Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

domenica 28 dicembre 2014

Che ci crediate o no

In un vecchio articolo su questo blog ho parlato di 'profezia che si auto-avvera' considerando la cosiddetta malattia mentale un costrutto teorico utile solo a favorire e perpetrare la 'credenza' generale in psichiatria che tutti i disturbi mentali sono malattie di tipo medico inguaribili ma curabili vita natural durante. 
Tracey ci parla della sua esperienza con l'impatto della malattia mentale da lei subita  per una decina di anni, con conseguente trattamento,  arrivando ad avere una improvvisa folgorazione: ovvero che queste malattie mentali in realtà non esistono ma vengono imposte affinché la vittima arrivi a credere senza ombra di dubbio di averne una. 
Quello che ne consegue è un fatto assai grave: anche se qui non si minimizza affatto la possibile gravità di certi problemi mentali, grazie alla diagnosi psichiatrica e al trattamento riusciamo a rendere perpetui questi problemi i quali per loro natura potrebbero essere invece provvisori. 
Per esempio la depressione una volta veniva considerata come un fenomeno passeggero e tramite la giusta considerazione e protezione la persona che sperimentava tale stato guariva in capo a un paio di mesi o tre, a meno che il problema non avesse precise cause organiche (es scorbuto, sifilide , encefalite o altre malattie) . Oggi però, la depressione qualunque ne sia la causa viene considerata sempre una malattia organica cronica che necessita di cure farmacologiche a vita. Tali cure come si è visto dalla revisione degli studi più recenti, lungi da guarire tale malattia a lungo termine ne peggiorano i sintomi rendendola cronica e più pesante. 
Insomma la cura diventa peggiore nel male; perciò viene spontaneo chiederci: è questa buona medicina?
Allora, conviene davvero considerare i problemi mentali come malattie?



Che ci crediate o no. . .

di Tracey Cannon

5 Settembre 2014


Mentre guidavo per andare al lavoro  questa mattina sono stata colpita da un pensiero improvviso: il problema con la malattia mentale non è che le persone ce l'hanno ma piuttosto che loro credono di averla.

Quando venni ricoverata in un ospedale psichiatrico in uno stato estremo sono stata prontamente trattenuta e drogata, mi svegliai dopo tre giorni per ritrovarmi in un altro tipo di stato che era così strano per me come se fossi stata trasformata in un alieno. Io letteralmente non mi riconoscevo allo specchio.

Mi guardavo intorno e vedevo "pazienti" che si trascinavano sbavando,  e sapevo che non ero una di loro. Eppure, entro sei mesi mi sono trovata a vivere con i miei; diagnosticata e medicata per una 'malattia mentale'. Com'è che improvvisamente ero passata dall'essere 'Tracey' a 'Tracey con una malattia mentale'? Questo è stato totalmente al di là di me, e per fortuna (proprio come per fortuna non mi comprendo pienamente fino a molti anni dopo) non  ho creduto che questo fosse davvero possibile così ho rifiutato sia la 'malattia che i farmaci', non appena mi fosse stato possibile e l 'alieno' in me non è rimasto troppo a lungo. Tuttavia, l'esperienza di essere in quegli stati estremi e il trauma di ricevere la diagnosi e il 'trattamento' è durato per molti anni a venire.

Quelli che lavorano nel campo della salute mentale sentono un sacco di storie sulle terribili statistiche e i risultati per le persone in trattamento nel sistema di salute mentale e ora sentiamo costantemente  parlare del peso della 'malattia mentale'.

Tuttavia ciò che mi ha colpito in un improvviso lampo questa mattina nella mia macchina era che il problema / onere - o qualsiasi altra cosa che vogliamo chiamarla - non è che qualcuno in realtà 'ha' una di queste 'malattie mentali'. ' Perché queste categorie fittizie di 'malattie' sono in realtà solo inventate; per lo più da persone che non hanno effettivamente sperimentato questi stati e sono, pertanto, non qualificati per discuterne - figuriamoci decidere se qualcuno si inserisce nell'una o l'altra di queste. No; il problema non è con la diagnosi o le diagnosi di queste malattie fittizie, piuttosto è che la gente realmente crede in loro.

Questo non significa licenziare le esperienze reali di una popolazione, gli stati mentali estremi e il disagio in tutte le sue forme; voci e visioni - meravigliosi, implacabili, terrificanti o travolgenti - o i pozzi apparentemente senza fondo di tristezza e dolore o uno qualsiasi degli altri stati, sconcertanti e misteriosi  della nostra psiche. Poiché tutte queste esperienze sono completamente reali per quelli che le stanno sperimentando.

Il vero problema che abbiamo nella salute mentale è che le persone che soffrono di questi stati hanno accettato e permesso che loro esperienze vengano definite, concettualizzate, diagnosticate e incorniciate da altri. Le persone hanno rinunciato al loro potere a favore di 'esperti', che prendono questo controllo - a volte su motivazioni benevole - ma sempre per ignoranza sbagliate, male informati e, al peggio, per avidità indifferente. E gli esperti sono in grado di fare questo, perché è attualmente permesso dal governo con il potere legale del trattamento obbligatorio.

Naturalmente ci sono alcune persone che, fin dall'inizio respingono chiunque altro a titolo definitivo cercando di spiegare quali sono le loro esperienze. L'ho fatto quando mi sono  svegliata in ospedale in stato confusionale indotto da farmaci. In un primo momento la mia resistenza consisteva solo in un piccolo spazio, sepolta dentro di me, chiusa in una scatola stretta e nascosta in un posto che era intoccabile da tutte le droghe e messaggi del tipo 'hai una malattia mentale'. Tuttavia, essa può e deve assumere una forza incredibile di volontà per  mantenere e nutrire questa resistenza quando si è di fronte ad una cultura ospedaliera di trattamento obbligatorio, curati con la forza, diretti al consumer marketing, le grandi imprese, le campagne anti-stigma che ci raccontano come abbiamo bisogno di 'accettare' le persone con malattie mentali, e una società che ha - nel complesso -  adottato il concetto di malattia mentale e la 'scienza' della psichiatria.

Coloro che ottengono il massimo dal sistema attuale hanno letteralmente 'comprato' le quote.  Quelli che ricevono  le 'cure' si prevede attualmente che perderanno circa 25 anni della loro vita; che tende a includere molto scarsa salute (per lo più causata dai farmaci), la povertà, la disoccupazione ed essere i destinatari di numerosi "servizi" non necessariamente voluti, consegnati da persone che possono o non possono avere alcuna comprensione ed empatia.

Non sto dicendo che il 'trattamento' per la moltitudine di angoscia e le nostre esperienze traumatche di esseri umani  è tutto cattivo. Sei anni di psicoterapia regolari (scelta e controllata da me) mi hanno aiutato a navigare tra le esperienze traumatiche passate e ottenere la convalida e la fiducia in me stessa e nel mio istinto. Tuttavia ironicamente, la maggior parte di ciò di cui non avevo bisogno per navigare, decomprimere e lavorare per diventare di nuovo completamente me stessa, era la diagnosi e il trattamento che ho ricevuto per la mia apparente malattia mentale, che mi non ha dato nulla, se non un puro trauma. 

Solo dopo questo lavoro di psicoterapia ho potuto metabolizzare tutto quello che avevo 'ricevuto', e capire le cause  fondo degli stati estremi che avevo vissuto, che come si è scoperto erano l'inizio di un percorso affascinante di rivelazione e  guarigione.

Oggi ci troviamo a vivere nel bel mezzo di un sistema di credenze ridicolo chiamato 'psichiatria', che si propone di essere scientifico  anche se non ha alcuna base su cui rivendicare questo, e che è diventato così intrecciato con il profitto e lo stato che ha ormai completamente perso ogni gentilezza, ammesso  che ne abbia mai avuta una.

Questo sistema prende la nostra esperienza umana di dolore, perdita, abuso, negligenza, genio, visione,  tristezza, ecc, e stringe tutto insieme in una sorta di salsiccia banale, che poi sforna con una diagnosi DSM, un trattamento standard associato a farmaci e ad una psicoterapia se siete fortunati. Coloro che hanno ricevuto  un tale processo, istintivamente sanno di essere uno spreco di tempo senza speranza. Non ho mai incontrato una persona che è stata diagnosticata con una malattia mentale che non crede vi sia di più per le cose che sperimentano rispetto a quello che gli viene detto di credere. Nessuno che sta attraversando una crisi estrema o cerca di recuperare da abuso o trascuratezza o chi ha sperimentato visioni o voci mai dice : "in questo momento ho veramente bisogno di una diagnosi psichiatrica e alcuni farmaci, alcuni alloggi e un programma di riabilitazione e di lavoro per me." 
Quello che la gente in realtà dice è che vogliono la convalida, la sicurezza, un posto dove nascondersi, qualcuno ad ascoltare, uno spazio per essere ascoltato, forse per urlare e piangere, il tempo per esplorare e per non sentirsi soli.

Non c'è mai stata alcuna 'malattia mentale' e non ci sarà mai; semplicemente non esistono come entità 'scientifiche' o di qualsiasi altro tipo. Non esiste una cosa come uno squilibrio chimico nel cervello che 'provoca' queste esperienze. Semmai è molto probabile che le sostanze chimiche nel cervello cambino durante i momenti degi stati estremi e il cervello che li subisce quasi sicuramente cambia in seguito a traumi estremi, l'abuso e lo stress, ma questo non significa che qualcuno ha una 'malattia mentale' - è semplicemente un sottoprodotto dell'esperienza umana.

Abbiamo avuto oltre 100 anni per demonizzare, stigmatizzare, separare ed etichettre la gente come folle, matta, pazza (o, in questi giorni, il politicamente corretto 'malati mentali'). E 'tempo di fermarsi e dire basta - la 'malattia mentale' è un concetto il cui tempo è scaduto.

L'impatto di credere di avere una malattia mentale fa molto più male che bene, non  ci serve più come società, e mentre questo potrebbe sembrare semplice; Abbiamo semplicemente bisogno di smettere di crederci.

Così questa è la rivelazione che mi è venuta questa mattina;

Nulla di più è necessario per noi che smettere di credere nella malattia mentale, nessuno deve darci il permesso, venire con una strategia intelligente, aiutarci a scrivere un piano o fissare un obiettivo - possiamo solo farlo!

Per le persone che sono state diagnosticate con una malattia mentale; a meno che questo stia funzionando davvero bene per voi, e siete felici nella vita proprio come sono io suggerisco di smettere di credere fin da adesso  e fare uno qualunque o tutti i seguenti passi:

- Partecipa a discussioni con altri che la pensano allo stesso modo;
-  Rinuncia un passo alla volta dalle pillole, ai medici e ai programmi e sostituiscili con quello che veramente desideri; 
- Respingi la convinzione di essere  in qualche modo diverso dagli altri, in qualche modo danneggiato in modo irreparabile, in qualche modo non degno della vita che si desidera veramente e in qualche modo non in grado di realizzare i tuoi sogni più selvaggi. 

