Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

domenica 15 luglio 2018

Il rifugio degli incapaci



La presunta violenza del folle.

Questo è un'argomento spinoso, tuttavia di importanza cruciale.  E' l'elemento chiave , il deterrente principale che autorizza e giustifica l'operato coercitivo della psichiatria, che come sappiamo, non a eguali in ogni altra specialità medica. In effetti la psichiatria in questo senso non ha nulla a che fare con la medicina ne con la scienza medica, in quanto si pone esclusivamente come mezzo di controllo sociale. Si potrebbe affermare che questa presunta violenza del folle, è la scusa principe che giustifica l'uso della violenza sulle persone che vanno 'fuori di testa'. Una violenza istituzionale, fatta di privazione della libertà e assalti chimici atti ad interferire gravemente con la psiche, oltre che produrre gravi danni fisici.
Capisco benissimo come si deve sentire chiunque messo di fronte ad una persona  'fuori di testa' magari della quale già sappiamo il proprio trascorso 'psichiatrico' con precedenti TSO (ricoveri coatti) o azioni non troppo innocenti.
Qui entra in gioco la paura di ciò che per sua natura è la definizione dell'imprevedibile, della inosservanza totale di ogni regola morale , sociale, della perdita di qualunque remora o inibizione. 

Personalmente, mi sono trovato da entrambe le parti della barricata: sono stato il folle, e mi sono trovato davanti un folle in piena crisi psicotica. Quando ero io dentro la 'follia' non mi rendevo conto affatto di poter essere violento verso chi avevo di fronte a me, né mi balenava minimamente l'idea di usare violenza verso me stesso o chicchessia. Se in effetti violenza poi c'è stata era semmai per lo più di tipo verbale e comunque in risposta alle vessazioni che altri stavano compiendo contro di me. Era una diretta conseguenza di una violenza inflittami. Se nessuno si metteva a contraddirmi o impormi delle cose che dovevo fare, sarei stato estremamente tranquillo. E' veramente strano come in tali situazioni le persone ritenute 'normali' possono perdere le staffe davanti a una persona non conforme che delira per i fatti suoi. Ricordo molto chiaramente che ad esempio ad un certo punto mio fratello si avventò contro di me con una violenza mai vista prima, mi afferrò per il collo gettandomi a terra, tutto perché volevo rifiutarmi di essere trascinato in TSO, ovvero di essere 'curato'. Quindi direi semmai che il 'folle' è più propenso a subire violenza dagli altri piuttosto che il contrario. 
Ma naturalmente questo non basta. E qualunque cosa si possa dire, qualunque ipotesi si possa fare, rimane la paura dell'inconoscibile. Davanti alla follia non si può discutere.  Così non c'è bisogno, e anzi , è perfettamente inutile perdere tempo ed energie cercando di parlare con il folle cercando un punto di convergenza di opinioni, di tranquillizzare con le parole. Si arriva a situazioni paradossali dove qualunque cosa il folle dica , qualunque cosa faccia, viene sempre considerata una prova della sua presunta follia. 
Quando poi, davanti ad una situazione in cui si prefigura un imminente ricovero coatto, quando il presunto folle prova a parlare, succede spesso che si è già deciso che fine farà, in barba a qualunque legge o convenzione. Quindi sia che il malcapitato dica che accetta le 'cure' o che le rifiuti, il risultato finale non cambia: 
" Perchè mi volete portare dentro? 
Perchè non stai bene e non accetti le cure. 
Ma se accetto le cure posso restare a casa mia? 
No perché non stai bene. 
Ma se le cure mi fanno stare meglio perché non posso farle a casa mia? 
Perchè sei in pericolo e devi essere curato in ospedale. 
Ma se mi curo non sarò più in pericolo." 
E via discorrendo. 
Questo è un possibile dialogo che intercorre tra paziente e il personale addetto al trasporto in ospedale. Qui può succedere che il paziente accetta di essere portato via, magari viene vigliaccamente rassicurato che ci sarà solo una breve visita di controllo e sarà con molta probabilità rimandato subito a casa, oppure nel caso peggiore si arriva a costringere di peso la persona che rifiuta ogni ragionevole spiegazione della necessità di venire internato, violentato, traumatizzato e gravemente offeso nella propria dignità con il TSO. 

