Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

domenica 27 luglio 2014

Suicidio Divino

Ecco una storia emblematica che rafforza quello che ho scritto tempo fa sul suicidio, cioè che spesso questo desiderio in realtà nasconde la voglia di nuova vita, di uccidere il 'vecchio sé' per ricominciare da capo. 
Chiaramente non tutti i comportamenti suicidari sono da considerarsi in questo senso, tuttavia io credo che gran parte di quelli che meditano il gesto estremo per lungo tempo appartengono a questa categoria.
Queste persone generalmente vengono aiutate? 
Hanno la fortuna di imbattersi in qualcuno che realmente riesce a capirli? 
Le statistiche ci dicono che almeno il 25% dei suicidi avviene entro il primo giorno di dimissione da un ricovero in reparto psichiatrico. Questo dimostra che il trattamento standard per le persone 'suicide' (ricovero e imbottimento chimico) in realtà non fa che rimandare il compimento del gesto estremo. 



SUICIDIO DIVINO: Rivalutazione della depressione come una chiamata verso il risveglio

di Jeff Foster, luglio 2012


"Portami a Cypress Hill. E sentiremo i morti parlare. Loro parlano lì. Chiacchierano come uccelli a Cypress Hill, ma tutti dicono una parola e quella parola è "vivere", dicono "vivere, vivere, vivere, vivere! '" E' tutto quello che hanno imparato, è l'unico consiglio che possono dare. Basta vivere. Semplice! Una semplice istruzione ... "

- da 'Orpheus Descending' , Tennessee Williams



Ho parlato di recente con una donna che stava progettando il proprio suicidio. Aveva trascorso le ultime settimane a sistemare le sue finanze, pagare i suoi debiti, e cercare di trovare dei genitori adottivi per la sua giovane figlia, che dopo il suo gesto sarebbe rimasta senza madre. Così tante persone hanno cercato di intervenire, ma il suo proposito era fermo nella sua mente. Stava sicuramente per andare a morire. L'aveva minacciato per anni, ma alla fine si stava avverando.

I suoi amici e la famiglia stavano cominciando a farsi prendere dal panico. Ho accettato di parlare con lei.

"Ecco. Ho finito qui. Il mio tempo sulla terra è finito ", mi disse, di punto in bianco, all'inizio della nostra sessione faccia a faccia. Tutto era diventato un peso per lei - il suo lavoro, le sue cosiddette amiche, le sue relazioni fallite, la sua mente brillante ma iperattiva, anche la sua amata figlia. E 'stato tutto davvero troppo. Era sopraffatta dal dolore, completamente svuotata, stanca e sfinita dal tentativo di aiutare sempre tutti, e non ottenere nulla in cambio. Era colei che ha sempre dato tutto a tutti, ma chi ha mai dato niente a lei? Dove era la gratitudine? Dove era l'amore? Anche la sua giovane figlia era semplicemente "prendere-take-prendere" - le sue richieste erano incessanti. L'unico modo per uscire da questo inferno era la morte. Il suicidio era la soluzione logica al problema della vita. La sua polizza di assicurazione sulla vita sarebbe stata generosa con la sua famiglia in lutto.

La lascio parlare e parlare. Aveva molto da dire, e io dicevo molto poco. Mi sono semplicemente messa dalla sua parte, cercavo di vedere e sentire le cose come le vedeva e le sentiva lei, e ciò mi ha permesso di sperimentare ciò che stava vivendo, consentire che la sua esperienza diventasse anche la mia, così intimamente. E' stato facile, dal momento che conoscevo bene quello stato di esaurimento totale, dove "Ho cercato così duramente di salvare gli altri e non ho ricevuto nulla in cambio", con la disperazione di morire (o almeno alla fine l'onere di vivere), e anche il senso di colpa e la terribile tristezza che nasce dall'immaginare i propri cari  che cercano di andare avanti senza di me.

Le sono stata vicino. Non ho provato a giocare al 'maestro spirituale', 'esperto di prevenzione del suicidio' o anche al 'terapeuta'. Io certamente non ho insegnato a lei la non-dualità, l'assenza del sé, la perfezione ideale di perfetta consapevolezza, o la 'non esistenza dell'Io'. Non abbiamo avuto discussioni intellettuali sull'Assoluto e il relativo, l'illusione del libero arbitrio o gli angoli più riposti dell'Unità. Non ho provato a 'fissare', a riparare, o anche 'salvare' lei. Ho semplicemente ascoltato. Volevo imparare da lei, non insegnarle o nutrire nuove convinzioni. Com'è stato, esattamente dove si trovava, in quel momento?