Fare questo può richiedere un certo tempo, ma un passo in qualsiasi direzione lontano dal credere nella malattia mentale è abbastanza ben garantito per essere un passo verso una vita migliore. Molte persone lo hanno fatto prima di voi e molti lo faranno dopo, e probabilmente vi troverete ad aiutare gli altri abbastanza presto.
Siamo più grandi e migliori di quanto possiamo immaginare e insieme potremo sbarazzarci di questa idea obsoleta, dannosa e ridicola della malattia mentale e  creare un mondo che accetta la differenza, sensibile alle sofferenze umane, il trauma e il dolore. Insieme  smetteremo di credere alla malattia mentale, inizieremo a credere in noi stessi, e cambieremo il mondo in questo  processo!

fonte: madinamerica.com

giovedì 18 dicembre 2014

Lo stupro psichiatrico

Ancora, dopo 5 ricoveri coatti (TSO) subiti contro la mia volontà leggo commenti di compagni di sventura i quali sono grati per il trattamento subito e mi dicono che sono esagerato a paragonare la coercizione psichiatrica ad una sorta di stupro, un grosso trauma umiliante, un'esperienza assai degradante. 
La prima volta che i miei cari familiari hanno scoperto questa possibilità per tenermi lontano e buono per il tempo sufficiente a riprendermi dalla mia 'sbornia di vita' è bastata affinché ogni altra minaccia futura di andare 'fuori di testa' al minimo segnale bastasse a ripetere la procedura. 
Ma la prima volta è stata davvero la più traumatica in quanto sono stato portato via in ambulanza e ivi pesantemente sedato, come ho avuto modo di scrivere in questo blog. 
Ora non per masochismo, ma per cercare di far capire a chi non riesce quale sia il danno inflitto, la vergogna, l'umiliazione di un simile trattamento vi sottopongo una storia di una donna che meglio di me riesce a descrivere quello che le è accaduto. Avverto chi è particolarmente sensibile a questi argomenti cioè chi c'è passato in modo traumatico di non leggere quello che segue o prendere prima una pausa onde evitare che riaffiorino alla memoria ricordi assai dolorosi.. 



Coercizione in psichiatria (lo stupro psichiatrico)

di Kerstin Ogard

Ho pensato di scrivere oggi sulle misure coercitive in  psichiatria. Vorrei concentrarmi su una di queste, l'iniezione forzata di psicofarmaci, che è spesso seguita da mettere i pazienti in isolamento.

I pazienti spesso si riferiscono a questo metodo di trattamento come uno "stupro psichiatrico". Questo in realtà assomiglia al processo di essere violentati. Per me, è stata l'esperienza di essere afferrata da alcuni uomini, che mi hanno sopraffatto nonostante i miei sforzi disperati di reagire, e che mi hanno portato via in una piccola stanza, dove mi hanno costretto a sdraiarmi per terra, a faccia in giù. Stavo urlando e pregando per pietà, ma mi hanno tenuta a terra, senza parlarmi. Sentivo che mi tiravano giù i pantaloni, e ho potuto sentire l'ago penetrare nella pelle. l' ho potuto sentire due volte. Stavo resistendo più forte che potevo, lottando per la vita, gridando e piangendo in un travolgente panico, ma non ho potuto sfuggire alla situazione. La sensazione di essere sopraffatta, di essere violata fisicamente ... non ero mai stata così umiliata, devastata, lacerata, in tutta la mia vita. Nessuno aveva mai violato il mio spazio fisico prima, e non avevo mai sperimentato questo tipo di violenza brutale, mai. Lo shock che mi ha lasciata a pezzi.

Dopo l'evento gli uomini allentarono la loro presa, quindi mi lasciarono da sola. Ero sdraiata sul pavimento a piangere. Ancora non avevano detto nulla. Appena chiusero la porta e mi lasciarono lì. Sono rimasta lì per dodici ore, da sola nella camera di tortura. Alcune volte qualcuno degli uomini entrava, a portarmi un bicchiere d'acqua. Ho pianto e pregato che mi portassero fuori di li. Nessuno rispondeva. Non mi hanno nemmeno mai guardato negli occhi.

Non avevo fatto niente di male. Non ero mai stata aggressiva. Avevo anche preso il farmaco, quelle pillole che odiavo, quando mi venne ordinato di farlo. Avevo  parlato troppo. Avevo parlato troppo perché avevo paura di questo posto. Avevo parlato così tanto che non ce la facevano più ad ascoltarmi. Tanto che li disturbava. Tanto che non potevano fare la loro pausa caffè in pace.
E 'stato più facile  darmi qualcosa di "rilassante" e mettermi in cella di isolamento. Meglio per tutti. Pace e tranquillità.

Nella cella ero di nuovo sola, gettata di nuovo nel luogo dove ero stata 25 anni prima. Avevo diciassette anni ed ero entrata in uno stato di mania euforica, e poi psicosi. Venni portata in ospedale, dove mi fecero una iniezione forzata e messa in isolamento. Questa violenza fisica e la coercizione avevano causato il distacco della mia mente dal mio corpo. Avevo dovuto staccare. Non c'era altro modo per cui avrei potuto sopportare quella tortura. Ora ero di nuovo in quel luogo spaventoso di disconnessione. La mia mente andò in testacoda, sempre più lontano. Mi sono avvicinata alla catatonia. Ero sola in uno spazio senza limiti dentro la mia testa, senza punti di riferimento, e nessuno che mi aiutasse. Sola.

Ancora oggi non so come ho trovato di nuovo la mia strada. Penso che potrebbe aver avuto qualcosa a che fare con la forza di volontà, perchè non avevo intenzione di perdermi. Io non avevo intenzione di finire come quelle persone che vivevano a tempo indeterminato in ospedale quegli "schizofrenici cronici", come si dice. A me sembrava che erano andati in testacoda, e non avevano trovato la via del ritorno. Stavo andando a trovare il mio ritorno, ancora una volta.

L' ho fatto. Ma devo dire che poi, ero un po' incazzata perché ho dovuto fare per conto mio, senza alcun aiuto. Stavo rinchiusa in una piccola cella a passare attraverso la battaglia di riottenere la mia vita e la sanità mentale di nuovo da sola, solo così le persone, che avrebbe dovuto essere lì per aiutarmi, potevano fare la loro pausa caffè in pace.

Penso che loro non riescono a capire. Direi che è il motivo per cui, oggi, cerco di raggiungerli e di parlargli. Forse questo è parte del motivo per cui sono ritornata: Ho un messaggio, ed è importante.

All'indomani di uno stupro, molte vittime sono in grado di accedere alla Guida e al supporto psicoterapeutico, come la terapia del trauma. Dopo uno stupro psichiatrico, tuttavia, quando si tenta di cercare aiuto per guarire dalle ferite emotive che ci sono state inflitte, si sente dire: "E ' stato fatto per il tuo bene. Quello che abbiamo fatto in realtà ti ha aiutato. Se non riesci a vederlo, significa che sei ancora malato nella tua testa. "

Sei cosa? Io non sono malata nella testa, solo perché sono del parere che lo stupro psichiatrico è profondamente traumatizzante, immorale, e una vergogna per la psichiatria moderna. Io non sono malata nella mia testa per fare tutto quello che posso in modo che più nessuno debba passare quello che ho passato io. Sono passata attraverso quelle ore infernali, da sola in isolamento, ma so che ci sono molte persone che possono staccarsi da loro stessi tanto che non troveranno più la loro strada e trascorreranno il resto della loro vita in un incubo di disconnessione e confusione. Il mio cuore piange quando penso a questo, e mi arrabbio quando penso a come la moderna psichiatria è incapace di  aiutare queste persone.

Per me, il trauma di quello che ho vissuto in quella cella di isolamento è stato così profondo che sembrava impossibile liberarmene. Ho provato, più e più volte, ma ogni volta che mi ha sopraffatto, sono finita di nuovo in ospedale ... e ogni volta, nonostante le suppliche e le trattative per un diverso tipo di cure, sono stata nuovamente violentata. Sono stata ripetutamente violentata per cinque volte.

Una volta ho sentito un mio amico, che diceva: "Beh, quando vieni stuprata  molte volte, si comincia a sentire meno male; si tratta di iniziare a farci l'abitudine." In qualche modo strano la ripetizione mi ha aiutato a far fronte con il difficile, trauma inaccessibile che avevo in me. Il trauma della catatonia in isolamento era così brutto che lo avevo totalmente represso, come un meccanismo di protezione, per 25 anni, vivendo una vita normale, del tutto ignara di ciò che stava in agguato nel profondo della mia mente. Tutto è riemerso durante il felice evento di dare alla luce mio figlio. Dopo un paio di giorni al reparto di maternità in ospedale, alcuni ricordi difficili sono cominciati ad emergere dal mio subconscio. Ho cominciato a ricordare qualcosa. Mi stavo avvicinando allo spin, al giro che mi ero completamente dimenticata.

Forse era inevitabile. E in retrospettiva, vedo che era una cosa positiva. I ricoveri ripetuti in cui sono stata gettata  mi hanno aiutato a scoprire il trauma profondo che ho avuto.

Non ho ricevuto aiuto dalla psichiatria per guarire dai miei traumi. Invece, ho trovato alcune persone di grande talento in grado di aiutarmi a guarire da questa ferita profonda. Naturalmente, avevo perso ogni fiducia nella psichiatria; con sana protettività, sapevo che dovevo stare fuori dai suoi artigli, se volevo avere la possibilità di guarire.
Ho trovato alcuni guaritori di grande talento che si sono specializzati in energia di guarigione olistica, ed erano ben preparati in tecniche mente-corpo-spirito, che hanno una comprensione della psiche di una persona molto più profonda di qualsiasi altra cosa che ho trovato nella moderna psichiatria. Con queste persone, ho cominciato a guarire.

Io credo che una buona salute psicologica, come la salute fisica (naturalmente, non è possibile separare le due), ha bisogno di cose molto semplici: una corretta alimentazione, un sonno adeguato, un ambiente senza stress, relazioni d'amore, e un senso alla vita. I miei guaritori mi hanno aiutato a trovare tutto questo, e con il loro sostegno, sono riuscita a trovare la mia forza interiore per guarire e superare le mie ferite.