Eppure un modo diverso di agire deve esistere, nelle situazioni tipiche, oggi si potranno evitare certi drammatici momenti solo se il malcapitato è abbastanza scaltro da riuscire a viversi le proprie crisi senza clamore, senza darlo a vedere, cosa oltremodo impossibile temo, dato che un individuo difficilmente rimane solo in tali frangenti. Senza dubbio esisteranno persone talmente riservate e solitarie che la loro crisi non avrà mai modo di palesarsi al di fuori di sé stessi, delle proprie immediate vicinanze. Oggi sarebbe molto difficile ad esempio prendersi una pausa e andarsene in eremitaggio per un po di tempo, ad aspettare che la crisi passi, oppure passare 40 giorni nel deserto senza cibo come fece Gesù. 
Nonostante che io sentissi il bisogno di isolarmi, di vivere le mie esperienze di 'vetta' da solo nella tranquillità della campagna a casa mia pur essendo libero di farlo in teoria, in pratica non mi era consentito perché da solo, avrei potuto fare qualcosa di brutto, o di sconveniente. 
Non mi era consentito neanche un 'setter' un accompagnatore come si usa quando le persone assumono volutamente sostanze allucinogene, per evitare di farsi del male. Tanto meno una persona alla pari, nonostante vi sia sempre maggiore evidenza della loro utilità come persone 'informate' ed empatiche. 
Questo perché è molto più sbrigativo sedare massicciamente per far cessare il prima possibile la crisi psicotica, l'esperienza di vetta, il delirio o la crisi mistica, o qualunque altra esperienza si possa così definire fuori dell' ordinario.

Quindi oggi cosa accade? 
Per cascare sempre in piedi, si punta a bloccare con la sedazione, coatta, con l'avvelenamento massiccio a base di neurotossine, qualunque manifestazione non ordinaria, basta che sia vissuta con un disagio vero o presunto per chi la subisce e specialmente per le persone che stanno intorno al malcapitato qualora queste ultime venissero 'disturbate'. 

Come si potrebbe dunque agire in modo diverso? 
Tanto per cominciare, già evitare di traumatizzare ulteriormente, come se non bastasse l'esperienza psicotica quando può essere già abbastanza traumatica di per sé. 
Esperienze fatte di remissione spontanea delle crisi senza ricorrere a psicofarmaci, contenzione ecc. ci dimostrano che è molto meglio evitare in ogni caso il ricorso alla medicazione forzata e coatta, quindi di aggiungere altra benzina sul fuoco. L'esperienza del cosiddetto 'Open dialogue' un metodo  realizzato per la prima volta  in Finlandia ormai da decenni, dimostra che dopo la prima crisi psicotica vi può essere una remissione totale dei sintomi ben nell'80% dei casi senza assumere neurotossine o tenute al minimo possibile. 
Esperienze passate di 'santuari', rifugio per smaltimento crisi, dove le persone venivano tenute con rispetto, non giudicate, né stigmatizzate o diagnosticate, né 'trattate' chimicamente, insieme ad altre persone con esperienza vissuta, perciò pienamente consapevoli ed empatici verso i 'pazienti' con pari esperienza. 
Gente che sa soprattutto ascoltare, senza giudicare o sentenziare, né costringere.    
Anche in quel caso si è visto che le persone miglioravano senza bisogno di diventare 'frequent flyer' dei reparti chiusi. 
Oggi, grazie alle cure amorevoli e al trauma subito, abbiamo un costante rimpiazzo dei pazienti cronicizzati che passano saltuariamente del tempo nei reparti, con conseguenti costi levitati e rischi suicidio aumentato di 40 volte alla dismissione. Poi si lamentano che i pazienti aumentano, i posti letto non bastano  e il personale è sempre più risicato. Però i farmaci abbondano, specialmente l'uso dei 'depot' (iniezioni a lento rilascio) che non ha alcun senso se non quello di rendere schiavi di una sostanza neurotossica che non si desidera assumere in altro modo.   