Mi sono unita al concetto 'le nostre vite sono estenuanti e vogliamo essere liberi da tutto'. Noi eravamo quelli esausti, quelli amati, quelli che nessuno apprezza, quelli brutti, quelli in sovrappeso, quelli sull'orlo del collasso, quelli che volevano morire. Quelli che nessuno capiva. Mi chiedo se qualcuno l'avesse mai veramente incontrata lì prima? Mi chiedevo se qualcuno le avesse parlato nel corso degli anni del suo desiderio di morire - terapeuti, amici, famiglia - avevano appena cercato di salvarla, per ripararla, per convincerla a rimanere in vita e vivere nella vecchia maniera, piuttosto che venirle incontro nel suo dolore e disperazione e convalidare la sua esperienza del momento attuale. Qualcuno l'aveva mai veramente incontrata? E se fossero stati cacciati via dalla sua autocommiserazione e rabbia, o forse proprio dal disagio e i desideri frustrati per aiutare?

Abbiamo parlato per circa tre ore. Più parlavamo, più semplicemente mi trovavo nei suoi panni: ascoltare e vedere le cose dal suo punto di vista, stare con lei senza cercare di correggerla o considerarla sbagliata o corretta, più si rilassava e più si apriva sui suoi veri desideri e sogni nascosti. 
Quello che è diventato chiaro era questo: Segretamente, non voleva morire. Sapeva, in fondo, che chi ha veramente da dire - la coscienza stessa - non può morire. Sapeva che solo il falso sé può morire. Solo l'immagine di sé stessa può morire. Solo i sogni possono morire.

Quello che veramente desiderava non era la morte fisica, nè la morte del corpo, nè la fine del respiro, o la cessazione del battito cardiaco, ma la morte del falso sé, la morte della pretesa, la morte della falsità e della inautenticità. Il suo limitato 'sé' che stava fingendo di essere - la regina del settore immobiliare, la donatrice altruista, colei 'in sintonia' con gli altri, la brillante,  "mente a 16 brani" come diceva lei - era assolutamente falso. La sua vita come stava vivendo la stava soffocando, e fino a questo punto, aveva visto solo la morte, case-famiglia, polizze vita, e fuga psicologica, come  soluzioni.

Divenne presto chiaro che questa donna, anche se 'moriva' dal di fuori, aveva una ricca vita interiore, creativa, alla quale semplicemente non era mai stato dato espressione. Al suo interno, era così viva, così aperta alla vita, così sensibile a tutto quello che stava intorno a lei, così "grandangolare", come diceva lei, così "collegata a tutto e tutti". Era una forza della natura, uno spirito libero e selvaggio che si era totalmente auto limitata nel corso degli anni, fino a costringersi ad 'adattarsi' a qualche idea di seconda mano di ciò che è normale,  corretto, suo, oppure vero. Aveva vissuto "la vita sbagliata", per così dire, una vita morta e fonoassorbente, una vita di soldi, numeri e prevedibilità, e fu schiacciante questa esplorazione interiore, questo avventura, il poeta, il visionario, il veggente, questo ricercatore spirituale, il grande cuore pellegrino che lei era.

Il sé limitato desiderava  morire, e il "Grande Sé", come diceva lei, desiderava liberarsi. E anche se questa non è la mia lingua (io raramente parlo di grande Sé o essere allineati con l'universo), sapevo che con il suo incontro, dovevo entrare nel suo mondo, nel suo linguaggio, e rimanere lì, e non indietreggiare  un momento.

Quanto più si sentiva ascoltata e compresa, senza alcun giudizio, più si rilassava, e più lei cominciava a parlare apertamente del suo desiderio segreto di viaggiare, di esplorare, di cavalcare verso l'ignoto senza una mappa. Ha parlato con crescente passione di quelle volte in passato, quando si era sentita libera, viva e leggera. C'era il desiderio di tornare a quella semplicità. C'è stato un incendio in lei, una fornace ardente d'amore che era stata soffocata tutti quegli anni nei suoi tentativi di 'adattarsi'.

La sua depressione suicida era stata davvero un pretesto per la vita! Il dolore della vita asfissiante  era apparso a lei come un desiderio furioso di morte. Ma non era proprio un desiderio di morte, vero? Era il desiderio per la vita! Per più vita! Avrebbe voluto vivere, vivere veramente, non soffocare più sotto il peso della falsa immagine. Solo chi desidera vivere potrebbe sperimentare un tale travolgente bisogno di morire. Con ogni cellula del suo corpo avrebbe voluto porre fine alla finzione, la falsità ed aprirsi alla vita in tutta la sua crudezza e la bellezza - non morire,  ma vivere in modo vero.