Oggi sono oltre i miei traumi. Io non sono più ferita e piena di amarezza. Sono solo felice e grata di essere sopravvissuta attraverso le mie prove. Io, naturalmente, non ho bisogno di alcun farmaco psichiatrico, e sono in ottima salute fisica e mentale. Sono effettivamente diventata una guaritrice di me stessa! Oggi, posso aiutare altre persone ad andare attraverso il proprio processo di guarigione, e recuperare la loro vita. E sai una cosa? Dicono che sono abbastanza brava a farlo.

Fonte: madinamerica.com



Kerstin è un ex paziente psichiatrico che è stata coinvolta nella sviluppo dei servizi di salute mentale in Finlandia. Attualmente sta studiando per diventare un allenatore di vita, si interessa di medicina energetica e  pratiche di guarigione olistica.

venerdì 21 novembre 2014

La follia di Girolamo

Premessa:

R.D. Laing
Fondata negli anni 70 a Londra, Portland Road era una casa di accoglienza gestita da colleghi e discepoli dello psichiatra R.D. Laing, che fu anche uno dei principali ispiratori del movimento antipsichiatrico. 
Laing fu uno dei primi medici a descrivere la cosiddetta malattia mentale come un'esperienza esistenziale o punto di vista che in linea di principio è perfettamente comprensibile agli altri e dotata di senso. Laing tuttavia come psichiatra sosteneva l’esistenza della malattia mentale, intesa come sofferenza psichica, di cui è necessario ricercare la cura attraverso l'intervento esterno del medico.
Negli anni settanta insieme ad altri suoi colleghi e seguaci fondò una serie di luoghi di accoglienza, alternativi all'ospedale psichiatrico, dove mettere in pratica le sue idee non ortodosse sul 'non-trattamento' della schizofrenia e di episodi psicotici in genere. 
Il narratore era un praticante della casa di Porland Road che come Laing aveva sperimentato la depressione. In quella casa di accoglienza non si usavano farmaci e si praticava la psicoanalisi.  
La regola fondamentale di analisi presuppone una capacità di sincerità. Allo stesso modo, a Portland Road la gente si aspettava di essere sincera con le persone a cui offrivano il loro aiuto, per contattare la parte della loro personalità che era ancora sana di mente, non importava quanto pazze potevano apparire.
L'episodio di Girolamo, lungi da essere un esempio significativo per spiegare la 'follia' o la cosiddetta psicosi, fu un caso molto particolare ma tuttavia interessante per capire la filosofia che stava alla base di questi non-trattamenti. 


La follia di Girolamo

Girolamo era un giovane uomo piuttosto magro, una persona dai capelli scuri ed estremamente timido. Negli ultimi due o tre anni  aveva sviluppato una sorta di ritiro dalla sua famiglia composta da  madre, padre, e una sorella minore. Si ritirava nella sua stanza e  vi si rinchiudeva finché i suoi genitori cercavano di convincerlo a uscire fuori da li, e quando questo non funzionava  si arrabbiavano  minacciando di punirlo se non avesse aperto la porta. Girolamo si rifiutava di muoversi. Alla fine, esasperati i suoi genitori contattarono l'ospedale psichiatrico locale per chiedere aiuto. Girolamo fu alla fine prelevato con la forza dalla sua stanza, legato in ambulanza e portato in ospedale. Una volta lì, continuava col suo comportamento schivo rifiutandosi di parlare con chiunque. Per tutto il giorno, non riusciva a dire perché si stava comportando in questo modo o che cosa sperava di ottenere così. 

Fu allora  diagnosticato  affetto da schizofrenia catatonica con caratteristiche depressive. Gli vennero somministrate una serie di sedute di Elettroshock (ECT) e in poco tempo Girolamo fu restituito alla  famiglia, apparentemente risanato e di nuovo cooperativo. Sei mesi dopo o giù di lì si ripeteva lo stesso scenario: il ritiro in camera sua, la rimozione in ospedale, ECT, il recupero. Non fu mai formulata alcuna ipotesi del perché Girolamo si ostinava a comportarsi così. Ma ogni volta che il ciclo si ripeteva, era necessario un trattamento più lungo che fosse in grado di riportarlo "in sé." Lui e la sua famiglia  sopportarono questa routine in tre diverse occasioni nel corso di un periodo di due anni.

Fu così che lo psichiatra che lo aveva in cura contattò Laing confessandogli che lui e i suoi colleghi presso l'ospedale avevano gettato la spugna con Girolamo e disse che se fosse stato ricoverato in ospedale ancora una volta non sarebbe più tornato a casa. Questo, adesso era il quarto episodio del genere. In questa occasione, quando i suoi genitori implorarono Girolamo di uscire dalla sua stanza gli rispose che lo avrebbe fatto a una condizione: che venisse visitato da Laing. Girolamo aveva letto il libro di Laing "L'io diviso" e concluse che Laing era l'unico psichiatra di cui poteva fidarsi perché non lo avrebbe "trattato"  per una malattia mentale come invece avevano fatto gli altri.

Quando infine Girolamo venne a Portland Road, disse  quello che desiderava. Voleva una stanza personale dove poter rimanere fino a quando era pronto a venire fuori. Ci chiese di onorare la sua richiesta e, con un po' di trepidazione, decidemmo di accettare le sue condizioni. Girolamo era diverso da tutte le altre persone che ho conosciuto a Portland Road, perché lui ci ha presentato la sfida più grave che abbiamo mai dovuto affrontare. A causa della natura delle sue richieste , Girolamo privava Portland Road della sua più efficace fonte di guarigione: la comunione condivisa dalle persone che vi abitavano. Il piano di Girolamo minava la filosofia che Laing e Hugh Crawford avevano formulato, tuttavia  sentivamo che Girolamo aveva il diritto di perseguire l'esperienza, anche se il comportamento verso l'esterno fu problematico. Anche se l'esperienza di una persona è un affare privato, il comportamento con cui si impegna con altri non lo è, perché i due soggetti sono sempre legati. La filosofia a Portland Road era quella di tollerare un comportamento non convenzionale in misura straordinaria, al fine di facilitare la lotta di fondo in cui persona era impegnata.

Il setting psicoanalitico tradizionale, ad esempio, pone enormi vincoli sul comportamento di una persona, compreso l'uso di un divano per facilitare la sincerità. A Portland Road, convivevano  tutti insieme esposti ad ogni sorta di comportamenti  imprevedibili, e talvolta violenti. In altre parole, vi era  un elemento di rischio a vivere in queste condizioni perché nessuno sapeva fino che punto qualcuno poteva  credere fino in fondo a quello che stava vivendo.

Fedele alla sua parola, Girolamo andò nella sua stanza e ci rimase. Lui aveva la sua stanza, nessuno lo vedeva entrare o uscire. Anche se non era raro che con la sua famiglia rinunciasse occasionalmente a un pasto, il modo in cui Girolamo si era ritirato dagli altri era estremo. Nessuno ancora lo aveva visto sgattaiolare al piano di sotto per mangiare nel bel mezzo della notte, o per usare il bagno. Il nostro senso di preoccupazione si trasformò ben presto in allarme. Girolamo a quanto pare non mangiava nulla e divenne sempre più chiaro che era anche incontinente. Provammo a parlare con lui. Gli dicemmo che questo non faceva parte del nostro accordo; trasformarci in un ospedale dove avremmo dovuto prenderci cura di lui. "Oh, invece sì!", insistette Girolamo. Eppure, Girolamo apparentemente non soffriva di alcun dolore. Non sembrava particolarmente depresso, ansioso, o catatonico. Era solo molto testardo! Insisteva a voler fare così, anche se non poteva o non voleva spiegarci il perché.

Ricordammo a Girolamo che noi stessi ci eravamo esposti per lui, tenendo i suoi genitori all'oscuro mentre stava giocando con  la sua salute. Dov'era la gratitudine, un gesto di buona volontà, in cambio? Girolamo si  rifiutava di discutere del suo comportamento o esplorare le sue motivazioni di fondo. Né avrebbe  riconosciuto il suo ritiro come un sintomo di una crisi. Egli semplicemente era eccessivamente protettivo della sua esperienza privata, i cui dettagli si rifiutava di condividere. Girolamo alla fine accettò di mangiare alcuni alimenti al fine di scongiurare la morte per fame, finché glieli portavamo. Il fetore della sua incontinenza diventava oneroso, anche se Girolamo era apparentemente ignaro di ciò. Non sorprende che, ben presto divenne l'argomento di conversazione di ogni sera intorno al tavolo da pranzo.

"Che cosa stiamo facendo con lui," ci siamo chiesti. Ironia della sorte, Portland Road si era trasformata  in un ospedale psichiatrico. Eravamo costantemente preoccupati per la sua salute fisica, la sua dieta, e il crescente potenziale di piaghe da decubito, che cominciò a sviluppare. Continuava a perdere peso a causa della quantità esigua di cibo che stava mangiando. Potevamo dirgli che doveva lasciare o che abbiamo dovuto capitolare di fronte alle condizioni straordinarie che ci aveva presentato. Quando trapelò la notizia del nostro dilemma, Laing diventava sempre più nervoso. Una volta Girolamo sviluppò delle piaghe da decubito tali da rischiare di essere portato in un ospedale per le cure mediche. Ad aggravare tutto il resto, Girolamo non riusciva a trattenere le quantità scarse di cibo che stava mangiando vomitando frequentemente. Se questo vomito fu auto-generato o involontario non ci fu dato saperlo.

Nessuno di noi possedeva la competenza o la voglia di operare come il personale ospedaliero. Chi  andava a pulirlo, fargli  il bagno, e tutte le altre cose che erano essenziali per la sua sopravvivenza? Alcuni di noi alla fine accettarono di essere la sua balia, per mantenere la sua condizione di stabilità. Almeno lui era vivo. Ma per quanto tempo ancora avremmo dovuto aspettare prima che Girolamo finalmente avesse abbandonato il suo isolamento?

Altri quattro mesi passarono. Ormai la famiglia di Girolamo insisteva per visitarlo e minacciava azioni legali se non lo  permettevamo. Non eravamo, tuttavia, sul punto di lasciare che accadesse. Crawford ci implorò di rimanere pazienti e lasciare che le cose seguissero il loro corso. Laing, tuttavia, era particolarmente preoccupato, ma data la nostra determinazione a vedere come andava a finire, accettò di sostenerci e mantenere a bada la  famiglia di Girolamo, che ormai si lamentava  con lui.
Nel frattempo, Girolamo continuava a perdere peso e le sue condizioni di salute peggioravano. Ora, dopo sei mesi, avevamo di fronte a noi una vera e propria crisi. Girolamo aveva sviluppato piaghe da decubito, ma continuava a resistere, a non voler parlare con noi o cedere nel suo comportamento. Al contrario, protestò aspramente sui nostri sforzi per fargli il bagno e anche per prevenire la fame.

