Recupero

Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da se stessi?

Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci, anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte né che gli psicofarmaci curino qualcosa. Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che, lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.
Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.

Attenzione: È potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. È importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci. Se il vostro psichiatra accetta di aiutarvi a farlo, non date per scontato che sappia come farlo al meglio, anche se dice di avere esperienza. Gli psichiatri non sono generalmente addestrati sulla sospensione e non possono sapere come riconoscere i problemi di astinenza. Numerosi problemi di astinenza sono mal diagnosticati come problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è bene educare se stessi e trovare un medico che sia disposto ad imparare con voi. In realtà tutti i medici dovrebbero essere sempre disposti a fare questo ai loro pazienti che lo desiderano.

giovedì 29 settembre 2011

A chi è rivolto questo blog.


Questo blog non è rivolto a chi difetta di spirito di ricerca, a chi pende dalle labbra dei medici e subisce acriticamente tutto ciò che gli viene imposto.

A chi, incurante del rispetto del proprio corpo, crede di essere una macchina da spingere sempre al massimo delle possibilità per sentirsi vivo.

A chi persevera nei propri errori, blocchi e abitudini radicate con la scusa di crederle immutabili.

A chi difetta dell'umiltà e del desiderio di autodeterminazione, di consapevolezza.

A chi crede alle soluzioni 'facili' che non richiedono alcuno sforzo tranne quello di ricordarsi di prendere costantemente le proprie pillole. 

A chi è profondamente convinto di avere una malattia cronica, piuttosto che una possibile condizione umana temporanea di disagio.

A chi per niente al mondo rinuncerebbe ai propri vizi deleteri.

A chi è convinto di essere sbagliato, di non contare più nulla, ovvero niente di ciò che fa, che pensia , che sente è uguale agli altri 'normali'.


NOTA

La mia posizione avversa sui farmaci in generale ed in particolare verso quelli psicoattivi non nasce da una posizione ideologica, antipsichiatrica o altro. Nasce dalla semplice constatazione della loro tossicità. Credo sia molto ambiguo l'atteggiamento dei medici psichiatri quando condannando l'uso delle droghe di strada ed evidenziando la comorbilità nei disturbi mentali, propongono altre droghe legalizzate.
Una droga di abuso per definizione è una sostanza psicotropa, tossica per l'organismo che può creare dipendenza, esattamente come gli psicofarmaci.
Ripararsi nel concetto del 'male minore' è un atteggiamento ipocrita: squalificare a vita le persone intossicandogli la mente e il corpo non è il male minore, è una delle cose peggiori che un essere umano può fare ai suoi simili.

Qualcuno potrebbe obbiettare che la medicina è utile in casi gravi, un salvavita. Molti affermano di essere rinati dopo l'introduzione della terapia, di avere ottenuto quella stabilità che desideravano, anche se con effetti collaterali comunque sopportabili.
Purtroppo nessuno di loro ha fatto i conti con il lungo periodo. Forse non hanno mai conosciuto psichiatrizzati di lunga data, valutato i loro problemi fisici e psichici.
Questa 'rinascita' si dimostra illusoria nella maggioranza dei casi, la sua durata può variare da pochi mesi a qualche anno o più in casi particolari.
I casi particolari che ho osservato possono essere comunque interpretati a livello olistico, ovvero in realtà più che il farmaco è stato determinante il cambiamento dello stile di vita, l'attenzione verso le sostanze di abuso e l'alimentazione. Inoltre si tratta quasi esclusivamente di persone in monoterapia, ovvero sembra che il numero dei problemi sia direttamente collegato al numero di farmaci assunti, ai loro effetti sinergici e collaterali.

Detto questo, ritengo importante lasciare libertà di scelta. Chi desidera intossicarsi per guarire da un malessere dovrebbe essere libero di farlo, conoscendo i rischi a cui va incontro. Ma non esiste una valida ragione per costringere gli altri a fare questa scelta; gli psicofarmaci vengono sempre più spesso imposti anche contro la propria volontà, esiste una pressione e una cultura medica che opprime chiunque abbia a che fare con problemi mentali e non solo. Nessuno si chiede come mai la malattia mentale è in aumento nonostante le medicine. Eppure la buona medicina dovrebbe per definizione debellare la malattia come probabilmente ha fatto con la peste il colera, il vaiolo e altre malattie una volta incurabili. 