A che cosa potrebbe assomigliare, una vita vera e senza paura? Aveva una mente brillante, e un cuore completamente aperto, ognuno dei quali era stato soffocato e sprecato nel settore immobiliare. Abbiamo iniziato a esplorare la possibilità molto realistica di vendere la sua casa e di partire verso l'ignoto con la sua amata figlia ("il mio angelo, mandato dal cielo"). Aveva sempre desiderato viaggiare in Nuova Zelanda, lavorare lì, costruire una vita lì,  vivere una vita più semplice e veritiera lì,con sua figlia arricchendosi di paesaggi e possibilità. Il suo sogno sarebbe potuto diventare realtà? Sarebbe stato possibile?


Amava la sua piccola figlia così tanto, che era chiaro quello che desiderava. Voleva che la figlia vivesse, prosperasse e imparasse la verità, questo era chiaro. Se lei avesse messo la figlia in una casa famiglia per poi uccidersi - come era stato il suo piano per anni, fino a questo momento - avrebbe limitato colei che amava più di ogni altra cosa. Avrebbe insegnato qualcosa di falso. Avrebbe insegnato chiusura verso le possibilità piuttosto che l'apertura. Avrebbe insegnato la morte, non la vita. Non avrebbe insegnato la verità profonda di sé stessa.
Il suicidio sarebbe stato un falso insegnamento, un modo falso di vivere e non vivere, e lei lo sapeva nel profondo del suo essere.

Senza uccidere sé stessa, lasciando il corpo vivo, smettendo di fingere di essere quello che non era,  lasciare questo lavoro e questa vita che schiacciava il suo spirito, partire verso l'ignoto, e aprirsi ai misteri dell'universo,  potrà finalmente diventare la madre (e la sorella,  figlia, amica, amante) che ha sempre desiderato di essere. Non desiderare più liberarsi da ogni responsabilita' ma al contrario sentirsi  totalmente, completamente, incredibilmente responsabile nel pieno senso della parola e in grado di rispondere in modo autentico alla vita, a se stessa, a sua figlia. In grado di rispondere ad una chiamata che stava negando per così tanto tempo.


La vita non sarà messa a tacere. Il desiderio di morte, la certezza del suicidio, era davvero la vita che gridava  un'ultima volta. "VIVI! VIVI! "
Avrebbe ascoltato il suo grido, ormai, al punto in cui tutto era quasi perso?

Improvvisamente, tutto è diventato chiaro. Non c'era più alcuna scelta. Sapeva cosa fare. Sapeva ciò che la vita le stava dicendo. Lo aveva sempre saputo. Sì, stava per uccidersi ... ma non nel modo in cui la mente aveva immaginato. Stava per uccidere il suo vecchio Io, il suo sé limitato, il suo falso sé. Questo è stato il vero e proprio suicidio! il richiamo della vita! Stava per interrompere una vita che era diventata priva di senso, vuota, e soprattutto ingiusta per lei e i suoi cari - una vita che l'aveva trasformata in qualcosa che non poteva sopportare, pertanto è partita verso l'ignoto, con la sua amata figlia, i loro cuori aperti ad ogni possibilità. Questa non è stata una decisione mentale, neanche una conclusione basata sulla paura. Questo è stato l'esonero totale. Questo giaceva nella verità profonda di se stessa. Questo è stato un profondo onorare la vita. Questo era un profondo riposo.

La sua  'mente' geniale era stata solo in grado di concludere 'morte'. Pensava che ci fosse una sola scelta tra 'vita' e 'morte', e aveva scelto 'morte'. Ma che cosa sapeva? La verità del suo essere stava dicendo solo una cosa: VIVI. La mente non lo avrebbe mai capito.

Non c'era altra scelta che vivere.

** 

La mattina seguente, ho saputo che la sua avventura era già iniziata. Stava già prendendo accordi, vendere beni indesiderati, preparandosi per una nuova vita, una vita di libertà, possibilità e novità. Lei non stava più preparandosi per la morte, ma per una vita migliore. Era ancora un suicidio, ma una sorta di suicidio divino - il suicidio del falso sè. Lei, però, ha avuto così tanto da fare, tanti progetti, tanto da risolvere - tanto come prima - ma adesso non era più esaurita, non più depressa da tutto ciò, dal momento che finalmente tutto il suo 'fare' consisteva nel fare quello che più amava, e lei non si aspettava più qualcosa che gli altri gli potessero 'restituire'.