Finalmente decidemmo che un cambiamento di qualche tipo era  essenziale se speravamo di giungere a una conclusione soddisfacente. Decidemmo allora che Girolamo doveva essere in stretta vicinanza con la gente con cui condivideva la casa, anche se non voleva. La minaccia alla sua salute fisica e la mancanza di contatto, nei termini umani più elementari, era allarmante. Se lui non poteva, o non voleva unirsi a noi, forse avremmo potuto unirci noi a lui. Così decidemmo di spostarlo nella mia camera da letto. In ossequio al sacrificio della mia stanza privata, altri decisero di fare il bagno a Girolamo e dargli da mangiare su un programma normale, cambiare le sue lenzuola, passare del tempo e sforzarsi di parlare con lui, anche se si rifiutava di ricambiare. Gli facemmo massaggi terapeutici per alleviare la perdita di tono muscolare e per qualche contatto fisico. Ci rassegnammo al fatto che abbiamo dovuto, che ci piacesse o no, diventare un "ospedale". Ci siamo sentiti sicuri, tuttavia, che la sua condizione era destinata a migliorare.

In realtà, la sua condizione si era stabilizzata, ma questo era tutto. Mi sono abituato alla puzza, al silenzio. Ma non ha aiutato la mia depressione, condividere la camera con un fantasma che perseguitava lo spazio, ma non poteva occuparlo. Avevo bisogno di qualcosa per alleviare il torpore che ormai permeava il nostro spazio comune, quindi invitai la più florida persona "schizofrenica" di Portland Road, un altro giovane uomo che credeva di essere Mick Jagger, a trasferirsi nella nostra stanza con noi, tutti e tre a condividere la stessa camera. Questa nuova persona, che chiamerò Mick, 'allietava' Girolamo mattina e sera con la sua chitarra - che fra l'altro non aveva idea di come suonare! - E probabilmente fece sentire Girolamo ancora più pazzo di prima. Ma hey, almeno era un vivace diversivo,anche se più folle, a disposizione, e con tutta la commozione e le lamentele di Girolamo  ho subito recuperato dalla mia  depressione. Sia che a Girolamo piacesse o no, il nostro ospite "rock star" venne qui per rimanere, e ammetto il  colpevole piacere che ho sentito nel comfort che Girolamo non era in completo controllo della nostra vita.

In poco tempo un anno era passato, ma ancora nessun cambiamento visibile di Girolamo. Nel frattempo, si era verificato un certo numero di crisi tra la famiglia di Girolamo e Laing, una crescente impazienza di Laing con noi, la nostra impazienza con Girolamo, e, infine, tra noi e Hugh Crawford per non sostenere i nostri numerosi sforzi per dimettere Girolamo. Eravamo pronti, - desiderosi! - Di ammettere la sconfitta e rassegnarci ad un guasto irreparabile. Le condizioni di Girolamo erano apparentemente interminabili. Il suo "asilo" con noi era diventato per lui semplicemente un modo di vivere. Adesso sembrava ovvio per noi che questo era tutto quello che aveva veramente voluto da noi, vivere nello squallore che aveva generato intorno a sé.

L'urgenza della situazione di Girolamo divenne gradualmente un luogo comune, e in qualche modo meno urgente da risolvere. La vita a Portland Road continuiava indipendente della situazione di Girolamo. Altri avevano i loro problemi, che venivano affrontati nel modo consueto come era nostra usanza. Un altro mese era scivolato via, e poi un altro, fino a quando ho finalmente perso la cognizione del tempo e smesso di contare i giorni. Girolamo aveva da tempo cessato di essere l'argomento serale di conversazione e la sua presenza era diventata un appuntamento fisso, come i mobili della casa. Nessuno notò nemmeno l'anniversario di un anno e mezzo che Girolamo era arrivato a Portland Road. Eravamo così abituati alla sua strana definizione di convivenza: i bagni, i cambiamenti di lenzuola, le serenate, che quasi non notammo quella sera accanto al fuoco quando Girolamo con nonchalance sgusciò al piano di sotto per usare il bagno. Quando ebbe finito tirò lo scarico, sbirciò con la testa per dire ciao, e tranquillamente tornò al piano di sopra. Per usare un eufemismo, eravamo in uno stato di shock, ci pizzicavamo a vicenda per assicurarsi che non stavamo sognando.

Un'ora più tardi, Girolamo tornò, sommariamente annunciò che aveva  fame, ed effettivamente aveva terminato il digiuno che l'aveva ridotto a 90 libbre di peso (41 Kg ndt). Questo era un Girolamo che non avevamo mai incontrato: loquace, anche se timido, ma all'improvviso sociale comunque. Non potevamo credere ai nostri occhi e le orecchie. Fino a quando, ci siamo subito preoccupati, forse un ultimo guizzo, prima di tornare al suo solito isolamento? Il giorno successivo, Girolamo aveva evidentemente preso una nuova svolta. Alla fine, inspiegabilmente aveva concluso quello che stava facendo, impegnato in Dio-sa-che sorta di bizzarra meditazione silenziosa. Naturalmente, abbiamo voluto sapere. "Che diavolo sei stato a fare, Girolamo, tutto quel tempo da solo?" Gli chiesi. 
Io non credo che nessuno di noi ci aspettavamo una risposta. Non abbiamo pensato che Girolamo ne potesse avere una, ma si è scoperto che ce l'aveva.Ci disse che la ragione per cui si era isolato tutto quel tempo, per un anno e mezzo, era perché aveva dovuto contare fino a un milione, e poi di nuovo a zero, senza interruzioni, al fine di ottenere finalmente la sua libertà. Questo era tutto ciò che aveva sempre voluto fare, nel corso degli ultimi quattro anni, fin dal suo primo impulso di ritirarsi nella sua camera da letto a casa. Nessuno lo aveva mai lasciarlo fare.

Ma perché, gli abbiamo chiesto, ti ci è voluto così tanto tempo? Un anno e mezzo! Noi gli avevamo dato la possibilità di portare a termine il compito.  Secondo Girolamo, sì e no. Dopo tutto, non l'abbiamo lasciato stare. Abbiamo interferito, parlato con lui, suonato musica, dato massaggi e generalmente lo abbiamo distratto dal compito a portata di mano, dal suo conteggio. Disse che ogni volta che era a poche migliaia, anche alcune centinaia di migliaia, qualcuno ha rotto la sua concentrazione con una canzone, un massaggio, o qualsiasi altra cosa, tale da costringerlo a iniziare il conteggio da capo, dal principio. La cosa peggiore, ha detto, è stata quando abbiamo aggiunto il chitarrista! "Ma perché non ce l'hai detto subito?" abbiamo chiesto, "Ti avremmo aiutato con entusiasmo, se solo avessimo potuto sapere quello che stavi facendo." "Questo non avrebbe contato", rispose Girolamo. "Era essenziale permettermi di seguire la mia strada, senza spiegare il perché."

A quanto pare, è stato solo quando la nostra ansia collettiva sul comportamento di Girolamo si fu placata, dopo l'anniversario quando finalmente abbiamo rinunciato e fatto marcia indietro, che fu in grado di completare il compito che si era prefisso di realizzare. Alla fine, senza apprezzare del tutto il suo significato, ci ha sottoposti alle sue condizioni, permettendogli di andare avanti con la sua missione auto-imposta di questa pazza  ispirazione che lo aveva costretto a contare fino a un milione e viceversa, senza interruzioni, senza scuse o spiegazioni.

La natura non ortodossa del "trattamento" che Girolamo ha ricevuto a Portland Road è impossibile da confrontare con le modalità di trattamento convenzionali. Tuttavia, la domanda che ci siamo posti è : ha veramente "funzionato?" E se sì, come? Quasi quarant'anni dopo, Girolamo non ha mai vissuto di nuovo un altro episodio psicotico. Lasciò presto Portland Road, riprese la sua vita, dimostrò di essere una persona, in realtà ordinaria. Naturalmente, ci siamo chiesti il motivo per cui Girolamo aveva sentito il bisogno di ritirarsi la prima volta. Quali sono state le dinamiche, la motivazione inconscia che lo avevano spinto a una soluzione così radicale dei suoi problemi? Queste erano le domande a cui Girolamo non riusciva a rispondere. È significativo, e doppiamente ironico, che Girolamo non aveva bisogno di quelle domande a cui rispondere.  Nella sua condizione in frantumi, non poteva capire se stesso.

Questa storia non ha molto senso per qualcuno che cerca di cogliere una filosofia di trattamento identificabile, a meno che non si tenga conto dell'importanza centrale che Laing ha dato al problema intrinseco della libertà in ogni esperienza di terapia. Questa è stata una preoccupazione che aveva preoccupato anche Freud nello sviluppo della sua tecnica clinica, proprio come aveva fatto con i filosofi esistenzialisti, come Kierkegaard, Nietzsche, Heidegger, Sartre, con cui Laing si era principalmente identificato. Come si fa ad "aiutare" coloro che sono in qualche misura in pericolo personale senza interferire con il loro diritto alla libertà?

La soluzione di Freud a questo problema è stata la neutralità analitica, la pietra angolare della sua tecnica clinica. Seguita dall'antico detto: "non fare del male"; quello che Laing ha riconosciuto come una forma di negligenza benigna. In molti modi, l'esperienza di Girolamo a Portland Road era un esempio perfetto di negligenza benigna da mettere in pratica. Il rispetto che abbiamo cercato di dare a questo giovane era tutto ciò che nessuno di noi sentiva qualificato da offrire. Non abbiamo capito quale fosse la questione con lui, non potevamo nemmeno fingere. Non eravamo sicuri di cosa lo avrebbe aiutato né quello che avrebbe potuto peggiorare le cose, così abbiamo fatto il meno possibile. Seguendo il principio di neutralità, abbiamo impiegato la negligenza benigna discretamente come abbiamo potuto. Né Laing, né Crawford hanno diretto il trattamento, perché non c'era nessun "trattamento" da impostare.

Il modo in cui abbiamo lottato e risposto al vicolo cieco di Girolamo potrà senza dubbio essere considerato imprudente, indulgente, pericoloso, anche bizzarro da parte del personale di praticamente ogni ospedale psichiatrico nel mondo. Il suo comportamento - intransigente, tenace, resistente - sarebbe senza dubbio  stato trattato con ancora più forza di volontà, determinazione, potenza della sua. Chi pensate che, date le forze in gioco, in ultima analisi, possa "vincere" in un tale duello? Naturalmente, verrebbero usati farmaci e scosse elettriche, così come tutto ciò che si ritiene necessario sotto forma di incarcerazione.