Tornado al discorso della violenza, tema di questo articolo, come ci si può aspettare una reazione pacifica da individui così massacrati, vessati e umiliati? Vediamo se tanto per cominciare, la smettiamo di usare questa violenza sulle persone che già soffrono per ciò che provano e non capiscono o che se ne stanno beati a godersela come capitava a me. 
Cosa è anormale? 
Quando ripeti continuamente 'stai male' a qualcuno che non è mai stato così bene, ti aspetti anche che ti dia retta, che si mantenga calmo e tranquillo? 
E' anormale che un figlio arrivi a dire che non si fida più di nessuno, nemmeno dei sui genitori, quando il loro intervento produce tutto questo?

Con questo non sto minimizzando la gravità di una crisi, anche quando contiene elementi di apparente benessere come la mania o al contrario, l'inferno del delirio di persecuzione , le allucinazioni uditive angoscianti ecc. Ma se non si conosce il modo corretto di approcciarsi alla persona in crisi, si rischia di amplificare il danno e peggiorare la situazione.

Poi gli psichiatri per continuare ad arrampicarsi sugli specchi e dimostrare la loro ragione, fanno degli studi ridicoli, ad esempio: E' dimostrato che gli individui 'psicotici' che si incazzano sono maggiormente propensi ad usare violenza. Se fai arrabbiare chiunque, è probabile che usi violenza, psicotico o no. E di ragione per arrabbiarsi, tali psicotici  ne hanno a quintali, se consideriamo come vengono trattati. Quindi torniamo al discorso precedente sulla violenza che non è mai 'gratuita' o raramente è tale, ma solo una risposta ad una violenza istituzionale. 

Passiamo dall'altra parte della barricata. 
Un giorno, durante il mio ultimo impegno forzato in TSO avevo un compagno di stanza che non stava granché bene, in effetti se stava bene non sarebbe finito li dentro. Lo conoscevo da anni perché l'avevo incontrato nei precedenti ricoveri e avevamo stretto amicizia. Comunque non l'avevo mai visto in piena crisi psicotica, era irriconoscibile: faccia tirata, sguardo allucinato, stava nel corridoio in mutande urlava a delle voci immaginarie che molto probabilmente gli stavano dando fastidio. Confesso che in quel momento non mi avvicinai perché ebbi paura. Messo così in quella situazione faceva veramente paura, nonostante l'ambiente relativamente 'protetto' del reparto , gli infermieri pronti ad intervenire ecc. Questo mi fece riflettere, anche se non ero proprio in vena di riflessioni, imbottito come ero di neurolettici, ci avrei tuttavia riflettuto dopo. Pensavo a Giorgio Antonucci, un medico che affiancò Basaglia nella 'rivoluzione'  nel manicomio di Gorizia alla fine degli anni 60. Giorgio usava parlare con le persone fuori di testa. Aveva questa dote innata di calmare le persone soltanto attraverso il dialogo. Egli riteneva che la condizione della follia è innanzi tutto la mancanza di dialogo con sé stessi. 
Antonucci racconta che,  una volta arrivato al manicomio scelse subito di occuparsi delle peggiori pazienti ricoverate in condizioni disumane, legate ai letti perché ritenute estremamente pericolose. Subito le liberò dai legami, tolse ogni tipo di farmaco, e si trattenne a parlare con loro giorno e notte. Non fu una liberazione repentina, ci volle del tempo ma cosa incredibile mai nessuna paziente usò violenza contro di lui. Egli raccontava di come in tutta la sua carriera l'unica violenza l'aveva subita da un'infermiere che gli dette un pugno perché critico verso i suoi metodi. 
Un'altra volta che era medico di guardia al pronto soccorso, fu chiamato da una donna preoccupata del marito in grave crisi psicotica che l'aveva minacciata. Arrivato da lei, si mise a discutere con il marito, di argomenti pertinenti alle sue preoccupazioni fantastiche, con accenni alle tradizioni mitologiche per avvalorare e dare una spiegazione a quello che l'uomo stava provando. Riuscì a calmarlo, a tranquillizzarlo e non ci fu alcun bisogno di ricovero o tanto meno di 'trattamento'. 
Quando lui era medico di guardia nessuno in crisi psicotica veniva mai trattenuto in TSO. 
Il dott, Cestari nel video documentario sulla storia di Antonucci ha spiegato bene come quest'uomo fosse più unico che raro, una persona che aveva fatto proprio il suo pensiero: la malattia mentale non esiste. Quindi non esiste comportamento immotivato e casuale, e d egli aveva questo dono di trovare il nesso casuale o in altre parole riusciva a contestualizzare la crisi. In pratica si comportava al contrario di quello che normalmente facevano gli altri medici a cospetto della persona folle. Antonucci con molto probabilità aveva un metodo che oggi si potrebbe paragonare all'approccio dialogico, e l'ECPR , sistemi che teorizzano il modo migliore per approcciarsi alle persone in questo tipo di crisi. 