Un altro luogo comune è sentire da questi presunti luminari, parole colme di presunzione tipo: “La malattia mentale semplicemente una volta non veniva riconosciuta ma era egualmente diffusa. “
Certo, una volta ci si arrangiava con altri rimedi per affrontare un disagio, ma questo generalmente non diventava cronico. Si pensi all' 80 % dei casi di remissione rispetto al 10% scarso di oggi nella depressione.
Inoltre  la civiltà moderna, lo stress, la lotta per il sostentamento è alienante e concorre a peggiorare la situazione, ma dovrebbere essere vista non come la causa primaria del disagio psichico, bensì un fattore importante in più nel ventaglio delle possibilità.

venerdì 23 settembre 2011

La consapevolezza


Dobbiamo imparare ad osservarci a pensare a noi stessi in modo diverso. Dobbiamo allontanarci dalla visione egocentrica che abbiamo per spostare l'attenzione al di fuori di noi.
Purtroppo sappiamo bene che quando siamo in depressione è molto difficile che qualcosa al di fuori di noi ci catturi l'attenzione. Questo meccanismo in altre parole si traduce in 'distrazione' nel senso che quando siamo distratti da qualcosa di piacevole o che ci interessa, anche la depressione più nera viene 'momentaneamente' dimentica. La stessa cosa succede per esempio durante il sonno. A quanti di voi che l'avete sperimentata è capitato di soffermarsi sulla sensazione di benessere qualche attimo dopo un risveglio notturno? La depressione magicamente scompare.
Purtroppo si tratta generalmente di brevi attimi, ma la somma di tante piccole attenzioni può a lungo andare cambiare la nostra tendenza negativa.


La consapevolezza insegna a guardare dentro di noi con neutralità, senza giudicare: come osservatori esterni riusciamo a cogliere più aspetti del problema.

Fai affidamento sugli altri per sapere quando sei in stato depressivo o maniacale perché non presti attenzione a te stesso e pertanto non hai consapevolezza di questi sintomi?
Oppure magari eviti di proposito di riconoscerli nella speranza che essi si dissolvano...
Inveisci sugli altri quando provi rabbia perché senti di non avere controllo sulle tue emozioni, e reagisci prima ancora di capire cosa sta succedendo?
Ti sorprendi a pensare a quanto la vita sia orrenda, magari ricordando cose fatte in passato di cui ti penti o cose terribili che ti sono capitate?
Tutte queste cose succedono soprattutto perché trascorri molto tempo in uno stato di non consapevolezza delle tue emozioni, dei tuoi pensieri, delle tue sensazioni fisiche e dei tuoi comportamenti.



La mindfulness è stata definita come la capacità di prestare attenzione, nel momento presente e senza giudicare. Per dirla in un altro modo, la mindfulness consiste nel diventare intenzionalmente più consapevoli del momento presente e nel non giudicare qualunque cosa faccia parte di quel momento; nell'osservare il presente senza porvi delle etichette.

Se osserviamo le storie di recupero più significative, ovvero quelle di persone che riescono a mantenere per molto tempo uno stato non solo privo di crisi ma equilibrato e attivo di benessere psicofisico, vediamo che il fattore comune è seguire una pratica meditativa.
Il fine ultimo di queste pratiche è infatti il raggiungimento di una maggiore consapevolezza.
In ogni caso può essere necessario un aiuto di chi già è avanti con una tale pratica il quale ci possa 'guidare' più velocemente verso la meta anziché a fare tutto da soli.

Personalmente mi sono affidato alla religione Buddista, perchè condivido pienamente lo spirito del Sutra quando afferma che tutti indistintamente possiediamo la natura illuminata.
Non è comunque necessario diventare seguaci di una religione per praticare la consapevolezza.
Tuttavia per chi ha questo genere di problemi che interessano la mente, è estremamente difficile seguire correttamente una pratica di qualunque tipo, in quanto siamo minacciati dall'incostanza. Il tal caso abbiamo bisogno di incoraggiamento continuo da parte di altri a perseverare.

Credo che il mio lungo periodo di equilibrio sia in gran parte merito della pratica. Avere una maggiore consapevolezza durante le crisi mi ha protetto da un lato durante le fasi di mania e risollevato dall'altro da quelle depressive.
Seguire correttamente questa 'filosofia' ha comportato un ribaltamento dei mie valori, unito alla consapevolezza di essere l'unico responsabile di me stesso e di influenzare l'ambiente che mi circonda.
Noi abbiamo un karma o meglio una tendenza karmica da cambiare.
Normalmente tutto ciò che fa parte del nostro carattere sono tendenze innate (Karma, DNA) e tendenze acquisite dopo la nascita. Cambiare una tendenza è possibile sono quando riusciamo a prestare attenzione alle sue cause. Spesso questo compito è estremamente difficile.
Per fare un esempio, pensiamo ad una persona che tende a vedere tutto negativo. Egli manifesta questo disagio con l'ossessione della paura di fallire, di ammalarsi, di morire.
Potrà impegnarsi quanto vuole a riconoscere che la sua sofferenza ha origine da tali pensieri ma finché non si sarà liberato dalla paura, sarà incapace di pensare in modo diverso, più positivo.
Il Buddismo è nato per liberare le persone dalle 4 sofferenze di : nascita, vecchiaia, malattia e morte. L'essenza della paura è quella della morte, questo indica la via maestra da perseguire.
Non si tratta solo di accettare l'impermanenza di tutte le cose, ma piuttosto di capire il significato evolutivo della nostra esistenza.