Pochi psicoanalisti credono che sia possibile trattare una tale situazione di stallo con l'analisi. Eppure, il nostro trattamento di Girolamo è stato probabilmente una forma di analisi, tesa forse oltre il suo limite. Poiché Girolamo si  rifiutava di parlare, siamo stati costretti a far "parlare" il suo comportamento. DW Winnicott, Harry Stack Sullivan, Frieda Fromm-Reichmann, Clara Thompson, e Otto Will Allen, Jr., sono solo alcuni degli psicoanalisti di spicco che hanno aiutato le persone in questo tipo di crisi. Alcuni hanno raccontato le molte ore che trascorrevano con i pazienti che stavano in silenzio, lasciando che il tempo facesse il suo corso fino a quando qualcosa si rompeva  attraverso l'impasse. Chi potrebbe negare che Girolamo ha  resistito al trattamento? Ma che tipo di trattamento può avere una persona quando la si costringe su di una strada, senza invito o compassione? E cerchiamo di essere sinceri su questo, senza amore? Mi sembra, a pensarci bene, che era il nostro amore per Girolamo che finalmente ha avuto la sua parte quando abbiamo fatto marcia indietro da tutti i nostri sforzi per "aiutare" lui, quando siamo stati in grado di lasciare che sia lui, come ci aveva chiesto, a permettergli di aderire alla nostra comunità, ma alle sue condizioni, non le nostre.

Laing ha visto il suo ruolo  di aiutare le persone che sono venute a vedere "sciogliersi" quei nodi in cui inavvertitamente si sono legati. Egli ritiene che questo ha comportato una straordinaria cura per non ripetere gli stessi tipi di sotterfugi e di coercizione che aveva portato il formarsi di quei nodi in primo luogo. Girolamo era legato in un nodo, ed era venuto qui con la propria soluzione per quello che doveva fare per scioglierli, tra cui la sua insistenza a fare questo in silenzio. Quello che siamo stati in grado di ottenere dal suo percorso e facilitare il suo compito è stato a dir poco un miracolo.

Questo grado di non-intrusione nel contesto della psicoterapia è una rarità. Quei terapeuti che mantengono la loro autorità sui loro pazienti a tutti i costi, e che riducono l'esperienza di terapia in un insieme di tecniche che possono essere apprese non sono suscettibili di abbracciare una metodo di "trattamento" che sia il più modesto nelle sue pretese, prudente con i suoi interventi. Girolamo mi ha insegnato che le tecniche non sono di alcuna utilità quando tutto quello che una persona chiede è di essere accettato per quello che è, incondizionatamente.

Fonte : madinamerica.com

venerdì 7 novembre 2014

Miti sull'antipsichiatria

Dopo i miti sulla psichiatria (vedi luoghi comuni in psichiatria) è il turno dei miti sull'antipsichiatria. Ovvero quello che la gente comune è portata a credere sugli antipsichiatri, con le principali critiche verso le convinzioni di queste persone. Sono critiche fatte dagli esponenti della psichiatria e da quei simpatizzanti pro-biopsichiatria a cui appartengono gli 'utenti' psichiatrici soddisfatti. 

Io ho dato delle risposte a questi 'miti' per sfatarli secondo il mio personale pensiero ma sentitevi liberi di replicare a modo vostro. 



Mito:  I teorici dell'antipsichiatria negano o minimizzano l'enormità del disagio personale / emotivo in cui le persone possono sprofondare.

Risposta:  Non mi risulta che gli antipsichiatri neghino le sofferenze o i disagi che spesso fanno parte delle esperienze estreme della mente umana. Piuttosto negano che simili condizioni siano da considerare una malattia e che di conseguenza vadano trattate come condizioni mediche tramite sostanze psicotrope chiamate psicofarmaci. Vi è una netta distinzione tra una condizione di malattia reale e la mancanza di conformità nel pensiero e nel comportamento secondo me.

Mito:  Gli attivisti dell'antipsichiatria  non hanno alcun interesse che le persone ricevano l'aiuto di cui hanno bisogno.

Risposta:  Credo che la maggior parte degli attivisti antipsichiatrici sia disposto a voler aiutare le persone in questo genere di difficoltà. La differenza sta nel tipo di aiuto offerto, sicuramente secondo loro non è dell'aiuto psichiatrico che le persone in difficoltà hanno bisogno, specialmente quello imposto con la forza. La persona dovrebbe almeno avere la possibilità  di scegliere il tipo di aiuto desiderato. E come ho già scritto in precedenza, spesso anche nessun intervento può essere  sempre meglio del trattamento psichiatrico. 

Mito:  Gli attivisti antipsichiatrici sono anti-farmaco.

Risposta:  Più esattamente dovrebbo essere pro-scelta. Non vi è alcuna ragione per impedire a chiunque di scegliere come curarsi, anche con i farmaci psichiatrici se lo desiderano, così come con sostanze più o meno lecite se tale scelta è pienamente consapevole, informata di tutti i possibili rischi e consensuale. Poi, l'essere anti-farmaco o in generale anti-droga (come me) è una scelta personale che esula dall'antipsichitria. Da oltre 4 anni ho scelto consapevolmente di non assumere alcun farmaco, nemmeno un antidolorifico o un anti-infiammatorio o una banale aspirina per il mal di testa. Sono esclusi i medicinali salvavita qualora ve ne fosse bisogno e quelli a cui purtroppo non posso sottrarmi perché imposti con la forza in caso di TSO.

Mito:  I teorici dell'antipsichiatria si oppongono ai servizi professionali.

Risposta:  Non mi risulta che se qualcuno si oppone ai servizi psichiatrici nella fattispecie trattamento coatto, medicalizzazione, diagnosi e stigma perpetuo, si debba opporre a tutti i servizi professionali di altro tipo. 

Mito:  Se io sono critico della psichiatria, allora io sono antipsichiatra.

Risposta:  Io critico molto la psichiatria però nonostante ciò non mi ritengo anti-qualcosa. Certo tendenzialmente sono anti-violenza ma preferisco dire non-violento quindi non-psichiatria. Negare l'utilità della psichiatria non significa necessariamente opporvisi. Tuttavia ci sono degli aspetti della psichiatria a cui mi oppongo con forza e sono quelli coercitivi e distruttivi delle persone e della loro dignità. 

Mito:  Gli antipsichiatri  guardano dall'alto in basso le persone che prendono psicofarmaci.

Risposta:  Ma quando mai? 
Come ho detto prima agli antipsichiatri non interessa cosa si sceglie per curarsi, piuttosto interessa che chiunque sia libero di farlo come preferisce senza imposizioni. Quello che contestano è il sistema di trattamento, non la persona trattata.

Mito:  I teorici dell'antipsichiatria sono iper-critici verso le famiglie dei 'malati mentali'.

Risposta:   Semmai la famiglia potrebbe essere vista come ulteriore vittima della psichiatria, insieme al suo membro/i psichiatrizzato.
Comunque, se non vi fossero in tutto il mondo gli attivisti che si sforzano, non ci sarebbe un maggiore sostegno a disposizione delle famiglie in difficoltà. 

Mito:  Essere antipsichiatra significa essere un seguace di Thomas Szasz.

Risposta: Non credo proprio. Anche se possono condividere molte delle idee di questo personaggio. Lui stesso non si autodefiniva anti-psichiatra.
Non si può negare che molti antipsichiatri siano stati influenzati da questa persona, tuttavia l'idea stessa di essere un seguace di qualcuno va contro il modo di pensare di molti attivisti. Inoltre Szasz non era un abolizionista. 

Mito : Gli antipsichiatri sono tutti intellettuali nella loro torre d'avorio.

Risposta:  Vi immaginate gli antipsichiatri come una elite di teorici intellettuali con la puzza sotto il naso e che parlano tutti con la 'evve' moscia?
Oppure un gruppo di noglobal, che sono sempre disposti a fare casino? 
Più in generale, persone provenienti da tutti i ceti sociali gravitano e trovano una base nella comunità antipsichiatrica. Questi includono: i sopravvissuti, gli attivisti, i professionisti, gli accademici, gli artisti e i familiari.

Mito:  Essere antipsichiatra è irragionevole e poco pratico.

Risposta:  Lottare per eliminare gradualmente un'istituzione che funziona male e costituisce una minaccia per tutti non mi sembra tanto irragionevole. 
Per contro, le posizioni fondate sul continuare ad legittimare la psichiatria, quando, probabilmente, tali posizioni hanno contribuito allo stato attuale delle cose, sono minimamente messe in discussione.

Mito:  Gli antipsichiatri pensano che tutti gli psichiatri sono cattivi e negano che alcune persone vengono aiutate dai loro psichiatri.

Risposta:  Penso che l'antipsichiatria sia contro l'istituzione psichiatrica e non direttamente contro gli individui anche se non si può negare l'astio verso certi rappresentanti più intransigenti, i quali tuttavia non vanno in giro con la scorta per paura degli antipsichiatri. 
Se ho uno psichiatra con cui sono in perfetta sintonia e che mi aiuta buon per me, sarebbe come avere un buon amico, uno psicologo  o un sacerdote o chicchessia.

Mito:  I  teorici dell'antipsichiatria si oppongono ad ogni riforma psichiatrica.

Risposta:  Gli antipsichiatri sostengono che ogni riforma non può mai essere sufficente dato che i principi di base sono 'marci'. Ciò implica che ogni tentativo in tal senso venga visto come un rafforzamento dello status quo. Comunque una distinzione deve essere fatta tra "non sostenere attivamente" e "opporsi." 

Mito:  L' antipsichiatria negherebbe alle persone il diritto di proteggere se stessi contro "gli altri violenti."

Risposta:  Niente affatto. A parte che essere in una situazione di grave stress emotivo non implica necessariamente violenza, le statistiche ci dicono che non vi è differenza anzi che gli atti violenti sono attribuiti in maggior parte ai cosidetti sani rispetto a quelli considerati 'fuori di testa'. 
La violenza quando c'è è secondo me una risposta più che legittima ad una violenza istituzionale ben più grave. Qui si tratta semmai di opporsi a soluzioni che sono intrinsecamente violente. 

Mito:  L' antipsichiatra è  anti-scelta.

Risposta:  Da un punto di vista radicale, è la psichiatria istituzionale che  priva le persone di una scelta, non l' antipsichiatria. 
L'antipsichiatria è piuttosto pro-libera scelta dove questa non è influenzata da nessuno. 
Piuttosto gli attivisti dell'antipsichiatria dovrebbero  lavorare verso la creazione di una  società in cui le persone hanno molte più scelte, di conseguenza, dove i servizi nascono organicamente da esigenze sentite e desideri e non dalle vicissitudini del profitto dell'industria farmaceutica come adesso.

Mito:  Se gli attivisti dell'antipsichiatria vincessero, tutti coloro che usano psicofarmaci si ritroverebbero  privati del loro sostentamento.