Sarebbe quindi opportuno che ogni operatore psichiatrico, medico di emergenza, esponenti delle forze dell'ordine, finanche ogni familiare della persona con simili problemi venisse formato opportunamente per sapere come relazionarsi con persone in simili situazioni.  
Purtroppo solo i medici e gli operatori se va bene hanno questo tipo di formazione, inoltre l'approccio farmacologico di per sè inficia ogni buon proposito, in quanto spesso tende ad esasperare la reazione violenta. Se una persona benché delirante rimane 'pulita' magari resta ancora qualche barlume di consapevolezza. Se la stessa persona prende sostanze psicoattive , legali o illegali, la situazione tende a diventare davvero imprevedibile. 
Basti pensare agli sparatori seriali delle scuole in America, a gente che mai si sarebbe sognata di fare ciò che ha fatto finché si sono trovati a diventare assassini spietati, fuori da ogni spiegazione razionale, perché preda degli effetti deleteri di psicofarmaci normalmente prescritti o in fase di astinenza da dismissione. 

Ed ora , la parola all'altra campana: 

...Di fronte a una crisi psicotica non sempre basta la parola...
Io credo che tutto questo buonismo, sta nella nostra paura ancestrale della pazzia!
Si rifiuta il problema in tronco, si indora la pillola, si nega tutto, perché ci si identifica.
E se dovesse capitare a me? A quel punto anche noi attiviamo quella parte psicotica che ci fa uscire fuori dalla realtà.
Ma invece la realtà esiste!
Come esiste la crisi di Astinenza.
Quando lo psicotico ha una crisi in cui le voci gli comandano di fare violenza... voi dovreste starci al posto dei loro famigliari!
O quando preso da delirio persecutorio si... vendica o si difende con violenza,  be vi invito a parlarci quando vi mette tra i persecutori!
Come il ragazzo in astinenza che arriva ad uccidere i genitori se non gli danno i soldi, non vi siete mai trovati In condizioni simili?
E quando il paziente delirante che riconosce i suoi persecutori e gli si scaglia contro?
Anche gente mai vista né conosciuta, eppure questo succede!
Si fa presto a parlare, bisogna starci!
Molte volte i genitori non chiamano il TSO e vengono con la faccia gonfia di botte!
Possiamo dire che forse bisognerebbe trovare altri metodi...
Eppure io penso che gli psicofarmaci abbiano cambiato la storia della psichiatria. Che Basaglia stesso ha detto di aver potuto aprire i manicomi proprio grazie agli psicofarmaci...
Io credo che chi parla buonisticamente è solo perché non sa la differenza tra nevrosi e psicosi, tra essere nella realtà ed essere fuori della realtà.
La differenza fra suicidio nevrotico e suicidio psicotico.
Perché bisogna anche considerare il male che uno può fare a se stesso....
Poi se il TSO è chiamato in modo inopportuno la responsabilità va a chi chiama...