Il suo rapporto con la figlia era cambiato durante la notte. Era ormai chiaro: sua figlia non era - e non era mai stata - un "blocco" fastidioso per la sua libertà, un salasso per le sue energie, una ragione in più per il suo suicidio. Sua figlia era la sua compagna, il suo compagno di viaggio, una parte di questo suicidio divino! Sua figlia non era più un "intralcio" per vita che desiderava - era ormai parte di quella vita. Non era più "la mia vita" contro "la sua vita" - c'era semplicemente la vita. Questa vita. La nostra vita.

Non avevo insegnato niente a questa donna. Non avevo davvero 'fatto' nulla. Non ho teorie psicologiche brillanti. L'avevo semplicemente ascoltata profondamente, ricordandole ciò che aveva sempre saputo, che riflette la sua profonda verità su di sé, in modo che potesse effettivamente sentirla per una volta. Fuori dalla devastazione, dal collasso totale, alla sua verità era stato dato lo spazio per emergere.

E 'interessante che la parola "depresso" suona foneticamente come "profondo riposo". Siamo in grado di visualizzare la depressione non come una malattia mentale, ma a un livello più profondo, come un profondo (e molto frainteso) stato di riposo, che subentra quando siamo completamente esausti dal peso delle nostre (false) storie di noi stessi. Si tratta di una perdita inconsapevole di interesse - il desiderio di 'morire' verso il falso. Questo desiderio deve essere onorato, non medicato, meditato e analizzato con distacco.

E 'incredibile come si può evolvere, naturalmente quando la depressione e il desiderio di suicidio  sono veramente onorati, incontrati, abbracciati,  senza fuggire dal dolore o allontanarsi da esso. È incredibile quello che può accadere quando si ascolta attivamente una persona in un luogo amorevole di accettazione non giudicante, confidando nell'intelligenza della vita stessa, e permettere che il suicidio divino e amorevole del risveglio possa tessere la sua magia misteriosa.

 Fonte: madinamerica.com

lunedì 7 luglio 2014

Storie di recupero: può andare meglio!

Come in tutte le storie simili quel'è il terribile messaggio che viene fuori? 
Che lo stigma, e  tutto il contorno dell'attuale paradigma psichiatrico di malattia mentale - crudele - cronica - degenerativa ecc. contribuisce grazie alle loro droghe a rendere maledettamente complicato un problema altrimenti temporaneo e più facilmente risolvibile. Così complicato e deprimente che spesso porta a compiere l'azione estrema del suicidio quando vi è consapevolezza della propria misera condizione, specialmente quando ogni speranza di miglioramento viene soffocata e sepolta da un sistema spietato.

Quello che mi ha colpito in questa storia, è che la sua 'promessa' di 10 anni fa l'ho fatta anche io, ma senza scrivere una lettera. Nell'autunno  2004 ero nel mezzo del mio periodo di 'cure' prichiatriche ed avevo appena subito il secondo 'trattamento' coatto della mia vita. 
L'incubo per fortuna finì dopo l'ultima crisi del 2006 quando decisi di smettere le loro 'cure'. La 'resa dei conti' scadeva nel 2008, anno in cui cominciavo a riprendere in mano in pieno la mia salute mentale.

L'esperienza di Bertel  aggiunge una  speranza per tutti coloro che si trovano in una simile trappola. E in definitiva :


Può andare molto meglio!

Di Bertel Rüdinger



Poco più di 10 anni fa, quando avevo 29 anni e a 2 settimane di distanza dal compierne 30, ero un paziente nel sistema psichiatrico qui a Copenaghen. Io sono un farmacista e mi sono specializzato in neurochimica e psicotropi durante i miei studi.

Mentre stavo lavorando nei laboratori presso il Royal Danish School of Pharmacy ero intento a ottenere un lavoro come chimico medicinale presso Lundbeck - l'azienda farmaceutica danese che sta dietro Celexa e Lexapro, secondo loro, l'unica azienda specializzata esclusivamente nello sviluppo di farmaci per la il trattamento di disturbi neurologici e psichiatrici.

All'università ci hanno insegnato che i disturbi psichiatrici sono malattie proprio come il diabete e l'ipertensione. Ci hanno detto che tutte le 'verità' che gli psichiatri ora ammettono erano miti sui cosiddetti squilibri chimici nel cervello e una chiara componente genetica della schizofrenia e di altri disturbi psichiatrici.