Risposta:  Magari ! Scherzi a parte, non credo che a nessuno verrebbe in mente una simile situazione. Privare di colpo le persone dagli psicofarmaci potrebbe essere molto pericoloso. Sarebbe comunque auspicabile semmai una maggiore attenzione e preparazione professionale sulla dismissione degli psicofarmaci se lo si desidera. 

Mito:  I teorici dell'antipsichiatria  ignorano ciò che la storia ci insegna, cioè che se ci libereremo della psichiatria, qualche altra tirannia prenderà il suo posto.

Risposta:  I teorici dell'antipsichiatria sono ben consapevoli della storia della follia e di come un tipo di oppressione è venuto fuori da un'altra. 
Gli attivisti si  concentrano sulla psichiatria perché per secoli, è stata responsabile del trattamento della follia, inoltre perché ha ampliato enormemente senza precedenti il suo terreno di intervento. Allo stesso tempo, sono  persone che non vedono accettabile alcuna forma di tirannia, né la tirannia stessa come inevitabile, e semmai lavorano verso la creazione di una società più egualitaria.

Mito:  Gli attivisti dell'antipsichiatria sono bloccati nel passato.

Risposta:  I problemi legati alla psichiatria sono sempre più pressanti e numerosi ad ogni edizione rivista e corretta del Manuale Diagnostico Statistico (DSM) come aumentano il numero delle patologie diagnosticabili. Se tuttavia c'è qualcuno legato al passato sono proprio gli psichiatri. Non ci sono ricerche di nuovi farmaci, ogni tanto ripropognono le stesse inutili e dannose molecole in una nuova formula e una nuova veste. 
Quello che gli attivisti dell'antipsichiatria stanno facendo, in sostanza, è  invitare la gente a pensare oltre, a vedere al di là delle strutture e le concezioni che sono ora prese come "dati di fatto", e avere il coraggio di diventare più tolleranti, in modo radicalmente diverso, più umani, più rispettosi nei confronti degli altri nostri simili in difficoltà.  

Domande riprese da un articolo in madinamerica.com

martedì 28 ottobre 2014

La malattia mentale come metafora

Ho qui tradotto un altro eccellente articolo che critica il modo tradizionale della psichiatria biologica di considerare i problemi mentali come malattie mediche. 
Ancora una volta tramite buone argomentazioni, si ritorna a parlare di frode da parte della psichiatria che cerca di giustificare i suoi trattamenti su delle basi che non hanno alcuna validità scientifica. 
Interessante l'elenco di una serie di punti che ricordano, per come sono posti, i miei luoghi comuni della psichiatria di cui ho scritto all'inizio di questo blog.



La malattia mentale come metafora

di Andrew L. Yoder, MSW

20 ott 2014

Una delle più grandi agenzie di servizio pubblico di salute mentale nella mia zona pone la domanda: "Che cos'è la malattia mentale?" Sul loro sito web. Nella risposta si afferma che: "La malattia mentale è una malattia a base biologica, proprio come il diabete o il cancro," e "la maggior parte dei ricercatori concordano sul fatto che si tratta di uno squilibrio chimico in alcune parti del cervello."
Spesso quando ci imbattiamo in una dichiarazione così esplicita fatta da ciò che percepiamo come autorità , accettiamo e integriamo tali informazioni nel nostro modo di pensare. Ma questa affermazione è esatta? Qual'è il suo fondamento, esiste la prova dietro tale dichiarazione? 
Ci viene detto che "la maggior parte dei ricercatori" sono d'accordo - è vero? Come possiamo saperlo?

Diamo un'occhiata più da vicino ai punti di discussione pubblica sulla "malattia mentale", come sostenuto dalle due istituzioni più potenti nel campo della salute mentale oggi: L'American Psychiatric Association e l'industria farmaceutica. E poi cerchiamo di contrastare queste affermazioni con le dichiarazioni che possono effettivamente essere supportati da un corpo coerente di ricerca empirica.

Affermazione : I disturbi mentali sono malattie del cervello causate dalla disregolazione dei neurotrasmettitori , anomalie genetiche, difetti di struttura e funzioni del cervello.

Evidenza : gli scienziati non hanno identificato una sola causa biologica, o anche un biomarcatore affidabile per qualsiasi disturbo mentale.

Affermazione : I farmaci psicotropi funzionano  correggendo gli squilibri dei neurotrasmettitori che causano la malattia mentale.

La prova : non vi è alcuna prova credibile che i disturbi mentali siano causati da squilibri chimici, o che le medicine funzionino correggendo tali squilibri.

Affermazione : I progressi nel campo delle neuroscienze hanno inaugurato un'era di trattamenti farmacologici più sicuri e più efficaci.

Evidenza : I moderni farmaci psichiatrici non sono generalmente più sicuri o efficaci di quelli scoperti  per caso un mezzo secolo fa.

Affermazione : la psichiatria biologica ha fatto grandi progressi nel ridurre il peso sociale della malattia mentale.

Evidenza : I disturbi mentali sono diventati più cronici e gravi, e il numero di persone disabili mentali è costantemente aumentato negli ultimi decenni.

Affermazione : educare il pubblico sui disturbi mentali come malattie mediche basate biologicamente riduce lo stigma.

Evidenza : nonostante la crescente approvazione del pubblico per cause biologiche e trattamenti, lo stigma non è migliorato e mostra segni di peggioramento.

Affermazione : maggiori investimenti nella ricerca sulle neuroscienze porterà a test biologici diagnostici e trattamenti farmacologici curativi.

Prove : l'industria farmaceutica ha drasticamente ridimensionato gli sforzi per sviluppare nuovi farmaci psichiatrici a causa della mancanza di bersagli molecolari promettenti per i disturbi mentali e il fallimento frequente di nuovi composti per dimostrare la superiorità rispetto al placebo.


La sintesi di cui sopra viene da un articolo di Brett J. Deacon pubblicato sul Journal of Clinical Psychology nel 2013. L'articolo è intitolato: "Modello biomedico di disturbo mentale: un'analisi critica della sua validità, utilità, ed Effetti sulla Psychotherapy Research" . Nel il mio blog personale, Follia e civiltà, troverete una voce chiamata " Critical Research ", che include un elenco di riferimento con i link a migliaia di pagine di ricerca peer-reviewed e articoli che coprono oltre cinque decenni.

Non vi è infatti alcuna prova conclusiva per sostenere l'affermazione che la malattia mentale è una malattia biologica come il diabete o il cancro. Ad oggi, anno 2014, non esiste un test medico unico per una delle oltre duecento diagnosi elencate nella Bibbia di Psichiatria e salute mentale, il  Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM).   Questo, nonostante oltre mezzo secolo, miliardi di dollari spesi nella ricerca per trovare una radice biologica nel disagio cognitivo ed emotivo. Non ci sono criteri oggettivi per  "Diagnosticare" in modo affidabile qualsiasi disturbo mentale. Ogni criterio diagnostico indicato nel DSM è una valutazione soggettiva fatta da un singolo medico, senza alcuna misurazione oggettiva affidabile. Nessuno può dire che tu "hai" il disturbo bipolare o la schizofrenia, solo perché l'espressione personale delle tue esperienze incontra alcune definizioni categoriche dell'etichetta secondo il parere di qualche medico e qualche tempo.

Dove ci porta tutto questo? E ci lascia con la necessità di chiedersi se la frase "malattia mentale" ha un senso. Stephen Morgan  scrive che, "la malattia mentale in sé - l'idea che una mente è malata - è in realtà un errore categoriale, come dire che il cielo è verde malato o il colore è sano." 
Eppure le persone possono fare esperienze di pensieri e sentimenti molto estremi in continuazione. Queste esperienze intense possono essere immensamente dolorose, e anche pericolose - sia per la persona o per altre persone. Certamente questo tipo di disagio è una vera e propria esperienza umana molto dolorosa. Così spesso casualmente ci riferiamo a queste esperienze come "malattie mentali." Quando facciamo così, credo che abbiamo l'obbligo di riconoscere che non abbiamo alcuna evidenza empirica che esista qualsiasi tipo di malattia mentale a base biologica. Il termine malattia mentale è, nella migliore delle ipotesi, una metafora.

Un modo per definire il tipo di esperienze che vengono avvolti nella metafora della malattia mentale è questo: pensare e sentire gli stati insoliti o estremi. Questo è tutto quello di cui stiamo realmente parlando - stati di pensare e di sentire che sono giudicati insoliti per gli standard della società, o considerati di avere un estremo impatto negativo sia sul singolo che li sperimenta che su quelli che gli stanno intorno. Gli stati insoliti di pensare e di sentire possono variare da avere un impatto minimo a molto pericoloso. Riconoscere la mancanza di prove empiriche per una definizione biologica di "malattia mentale" non toglie dai gravi problemi di pensiero e stati emotivi estremi, che a volte si possono creare.

Ma l'insistenza del sistema di salute mentale che la malattia mentale è una malattia del cervello ha avuto conseguenze disastrose per come viene offerto il supporto. L'eccessiva enfasi sui farmaci psicotropi come la prima e principale opzione accoppiata con l'insistenza (non provata) che la gente non potrà mai riprendersi e devono assumere psicofarmaci per il resto della loro vita ha portato a un'esplosione di disabilità, aumento del deficit cognitivo, stress emotivo, e gravi effetti negativi sulla salute. L'insistenza che la malattia mentale è una malattia ha portato a sempre più "trattamenti" coercitivi dei "malati di mente", tra cui psicofarmaci forzati, incarcerazione involontaria, la privazione dei diritti civili, e altro ancora. Niente di tutto questo ha portato ad una diminuzione del numero di persone iscritte negli elenchi dei disabili civili a causa di una "malattia mentale." In effetti, il numero di persone  disabili aumenta ogni anno. Nel complesso, gli Stati Uniti hanno alcuni dei peggiori risultati di salute mentale in tutto il mondo.

Stiamo facendo qualcosa di terribilmente, tragicamente sbagliato.

Un'alternativa alla letteralizzazione di "malattia mentale" è un approccio che esprime umiltà riguardo i limiti di ciò che sappiamo sul cervello, la mente, e l'esperienza umana. Invece di guardare alla diagnosi di "malattia mentale", i terapeuti possono cercare di capire un individuo con pensieri e stati emotivi che possono causare loro angoscia o essere a rischio tra gli altri. Abbiamo tutte le ragioni per vedere questi stati semplicemente come parte di uno spettro di risposta umana alle nostre esperienze. Possiamo considerare la possibilità che ogni persona "normale", dato il giusto insieme di circostanze ed esperienze, può sperimentare pensieri e sentimenti che appartengono agli  stati insoliti o estremi. Allo stesso modo, poiché una persona che sperimenta questi stati non è "malato" in senso letterale, possiamo anche supporre che chiunque può recuperare da questi modi di pensare e sentire che sono stati dolorosi per loro. 

