storie di dipendenza, i, cosiddetti borderline e altri con caratteristiche psicotiche vengono tutti riuniti nello spettro bipolare: un'etichetta che raccoglie caratteri assai diversi fra loro ma tutti accomunati nella stessa classe terapeutica. Diventa così una scommessa da jackpot azzeccare subito la giusta combinazione o il farmaco adeguato, predisponendo il paziente ad un calvario senza fine. Pochi fortunati riescono nell'intento, ma la maggioranza entra in una trappola che si stringe inesorabilmente nel lungo periodo fino a diventare soffocante. Molto più soffocante della presunta malattia da curare. 

In conclusione, la teoria delle squilibrio chimico ha un fondamento per me, solo nell'espresione biochimica di un disagio che risiede da altre parti, una manifestazione chimica locale di un problema generale che dovrebbe essere considerato invece  nella globalità olistica di corpo e mente. Aggredire il cervello per sopprimere i sintomi, senza guardare ad altro è diventato la norma nella psichiatria al primo intervento. Solo successivamente, semmai, si può procedere con terapie 'olistiche' integrative (le uniche potenzialmente risolutive) ma sempre come 'supporto' alle loro droghe che andranno necessariamente mantenute.
In questo modo le persone dovranno lottare due volte: per una malattia che comunque è diventata cronica, e per contrastare i numerosi problemi fisici e psichici dovuti proprio alla terapia, spesso a confondere sintomi con effetti indesiderati.
Se comunque la si veda, bisogna lottare, allora non sarebbe meglio lottare per un solo problema?

Note

(1)  Fonte: Mad In America
(2)  Citazione presente nel libro "A SENTENCE EXPLORER" di Anne-Marie Robb

mercoledì 2 novembre 2011

La medicalizzazione della personalità

Si può dire che la personalità sia una malattia?
Eppure alla fine è questo che la psichiatria pretende di curare: una personalità non conforme ad uno standard sempre più labile e sfumato.Una nuova malattia (IED) sta per essere introdotta nella categoria assai dubbia del "disturbo della personalità" che identifica tutti quegli individui con un carattere difficile: ribelli, violenti e dediti all'uso di sostanze psicotrope. Questo anche perché per esempio  c'è molta riluttanza a diagnosticare i  bambini troppo sensibili o vivaci, come bipolari o borderline (1) . E il mercato dell'infanzia deve essere esteso. La scusa è che bisogna intervenire presto con la medicalizzazione perchè altrimenti da adulti sarà molto peggio. Quindi meglio drogarli fin da piccoli con conseguenze inimmaginabili sul loro cervello in fase di sviluppo.

C'era una volta 

Tutto ciò che un tempo erano normali momenti di crisi, dovuti a cause psicologiche, ambientali o conseguenze di malattie organiche, spesso risolti tramite l'empatia, l'accoglienza e il sostegno della comunità, adesso vengono alimentati, resi cronici proprio da quelle medicine che dovrebbero curarli.
Queste non sono fantasie. Una volta la malattia mentale era generalmente guaribile. Persino la schizofrenia, mostro sacro della psichiatria, aveva una naturale percentuale di remissione del 50%.
Andava ancora meglio per il disturbo bipolare:

"Prima del 1955, il disturbo bipolare era una malattia rara. Ci sono stati negli USA solo 12.750 persone ricoverate con quel disordine nel 1955. Inoltre, c'erano solo circa 2.400 "primi ricoveri" per disturbo bipolare annualmente negli ospedali psichiatrici del paese.
I risultati erano abbastanza buoni. Il 75% per cento o giù di lì dei pazienti con primo ricovero avrebbe recuperato entro 12 mesi.
Nel lungo termine, solo circa il 15% di tutti i pazienti al primo ricovero sarebbero diventati malati cronici, e dal 70% al 85% dei pazienti avrebbero avuto risultati positivi, il che significava che lavoravano e avevano una vita sociale attiva." (2)

Infine la depressione: 
 