Come non condividere in coscienza  parte di quello che questa persona ha scritto? 
Eppure una via di uscita ci deve essere, anzi è stato dimostrato che esiste. 
Posso anche immaginare che questa persona  si arrabbierebbe se venisse chiamata 'incapace'. Eppure questo termine, spesso usato dagli esponenti della psichiatria per indicare 'i pazienti' si adatta molto meglio a tutti quegli operatori, medici, psichiatri, familiari che non sono 'capaci' di relazionarsi correttamente con la persona in crisi emotiva.
Da cui il titolo, il rifugio degli incapaci, indica in generale la risposta violenta, oppressiva ad una manifestazione che esula dall'ordinario e che incute paura. In altri termini la chiave per approcciarsi a queste situazioni è stato dimostrato che esiste, sono stati fatti studi ed escogitate strategie di comportamento appropriate; eppure, nonostante tutti questi sforzi si preferisce il metodo più sbrigativo della forza, della coercizione, e della violenza. 
E come quando un bambino bizzoso lo si riempie di schiaffi fino a sfinirlo; sicuramente smette di fare i capricci ma quale utilità pedagogica avrà questo metodo facile e sbrigativo? Questo bambino crescerà sano e felice? 
Il fatto accertato che la violenza è diffusa in ogni aspetto della vita , dal bullismo a scuola al mobbing sul lavoro alle guerre più o meno sante, dovrebbe giustificarne l'uso in ogni dove? 
La capacità di essere non-violenti, la semplice comprensione della pari dignità di ogni essere vivente dovrebbe essere bagaglio culturale di ogni essere umano. Invece il grande bagaglio culturale che abbiamo è fatto di guerre di conquista, oppressione e violenza senza soluzione di continuità. Diceva una cara amica Buddista: ma si arriverà mai a considerare la guerra un tabù al pari della pedofilia o dell'incesto?
Se mai arriveremo ad un tale sviluppo, probabilmente non esisterà più nemmeno la psichiatria, o comunque non come la conosciamo oggi, violenta e coercitiva. 

Vorrei adesso chiarire un punto: io non voglio difendere ad ogni costo la persona fuori di testa, anche se psichiatrizzato, ovvero marchiato a vita con una diagnosi psichiatrica. Penso che l'indole di un'individuo sia suscettibile di infinite variazioni e modalità, ed è plausibile che una persona violenta per natura, abbia anche addosso una diagnosi psichiatrica. Ma ciò non significa che chiunque abbia una diagnosi psichiatrica di 'psicosi' sia 'ipso facto' violento o potenzialmente tale come vorrebbe farci credere la psichiatria. Fra l'altro gli psichiatri non si disturbano affatto di sfatare questo mito della violenza del folle quando viene ripetutamente strombazzato dai media anche se magari intimamente sanno che non è vero. Perché è statisticamente stato dimostrato che gli atti di violenza dei cosiddetti 'folli' non sono maggiori di quelli compiuti dalla gente considerata 'normale'. 
I gesti efferati che piacciono tanto ai media coinvolgono per la maggior parte delle volte delle persone già in cura per 'depressione', ciò significa la quasi certezza di trovarsi di fronte ad effetti avversi dei farmaci antidepressivi prescritti regolarmente, effetti che possono derivare dall'assunzione o anche dall'abbandono repentino (effetto rebound) di tale 'cura' psichiatrica. Senza stare a ripetermi rimando la lettura degli articoli che riguardano proprio questo tema. Una eventualità che nessun medico psichiatra prenderà mai come capo di accusa. 
Certo che la mia esperienza non farà testo, ma anche nei momenti peggiori dei miei passati stati depressivi, o in preda alla cieca rabbia furiosa nella crisi psicotica mai e poi mai mi sarei sognato o solo pensato minimamente nell'anticamera del cervello di usare violenza contro mio figlio piccolo. 
E invece si sente parlare di genitori che con una fredda e allarmante determinazione, una 'lucida follia' uccidono i propri figli, contro ogni legge morale, etica  e naturale. Questi non sono errori o drammatiche conseguenze di manie di persecuzione, allucinazioni uditive,  voci che ordinano tali atti e via dicendo. A volte sembrano atti predeterminati e calcolati. Solo una mente sotto l'effetto sconvolgente di potenti droghe capaci di annullare ogni sentimento , remora morale e inibizione di sorta può compiere tali nefandezze. Naturalmente la colpa è sempre della presunta 'malattia mentale' e mai degli psicofarmaci. 

2 commenti:

  1. Gentilisdimo, trovo il suo blog meraviglioso. Anch'io sono stata psichiatrizzata e sottoposta a TSO, e purtroppo ho anche dovuto spesso chiamare TSO per il mio ex marito e padre delle nostre due figlie, oggi di 25 e 23 anni. Sono anche una psicoterapeuta e mi sto formando all'Open Dialogue. Sono stata a Tornio ... Insomma, un blog così vorrei avere avuto il coraggio di scriverlo io. Dove vive Lei? Potremmo incontrarci? Io vivo a Milano. Complimenti ancora e grazie.

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  2. Mi contatti tramite il gadget apposito del blog. Se non lo vede provi la versione web.

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