Possiamo anche fare un'ipotesi (basata in gran parte sul buon senso), che i fattori che contribuiscono agli stati insoliti estremi del pensare e del sentire  sono una combinazione di processi biologici  che avvengono in tutto il corpo (non solo nel cervello)  una trasformazione interna, reazioni a fattori sociali della storia, della cultura e del contesto. Questa ipotesi estremamente ragionevole ha importanti implicazioni per chiunque sia interessato ad aiutare gli altri a navigare le acque dinamiche e complesse del pensare e del sentire.

Fonte: madinamerica.com

venerdì 24 ottobre 2014

Lettera ad un paziente

Premetto che sia chiaro ancora una volta che non sono tassativamente contro l'uso di sostanze chimiche per stare bene, per evitare sofferenze inutili quando tutte le altre strade sono state provate. Chi riesce a trasformare una situazione dolorosa che si protrae da anni grazie ai farmaci e soprattutto a continuare a beneficiarne per lungo tempo ha tutta la mia ammirazione. Non sarebbe  questo un problema se davvero funzionasse così per tutti.
Come ho avuto occasione di dire altre volte, l'esperienza vissuta di altri è di grande importanza per aumentare la nostra consapevolezza.
 Certo che, come esistono esperienze  negative con la psichiatria, esistono anche esperienze positive, ma tuttavia queste ultime a ben vedere sono una minima parte rispetto alla marea di persone che vengono alla fine dei conti, danneggiate dal trattamento psichiatrico. Una famosa attivista americana soleva dire:
 "Certo, esistono anche esperienze positive con la psichiatria biologica, esistono alcuni aghi nei pagliai, ma questo non significa che i pagliai sono il posto migliore per custodire gli aghi".

Meaghan ha attraversato l'inferno del trattamento senza fine della biopsichiatria e i suoi tipici cocktails di molecole tossiche. Riesce ad essere convincente con parole semplici per consigliare a questo paziente di scegliere la libertà rispetto alla schiavitù farmacologica.   
Lontana mille miglia da idealismi o autocelebrazione, racconta in modo schietto le cose come stanno, con sincerità ed onestà  senza giri di parole,  quanto sia ancora difficile continuare a sopravvivere dopo una simile esperienza. 
Dedicata a tutti quelli che si accingono o stanno facendo il grande passo coraggioso di liberarsi dalla biopsichiatria. 

Lettera ad un paziente
   
di Meaghan Buisson
20 ott 2014

Gentile paziente,
Tutto quello che so di te è che:

a) Sei una donna
b) Sei una paziente del dottor C.
c) Stai assumendo antidepressivi
d) Stai pensando di smettere i farmaci

Tutto quello che sai su di me, è tutto ciò che ho scelto di dirti.

Cominciamo con una confessione: dopo aver detto che sarei stata felice di scriverti, ho prontamente evitato di farlo per quasi due mesi. Continuavo a rimandare perché mi sentivo come se aspettassi di essere in uno stato di perfezione, prima  di condividere le mie esperienze. Volevo il conforto egoista di essere totalmente sana e senza problemi. Ero preoccupata che ci si aspetti che io sia quella che ha dismesso i suoi antidepressivi e ora la sua vita è perfetta!

Quel genere di cose insomma.

Il problema è, che non è questo che io sono. Inoltre, mi sono resa conto, se sei anche solo lontanamente come me, l'ultima cosa che probabilmente desideri leggere è una tesi di qualcuno che si vanta di come la sua vita è meravigliosa e quanto tutto sta andando ala grande. Francamente, se questo era il caso, non sarei andata nell'ufficio del Dottor C. (uno psicologo ndt)

E nemmeno tu.

Quindi cerchiamo di essere onesti; la mia vita è tutt'altro che perfetta. Sto scrivendo questa lettera di  Sabato mattina, indossando un cast fino al ginocchio e con la consapevolezza inquietante che il periodo più lungo che ho passato negli ultimi diciassette anni di vita senza autolesionismo o  problemi alimentari si conta in giorni, o occasionalmente, settimane. Sto scrivendo chiedendomi cosa diavolo dovrei dire a te, e quanto hai veramente bisogno di sapere di me. Sto cercando di capire un modo per spiegarti che ho vissuto attraverso l'inferno, alla perpetua ricerca della salute, dell'equilibrio e della guarigione. Ora vado in ufficio del Dott. C. regolarmente scuotendomi con terrore incontrollabile, solo per ricomporre me stessa al termine di ogni sessione, così posso attraversare un altro tratto del mio percorso cercando di adattarmi e facendo finta che tutto vada bene.

Ci sono giorni in cui la depressione si avvolge intorno a me come una coperta. Faccio fatica a mantenere un lavoro regolare, ingaggio una battaglia costante contro i miei Gremlins interiori che mi sussurrano brutti pensieri autodistruttivi, e mi preoccupo ogni giorno di far sbarcare il lunario. A volte mi ritrovo a piangere senza motivo apparente per la strada, in metropolitana, a scuola, nel negozio di alimentari, e in qualsiasi altro luogo inappropriato. Non ho tutte le risposte per la tua vita, non più di quelle che posso dire di avere per la mia.

Ma quando guardo indietro ai miei anni passati e la vita che conduco, al di là dei ricordi di traumi, abusi e tristezza che sento ancora, arriva una gratitudine innegabile. Sono una sopravvissuta. Sono sveglia, creativa, passionale, forte. Ho imparato a piangere per il mio passato, ridere per il mio presente, sperare per il mio futuro. Ho imparato a stare in piedi per quello che penso sia giusto, a lottare, a credere in me stessa abbastanza per trasformare i miei sogni in realtà, ad  assumermi i rischi necessari per farlo, e soprattutto, apprezzare e beneficiare delle lezioni lungo il percorso.
Ho scoperto che è meglio, anche se è ancora una sfida, concentrarsi sul prendere le cose un passo alla volta e non dimenticarsi di respirare.

Attraverso gli anni trascorsi nel sistema medico, ho imparato che la depressione (o qualunque variante ed etichetta provvisoria venga data) non scomparirà con le pillole. Non è qualcosa che posso volontariamente tenere a distanza  e dire 'mai più dolore' ad ogni incontro. Anche se io detesto gli inevitabili alti e bassi del recupero, sto iniziando a riconoscere che  sono semplicemente un dato di fatto e sono stati compiuti dei progressi. Vivendo senza farmaci, ho imparato che anche i giorni peggiori finiranno, posso ancora sperare sul sole, dove mi sembra vi siano solo nuvole, e che in ogni momento c'è la possibilità di andare ancora avanti di un altro piccolo passo.
Ogni nuovo giorno è un'altra possibilità per cambiare le cose.

Ma la cosa migliore è che io sono più viva. E io mi sento viva perché sono fuori dai farmaci. Ecco da dove inizieremo.

Ho trascorso sette anni di cure psichiatriche. Da quando avevo diciotto anni fino a quando ne avevo 24, sono stata drogata ed etichettata con varie psicosi, disturbi dell'umore e stati depressivi. Il giorno in cui ho smesso di prendere le pillole, assumevo tre tipi di antidepressivi (Paxil, Effexor, Zoloft), e un cocktail di altri farmaci psichiatrici: Lamotrigina, Risperidone, Valproato e Ativan. In precedenza, avevo anche preso Prozac, Wellbutrin e litio.

Quando smisi di prendere i farmaci, non c'era una sola persona nel mio mondo che avrebbe sostenuto questa decisione. Lo psichiatra e il mio medico di famiglia mi dissero di punto in bianco che mollare tutto di colpo mi avrebbe ucciso. "Preferisco essere morta", risposi, "che spendere anche un solo giorno in più a vivere così." Allora entrambi si zittirono  e io gettai le mie medicine nel gabinetto. (sconsigliatissimo! ndt)

Col senno di poi, non avrei mai consigliato a chiunque di smettere bruscamente come ho fatto io. Il terrificante rimbalzo che ho passato avrebbe potuto essere facilmente evitato se fossi stata disposta a fare una riduzione graduale e più sicura o, francamente, se avessi avuto un medico di supporto  per seguire una cosa del genere. Dato che però non era il caso, l'ho dovuto fare per conto mio, l'unico modo che conoscevo. Indipendentemente da ciò, mentre vorrei ora farlo in modo diverso (cioè lentamente e idealmente con il supporto di un medico compiacente), la mia scelta sarebbe stata la stessa. Smettere di prendere i farmaci psichiatrici è stata la migliore decisione che abbia mai preso in vita mia.

Adesso ho appena superato i 30 anni. Anche se devo ancora lottare con le conseguenze iatrogene del mio passato tossico, non un giorno è passato da quando non ho reso  grazie per essermi tolta di dosso gli psicofarmaci. Anche i miei  giorni peggiori di adesso sono ancora meglio dei miei giorni migliori  di prima. Quando mi guardo indietro, l'unico modo in cui posso descrivere quello che era per me prendere psicofarmaci, era come vivere in un guscio vuoto, semplicemente lasciarsi trascinare dai movimenti della vita. Mi spaventa ancora pensare a come mi avevano cambiato molto i farmaci e al fatto che ho dovuto dismetterli al fine di apprezzare questo: con quelli non avrei potuto rendermi conto di come sarei diventata; attenuata e priva di speranza. Allo stesso modo, durante l'assunzione di antidepressivi, non ho avuto la possibilità di recuperare, i farmaci mi tenevano rinchiusa nella prigione della mia mente; incapace di pensare, sono stata sepolta dalla depressione. "Questo è il solo modo in cui potevo stare" hanno detto i medici ai miei genitori. Ma la cosa peggiore, mi è stato detto che avrei dovuto prendere  psicofarmaci per il resto della mia vita, che c'era qualcosa di sbagliato nel mio cervello e avevo bisogno di antidepressivi "come un diabetico  necessita di insulina."

Quando penso a questo, e ricordo come ero diventata con i farmaci, quanto vicino dovevo essere a stare in quel modo se non fossi stata disposta ad assumermi  dei rischi e combattere, mi vengono i brividi. La persona che ero durante l'assunzione degli antidepressivi adesso per me è una perfetta sconosciuta.

Questo non significa che è stato facile. C'è una parte di me che ancora a volte si chiede se la mia vita sarebbe stata migliore con i farmaci; o più precisamente, che cosa sarei se tornassi a prendere farmaci senza sapere ciò che so adesso, come voler essere intrappolata in una gabbia, suppongo, senza conoscere le sbarre. Nei rari momenti in cui penso a questo però, la risposta, per me, è sempre un rapido, veemente "no". So cosa vuol dire realmente essere sana, ben lontana dai farmaci, mai più prenderò un altro antidepressivo e io continuerò a combattere con tutto quello che comporta stare lontano da altri farmaci psichiatrici. Io non perderò mai più la mia identità, o accetterò la sensazione di essere in qualche modo emotivamente disfunzionale, rotta, e bisognosa di 'riparazione chimica.'