Ho sentito voci da quando avevo 14 anni e ho sempre saputo che se lo avessi detto a uno psichiatra vi era un rischio significativo che sarei stato etichettato schizofrenico. Avevo mantenuto quella parte della mia vita nascosta per molti anni. Ero così abile a prescindere dal fatto che sentivo voci che potevo scherzare con i miei amici di "non finire là" quando passavamo davanti al locale reparto psichiatrico.

La vita non è senza ironia. Non sono mai arrivato al punto in cui ho potuto contribuire alla prosperità della Lundbeck in altro modo se non come un cliente alla mia farmacia locale e ce l'ho fatta a finire in quel reparto psichiatrico. La prima volta  ho 'visitato' quel reparto soggiornandovi per 8 lunghi mesi.

Nel giugno 2004 ero appena tornato a Copenaghen e vivevo con mia madre, dopo un periodo di 11 mesi in vari reparti psichiatrici in tutta la Danimarca. In quei giorni ho raramente scritto qualcosa e ho poca memoria di aver scritto una lettera per me. Eppure in qualche modo nel corso degli anni sono riuscito a tenere al sicuro la busta che avevo attentamente etichettato: "Da aprire il 19 giugno 2014 ".

Non mi ricordo di aver scritto quella lettera. Tale evento è impantanato in una nebbia indotta da neurolettici e benzodiazepine ma in qualche modo ho avuto sia la forza che l'intuizione di scrivere questa lettera per il mio futuro.

Ricordo di aver visto la busta quando mi sono trasferito in una struttura di sostegno nel 2006 e di nuovo nel 2009, quando mi sono trasferito nel mio appartamento e, infine, quando ho comprato la mia attuale casa e mi ci sono trasferito nel 2011.

Nel 2006 e nel 2009 ero ancora fortemente medicato così ho subito dimenticato la busta e nel 2011 avevo finalmente dismesso tutte le medicine, la vita era così piena di nuove impressioni, colori e conquiste che mi ero quasi dimenticato della lettera.

Mercoledì 18 giugno 2014 ho aperto la lettera. Vi era scritto una nota mal formulata dicendomi che se fossi rimasto  ancora un paziente nel sistema psichiatrico e un disabile civile non  c'era davvero alcun motivo per celebrare il mio 40° compleanno. Ho speso più di 12 anni come  paziente psichiatrico e se non avessero trovato la giusta combinazione di farmaci da allora era mia intenzione scrivere una lettera addio alla mia famiglia e prendere l'overdose di farmaci necessaria.

Nel 2004 la mia 'cura' consisteva in un mix pazzesco di Risperdal, Zeldox, Nortriptilina, Mirtazapina, Clorpromazina, Clonazepam e Movane.  Eppure, nonostante fossi così pesantemente drogato, sono stato abbastanza lucido  nella mia testa per sapere che non svegliarmi più sarebbe stato molto facile.

In precedenza, nel giugno 2004 la mia famiglia ed io avevamo avuto il primo di molti colloqui con lo psichiatra che ha sottolineato che ero malato cronico, che non avrei mai potuto lavorare di nuovo, che avrei avuto sempre bisogno di cure psichiatriche e psicofarmaci necessari e che dovevo accettare che la vita sarebbe stata molto diversa da quello che avevo sognato.

Mi ricordo che mia mamma mi disse poi di non ascoltare gli psichiatri. "I medici dicono tante cose, nessuno sa cosa porterà il futuro."

Ho ascoltato i consigli di mia madre, ma avevo preso una decisione per cui, se dieci anni non portavano ad un miglioramento sufficiente, allora avrei guadagnato il diritto di porre fine a questa miseria.

Anche se gli psichiatri sono più abili a predire il futuro di quanto non siano a scoprire la causa della 'schizofrenia', il futuro tetro che lo psichiatra aveva previsto in quel piccolo ufficio nel 2004 non si sarebbe avverato.

Nel 2007 mia mamma aveva bisogno di un sito web e anche se non ho potuto fare la programmazione,  mia mamma mi chiese di disegnarlo. Quando presentai il progetto alla la donna che alla fine lo ha programmato, mi ricordo pensai che codificare una pagina web non può essere così difficile se lei poteva farlo.