mercoledì 21 settembre 2011

Perchè sono contrario ai farmaci


La follia della medicina allopatica sta compromettendo la salute di milioni di persone nel mondo.
Non solo psicofarmaci, la maggior parte dei farmaci per curare anche le malattie fisiche come cancro, asma, allergie, problemi vascolari, artrite, reflusso acido, ecc ecc sono tossici.
Gli effetti collaterali della banale aspirina mietono più vittime della droga illegale.
Rimango sempre stupito dalla semplicità con cui tutti assumiamo farmaci comuni per ogni piccolo disturbo, ignorando che proprio queste sostanze alla lunga o a breve possono scatenare altri disturbi fisici e psicologici. Sono convinto che l'abuso di sostanze tossiche sia una delle principali concause dello sviluppo della malattia mentale, come lo era lo scienziato e doppio premio Nobel Linus Pauling.

Giorgio Antonucci, antipsichiatra, collaboratore di Basaglia noto per avere aiutato migliaia di persone ad uscire dalla trappola psichiatrica afferma: 

"Direi che un primo punto comprensibile a tutti è che gli psicofarmaci sono sostanze chimiche dello stesso tipo delle droghe, anche se in generale si dà il nome di droga alle sostanze proibite e non agli psicofarmaci. Si tratta di sostanze che si dicono "neurotrope", cioè che agiscono elettivamente sulle cellule nervose e sulle cellule cerebrali; sia gli psicofarmaci che le droghe proibite hanno le stesse caratteristiche di "neurotropismo".
La chimica cerebrale è così complessa e fine che qualsiasi intervento grossolano, che venga definito droga o psicofarmaco, comporta delle conseguenze negative anche se certi effetti iniziali, sia delle droghe che degli psicofarmaci, possano sembrare favorevoli. A lungo andare si costituisce la tossicodipendenza, che significa che le cellule nervose e le altre cellule che si sono difese dalla sostanza tossica, ad un certo punto hanno elaborato delle situazioni chimiche per cui cercano di inglobare la sostanza estranea e allora poi, quando questa sostanza viene sospesa, avviene la dipendenza farmacologica, che è un fatto anche questo biochimico. Se giustamente si fa la campagna contro le droghe in quanto danneggiano il sistema nervoso, si dovrebbe fare anche la campagna contro gli psicofarmaci.
Il guaio più grosso è che le persone prendono queste sostanze su consiglio dei medici o su influenza della cultura medica, pensando che migliorino il funzionamento del sistema nervoso centrale. Se qualcuno si vuole avvelenare, ha il diritto di farlo, ma il brutto è se uno si avvelena pensando di farsi del bene perchè il medico gli ha dato dei consigli sbagliati: questo è grave. Un medico che consiglia delle sostanze dannose per il cervello e per l'organismo fa il contrario di quello che dovrebbe fare."

Robert Whitaker, giornalista pluripremiato ha fatto indagini sul dubbio che gli psicofarmaci in realtà promuovono la malattia mentale con risultati sorprendenti:

Prima della diffusione degi antidepressivi, l'Istituto Nazionale di Salute Mentale (NIMH) diceva al pubblico che le persone regolarmente recuperavano da un episodio depressivo, e spesso mai sperimentavano un secondo episodio. Jonathan Cole del NIMH scriveva nel 1964: “ La depressione è, nel complesso, una delle patologie psichiatriche con la migliore prognosi per il recupero, con o senza trattamento" Tenuto conto di questa comprensione del corso naturale della depressione, gli esperti del NIMH credevano che gli antidepressivi potessero accorciare i tempi di recupero, ma non sarebbero stati in grado di aumentarli a lungo termine. La ragione, ha spiegato Dean Schuyler, capo della sezione depressione al NIMH, nel 1974, era che la maggior parte degli episodi depressivi "faranno il loro corso e fino ad un recupero praticamente completo senza intervento specifico.