Prima della diffusione degli antidepressivi, i pazienti depressi regolarmente ne uscivano bene, e molti non subivano un secondo periodo di depressione maggiore. Oggi, la stragrande maggioranza dei pazienti con diagnosi di depressione maggiore e trattati con antidepressivi soffrire di ricorrenti attacchi della malattia. Ma cosa significa guardare la depressione non medicata oggi? Ha un decorso a più lungo termine rispetto a una depressione medicata? Ricercatori in Europa, Canada e Stati Uniti hanno condotto una serie di studi che aiutano a rispondere a questa domanda.
In uno studio NIMH di "depressione non trattata", il 23% dei pazienti non-medicati recupererebbe in un mese, il 67% in sei mesi, e l'85% entro un anno. Questo moderno studio ha mostrato che il consiglio dato dal NIMH alla fine del 1960 era corretto: La maggior parte delle persone colpite da un attacco di depressione maggiore, naturalmente recupera. "Se ben l'85% degli individui depressi senza trattamenti recuperano spontaneamente entro un anno, sarebbe estremamente difficile dimostrare un risultato superiore con qualsiasi intervento farmacologico". (2)

Anche un bambino capirebbe che è palese una relazione diretta tra cronicità e  cure psichiatriche, nonostante ciò, viene comunemente detto che tali malattie  tendono a peggiorare e cronicizzarsi se non vengono trattate con farmaci..
Dal momento che la personalità è cronica, è probabile che se una persona non trova il modo di correggersi tenderà sempre a cadere negli stessi schemi. Questo si chiama coazione a ripetere o tendenza karmica.
Per esempio, una personalità intelligente e sensibile, è per forza di cose soggetta a sperimentare anche momenti durissimi di crisi esistenziale in un contesto sociale alienante come il nostro. I tanti fortunati di una volta trovavano la forza di vivere grazie alle loro capacità espressive in un ambiente più favorevole ai rapporti umani e inoltre vi erano minori problemi di intossicazione ambientale e alimentare.
Oggi invece si parla di un terzo dei malati che soffrono non medicati perchè inconsapevoli o refrattari ai farmaci. Una spina nel fianco per i mancati guadagni .
Tra non molto, all'uscita del nuovo DSM V le vittime potenziali cresceranno enormemente. Infatti si stanno aggiungendo altre caratteristiche 'patologiche' della personalità, tali da includere tutte le persone indistintamente.
Ecco per concludere l'unica malattia che rimarrà esclusa da tutte le future revisioni del DSM, forse l'unica che invece ci dovrebbe stare:



  1. Psi-Personality (successivamente abbreviato in PP), ricerca sempre ambiti privati o nascosti dove agire.
  2. PP ha tendenza a nascondere le reali finalità del proprio agire.
  3. PP inganna sistematicamente, anche se non sempre consapevolmente, sugli effetti del suo agire.
  4. PP manifesta grande disagio quando deve agire pubblicamente e si serve, per questo, di persone che gli ubbidiscono in maniera acritica.
  5. PP agisce spesso in modo illogico, mai su base razionale.
  6. L'espressione di un punto di vista diverso dal suo, provoca sistematicamente in PP profonde alterazioni disforiche del tono dell'umore (s'incazza).
  7. Allorché viene messo in luce e dimostrato un suo comportamento gravemente lesivo nei confronti del prossimo, anziché riconoscere il proprio errore e fare promessa di ravvedimento o semplicemente stare in silenzio, PP prolude in una serie di affermazioni illogiche: dice di essere nel giusto, di agire razionalmente, di avere basi scientifiche, di essere una sorta di benefattore, arriva perfino ad accusare la propria vittima di ingratitudine.
  8. PP ha estremo bisogno di mezzi di potere: persone ubbidienti, una posizione che gli consente il ricatto, connivenze e/o appoggi istituzionali.
  9. Un tratto molto caratteristico di PP è quello di non agire quasi mai di propria iniziativa, ma su richiesta di persone con sindrome simile alla sua e portate ad abusare nei confronti di soggetti deboli: bambini, adolescenti, anziani, carcerati, malati.
  10. Come triste tratto finale, PP è estremamente difficile da aiutare, sia per le caratteristiche proprie della sua patologia per cui difficilmente riconoscerà tratti erronei in sé, sia perché, nei rari casi in cui PP richiede aiuto, la tendenza sarà quella di rivolgersi proprio a quelle persone che in gran maggioranza soffrono della stessa sindrome: psichiatri, psicologi, psicoanalisti.

    NOTE
    (1) Phd. Nial Mclaren
    (2) R.Whitaker - Mad in America