Lei non sarebbe potuto essere un genio del computer, ma eccelleva nella fatturazione e con le sue fatture mi ha mostrato un modo promettente per guadagnare qualche soldo extra. In novembre e dicembre 2007 ho iniziato a seguire tutti i corsi e-learning sulla programmazione web che potevo e nel febbraio 2008 ho frequentato un corso serale sulla programmazione HTML avanzata. Nel maggio del 2008 ho iniziato la prima delle sei settimane di corsi di web design e DTP (Desktp publishing) che hanno cambiato il mio futuro. Nel gennaio 2009 mi sono trasferito fuori della struttura  dove avevo soggiornato per quasi 3 anni.

Il 15 di marzo ho iniziato a lavorare come webmaster in una casa residenziale psichiatrica dove ho imparato a conoscere il recupero e sentito parlare di un approccio completamente diverso al disagio mentale. Il fatto che il grave disagio mentale e le esperienze traumatiche sono collegate risuonato profondamente dentro di me. Quando sono diventato parte del Hearing Voices Network in Danimarca, ho appreso del loro approccio nel trattare con le voci. Ho creato un sito web per il Hearing Voices Network in Danimarca e nell'ottobre 2009 ho partecipato alla prima Conferenza Internazionale di Hearing Voices  a Maastricht. Improvvisamente mi resi conto di quanto emotivamente insensibile i farmaci mi avevano fatto diventare quando  ho sentito Jacqui Dillon raccontare la sua storia e ho visto come ha interessato le persone intorno a me, mentre io ero più concentrato su come ottenere il mio prossimo colpo di caffeina.

Quando sono tornato da Maastricht ho iniziato il processo di sospensione graduale dei miei farmaci. Sono anche tornato con una chiara comprensione che, come un farmacista con esperienza personale di circa il 40% dei farmaci psichiatrici utilizzati in Danimarca, ho potuto giocare un ruolo  importante nell'aiutare le persone che si sentivano ostacolati dai loro farmaci psichiatrici.

Ho parlato con Jørn Eriksen, il capo della struttura in cui lavoro, per cambiare il mio lavoro da webmaster a diventare il primo farmacista clinico che lavora con gli utenti in psichiatria sociale in Europa.

Dagli ultimi quattro anni e mezzo mi batto per i diritti degli utenti psichiatrici in difficoltà per scendere i loro farmaci ed ho aiutato molte persone a trovare una nuova vita senza assumere psicotropi. Ho visto come le persone cambiano e prosperano quando dismettono i loro farmaci e li ho sostenuti nelle loro consultazioni con gli psichiatri in tutto il paese.

Dan Savage ha lanciato la campagna 'C'è di meglio'  dopo che tre adolescenti LGBT (Lesbiche , Gay, Bisessuali, Transgender ndt) si sono suicidati in tre mesi. La campagna si concentra sul portare il messaggio di speranza ai ragazzi gay aiutandoli a comprendere che la vita potrebbe essere difficile in questo momento, ma se superano l'inferno della scuola superiore, quindi quello che sembra una vita travagliata cambierà e avranno una chance per realizzare i loro sogni di una vita serena.

La campagna comprende i video dei singoli LGBT,delle celebrità gay e degli alleati che raccontano le loro storie personali e le società che promettono i diritti degli omosessuali, garantendo un ambiente equo e solidale di lavoro per persone LGBT e politici che promuovono il loro parere su come migliorare i diritti civili per la comunità LGBT.

Per molto tempo ho voluto lanciare una campagna simile per le persone sottoposte a trattamento psichiatrico. Dopo aver sperimentato il processo di 'coming out'(uscire allo scoperto ndt) come gay e lo stigma associato all' avere una etichetta psichiatrica, la mia esperienza è che il coming out come gay è facile rispetto alla lotta contro lo stigma associato con una o più diagnosi psichiatriche.

Questo sito (MIA) è ricco di storie di speranza e di recupero e diventa chiaro che coloro che vogliono recuperare dal disagio mentale devono interrompere il trattamento chimico e le loro credenze in una causa biologica.

Per coloro che leggono questo post e sono ancora in cura - credetemi, c'è di meglio - anche se al momento sembra impossibile. Anche se gli uomini e le donne onniscienti in camice bianco ti dicono diversamente. Anche se la tua famiglia ti dice che sei chimicamente squilibrato/a. Anche se stare svegli più di 6 ore al giorno  o scrivere ai vostri futuri sé richiede più energia di quello che avete - IT GETS BETTER!

Sarà sempre meglio il giorno che lascerete il sistema psichiatrico  e troverete la vostra strada - non tornando a chi eravate, ma la bella persona che siete, senza droga!

Fonte: madinamerica.com