Abram Hoffer, psichiatra ortomolecolare afferma:

La schizofrenia ha un tasso di recupero naturale è del 50%. Con la medicina ortomolecolare, il tasso di recupero è del 90%. Con i farmaci, è del 10%. Se si utilizzano solo farmaci, non sarà possibile ottenere miglioramenti.
Se la schizofrenia colpisce una persona a 25 anni, se prende solo farmaci è finita. Oggi ai pazienti vengono somministrati farmaci e poi  rilasciati a sè stessi.

Quindi la malattia mentale sta diventando un'epidemia creata a arte e la responsabilità di tutto questo sta nell'ingordigia innata dell'uomo e nell'ignoranza. Il dio denaro e la logica di profitto imperversano nel mondo di oggi. Hoffer conclude:

Il denaro, come l'acqua, si infila in ogni possibile crepaccio. Siamo letteralmente sommersi da questa acqua velenosa che viene dalla medicina moderna. Per troppo tempo  Big Pharma sta dettando legge.

Una cosa che posso augurare a tutti è quella di comprendere bene questo punto:
L'approccio allopatico della medicina moderna è fallimentare.
Prima si riesce a capirlo e meglio è. Occorre cambiare paradigma, liberare noi stessi da questo concetto sbagliato: chidetevi profondamente perchè dovete avvelenarvi per guarire da un sintomo.

martedì 20 settembre 2011

Riprendere in mano la propria vita

Come ex utente dei servizi della salute mentale, 'recuperato' per 18 anni ho il desiderio di condividere le mie conoscenze per indicare una strada per il proprio recupero.

Gli  psicofarmaci alla lunga provocano solo gravi danni nel tentativo spesso fallimentare di sopprimere i sintomi e non intaccano le vere cause dei disturbi mentali.

E' vero che spesso si dimostrano salvavita, ma esattamente come  qualunque altra sostanza psicoattiva che potrebbe assolvere al compito, per esempio, di uscire dalla depressione o da una pericolosa psicosi.
Il punto è : Ma è proprio necessario ricorrere ad intossicarsi  per affrontare il disturbo mentale?
Si tratta di scegliere una via : tre sono le possibilità:

  1. La via tossico - farmacologica 
  2. La via olistica
  3. Nessuna via
 E' logico che la  soluzione 3 ha poco senso, in quanto implica fregarsene di avere un problema, ma sembra piuttosto comune in quelle  persone che non sanno di essere 'malati' di mente, nonostante che andare fuori di testa dovrebbe essere concesso almeno una volta nella vita. 

La via farmacologica è quella predominante, per vari motivi pratici  e forse sopratutto economici.
Tutta la cultura psichiatrica oggi converge sulla necessità dei farmaci, eppure le malattie mentali sono in costante aumento. Da quando si definisce buona medicina l'incremento della patologia che deve curare?
La 'buona medicina' ha debellato molte malattie una volta incurabili, perchè non è accaduto la stessa cosa con le cosiddette malattie mentali?

La via olistica si allontana dal concetto medico allopatico; non mera soppressione di sintomi ma azioni mirate ad attaccare tute le possibili cause a livello fisico, biologici, e mentale.
Se il disagio è il risultato di una serie di concause, occorre arrivare a capire cosa non va bene e cercare di porvi rimedio. Se non si ha coscienza / conoscenza del problema il recupero non sarà possibile.

Cosa significa dunque guarire dalla malattia mentale?
Nella maggioranza dei casi, come  non è possibile disimparare ad andare in bicicletta, guarire da una  'possibilità di essere' è altrettanto difficile. Per la psichiatria,  la guarigione dalla malattia mentale non è contemplata. Per tutti i casi in cui le cause sono note ovviamente, significa eliminare la causa scatenante.
Occorre allora definire cosa si intende per guarigione, anche se a poco senso parlare di guarire da un modo di essere. Sicuramente si può cambiare il nostro modo di essere ma ciò non significa guarire da una malattia, piuttosto da un'abitudine sbagliata. Io posso impegnarmi tutta la vita a non andare in bicicletta ma è facile che torni in sella almeno un'altra volta, per qualche necessità.
In definitiva definisco  recupero dalla malattia mentale come il pieno ritorno a quella integrità più o meno breve che abbiamo avuto nell'arco ella vita in cui il disagio non si manifestava, il ritorno verso ciò che conosciamo essere il nostro io più vero e genuino, che si mantenga il più a lungo possibile.. 
Può succedere anche che ci si riconosca costantemente 'malati' dalla nascita, in tal caso, il recupero sarà più difficile.