La persona che sono adesso è molto meglio di come sia mai stata, o potrebbe mai sperare di essere con gli  antidepressivi.

Dismettere i farmaci, per me, è stato come emergere da una nebbia. Di conseguenza, una delle sfide che ho trovato è che invece di essere emotivamente insensibile, ci sono delle volte che mi sento tutta in ipersensibilità e il mondo può diventare un luogo caotico veramente spaventoso. Ci sono giorni in cui sono sopraffatta, e vorrei poter in qualche modo solo intorpidire me stessa per non sentire nulla, anche se solo per un attimo, piuttosto che sentire troppo tutto in una volta. Ma quando questo accade, ho imparato a fare un passo indietro e prendere una pausa fino a quando posso sistemare  da qualche parte gli stimoli che si riversano nel mio cervello. Mi piace questa cosa. Sono orgogliosa del fatto che sono io a farlo e non è una droga a creare il mio benessere.

Allo stesso modo, io ancora occasionalmente lotto con gli episodi depressivi, ma sono molto minori di quando li avevo mentre assumevo antidepressivi! Ancora più importante, forse è il fatto che con una mente chiara e libera dalla droga, anche quando sto avendo un 'incantesimo'  riesco ad imparare ad affrontare realmente  i miei stati d'animo e autoregolarmi sempre meglio. Cose come journaling, meditazione, yoga mi hanno portato molta più guarigione e salute nella mia vita di qualsiasi tossica molecola chimica che abbia mai preso. 

L'assunzione di un farmaco non è una soluzione.Tutto quello che può fare è mascherare il nostro vero essere.

In definitiva, la decisione di continuare o interrompere un farmaco psichiatrico è una scelta del tutto personale. Tutto quello che io, o il dottor C., o chiunque altro può fare è offrire la propria esperienza, opinioni e fatti medici  su cui basare la tua scelta. Alla fine della giornata però, qualunque cosa tu decida di fare con queste informazioni dipende da te. Se sei contenuta col  farmaco, se è una scelta perfettamente giustificata che hai fatto, è la tua vita. Data la preziosità di ciò che è in gioco, tutto quello che sto dicendo è, per favore, prendi una decisione informata.

Indipendentemente dal fatto di prendere o dismettere i  tuoi antidepressivi, basa le tue azioni su una razionale, oggettiva, scelta ben ponderata. Non lasciare che la paura dell'ignoto lontano dai farmaci ti possa spaventare. D'altronde non sei condannata ad assumere antidepressivi per il resto della tua vita e lasciarli non  significa che finirai ancora più depressa. Anzi, semmai, è vero il contrario.

Nonostante l'enorme aumento nella prescrizione di antidepressivi negli ultimi dieci anni e mezzo, la prevalenza di episodi depressivi  resta più alta di tutti i tempi. Se i farmaci avessero davvero funzionato così come vengono propagandati, questo non sarebbe il caso. Invece, i risultati suggeriscono:

- Gli individui che utilizzano farmaci antidepressivi tendono ad avere episodi di depressione maggiore più lunghi e più frequenti.

- I pazienti trattati con antidepressivi stanno peggio  rispetto alle persone che non sono trattati ed hanno "significativamente meno probabilità di recupero (32,3% contro 51,4%) rispetto a quelli senza  antidepressivi".

- L'uso a lungo termine di antidepressivi in realtà aumenta la vulnerabilità del paziente per ulteriori episodi di depressione.

Per dirla senza mezzi termini, i farmaci antidepressivi peggiorano la progressione della malattia che  dovrebbero trattare.

In secondo luogo, lungi dal correggere gli squilibri chimici nel cervello, gli antidepressivi li creano. Sono una sostanza nociva estranea che viene direttamente introdotta nel proprio corpo. Il cervello non sa che gli antidepressivi "dovrebbero" essere di aiuto.  Invece, quando li assumiamo, risponde come dovrebbe, trattando la loro presenza come una patologia.

Ecco come funziona: Gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono prescritti sulla (infondata) supposizione di rendere questa e altre sostanze neurochimiche (neurotrasmettitori ndr) disponibili nel cervello, in linea con la (smentita) convinzione che "la serotonina bassa causa la depressione."

Mentre sarebbe bello in teoria, questo in realtà non funziona nella vita reale, semplicemente perché il cervello risponde ai farmaci per proteggersi contro l'introduzione di un prodotto chimico tossico: Si spegne. Di conseguenza, invece di aumentare la serotonina nel cervello bloccando la sua rimozione, i farmaci antidepressivi causano l'opposto. Il corpo percepisce che c'è qualcosa di sbagliato con la serotonina nel cervello e perciò spegne la produzione di questo neurotrasmettitore. Cioè, il corpo produce meno serotonina se si viene esposti agli SSRI.

Naturalmente, fatti come questi sugli antidepressivi non sono quello che ci viene raccontato nella vita di ogni giorno nella retorica guidata dall'industria su internet, in televisione, negli annunci sulla stampa, o nelle campagne pubblicitarie dirette al medico medio. Solo perché qualcosa è pubblicato non significa che sia vero e  questo non è certo più vero  nel marketing degli antidepressivi. 
Le abitudini di prescrizione dei medici si basano pesantemente su informazioni ricevute dagli studi. Il problema è che la stragrande maggioranza di questi studi, pubblicati come "fatti" in riviste mediche, sono gestiti interamente dalle case farmaceutiche, essenzialmente arbitrari, facilmente manipolati, e a tutti gli effetti, inaffidabili.

Consideriamo per esempio  le sperimentazioni  che hanno portato il Prozac sul mercato. I produttori del farmaco, la  Eli Lilly & Co. hanno affermato che è stato dato questo farmaco a un gruppo tra i 6.000 -  11.000 pazienti durante il processo di approvazione. La recensione individuale di questi studi, tuttavia, in seguito ha determinato che solo 286 pazienti effettivamente avevano completato lo studio clinico di sei settimane che ha portato all'approvazione del farmaco.
 Ancora più inquietante è il fatto che la depressione è stata effettivamente classificata come un effetto negativo frequente del farmaco per tutta la durata del suo processo di approvazione. Questo fatto è stato rimosso dall'etichetta del farmaco prima che venisse commercializzato; anzi, "depressione" è diventata da essere indicata come un effetto avverso frequente in etichetta alla proposta di essere totalmente taciuta nell'etichetta finale approvata.

Di conseguenza, quando un paziente diventa più depresso durante l'assunzione di un antidepressivo, più facilmente il medico aumenta la dose, piuttosto che interrompere o diminuire gradualmente il farmaco. Fu solo nel 2003 ben 17 anni dopo che sono stati introdotti, che  i medici sono stati formalmente avvisati sugli antidepressivi SSRI che possono rendere i pazienti più depressi e peggiorare le loro condizioni generali. Purtroppo, l'informazione sta impiegando così tanto tempo per diffondersi, che la maggior parte rimangono abituati all'idea che gli antidepressivi non possono provocare tale reazione avversa, per non parlare di depressione.

Quando si rimuovono gli strati di clamore mediatico, ecco che emerge la verità sugli antidepressivi: Indipendentemente da quello che comunque conviene alle aziende farmaceutiche per convincere i medici e il pubblico,  non c'è una sola prova conclusiva che la depressione è causata da un 'squilibrio biochimico nel cervello. "Nessun ricerca ha definitivamente dimostrato che gli individui con diagnosi di depressione soffrono di livelli anormalmente bassi di serotonina o norephinephrine, o qualsiasi squilibrio chimico di quelle sostanze. Noi non sappiamo nemmeno ancora che cosa sia la normale chimica nel cervello." 

Senza questa conoscenza a monte, su quali basi qualcuno può dire che sanno ciò che costituisce un'anomalia?

Lo psichiatra americano Peter Breggin spiega:
"Il cervello vive in una delicata armonia con se stesso, un organo di una complessità ben oltre la nostra comprensione ed immaginazione corrente che fornisce la base biologica della nostra umanità. Esso contiene circa cento miliardi di neuroni .. Alcuni di questi singoli neuroni fanno diecimila o più connessioni individuali con altri neuroni. Questi neuroni e le loro connessioni sono attivate da un paio di centinaia di diversi neurotrasmettitori ... dei neurotrasmettitori che conosciamo meglio noi comunque ne sappiamo poco; della maggior parte degli altri non sappiamo nulla e non li abbiamo nemmeno ancora identificati ... La manomissione del cervello umano per influenzare le emozioni umane e le azioni non è una buona idea."
Infine, dal punto di vista da paziente a paziente, essendo stata sugli antidepressivi e sapendo cosa vuol dire venirne fuori, ecco il mio consiglio per te: Datti una possibilità. La paura dell'ignoto non è una buona ragione per evitare tutto ciò che potresti fare. Hai un medico di supporto disposto ad aiutarti ad ogni passo del cammino. Quindi datti una possibilità. Datti la possibilità di vivere. Datti la possibilità di guarire. Datti la possibilità di amare e di essere te stessa.

Indipendentemente da qualunque fattore causale provocato dai tuoi antidepressivi, in primo luogo, non vi è alcun bisogno di  negare che la depressione porta ad un circolo vizioso di sensazioni fisiche ed emotive che causano sofferenza, inadeguatezza, angoscia e disperazione. Lo capisco, io ci sono passata e  ancora a volte ci torno. Ci sono un sacco di cose diverse che possono portare ad attacchi di depressione:  conflitti familiari, problemi sul lavoro, problemi di salute fisica cronici, eventi dell'infanzia e difficoltà finanziarie solo per citarne alcuni. Ma questi problemi di fondo che precipitano, ingrandiscono, e mantengono le crisi depressive non vengono risolti dal farmaco. Piuttosto che affrontare le origini psicosociali complesse, gli antidepressivi servono unicamente per appiattire la risposta emotiva. Questa non è una cura; è una lobotomia chimica.

Abraham Joshua Hershel una volta ha scritto:
"Costruisci una vita come se fosse un'opera d'arte.
Inizia a lavorare su questa grande opera d'arte chiamata esistenza."
Quando guardi la tela della tua vita, come scegli di dipingere? Vuoi i colori offuscati dagli antidepressivi, o  brillanti con la ricchezza e la meraviglia di tutto ciò che si crea?

È la tua scelta. Quello che posso dire è che so quello che ho intrapreso. E davanti alla scelta tra prendere antidepressivi o smetterli, prenderei di nuovo la stessa decisione in un baleno.

La pace e la grazia siano con te,

Meaghan

Fonte: madinamerica.com