martedì 6 dicembre 2011

Luoghi comuni in psichiatria - III

3 - La malattia mentale non trattata (con psicofarmaci) diventa cronica e tende a peggiorare. 

Come ho scritto in precedenza, sembra vero semmai il contrario. Sicuramente se non si correggono in qualche modo la cause a monte, ovvero un atteggiamento fisico e mentale negativo, i disturbi non spariranno.
Spesso le storie raccontano di abusi, di vite sregolate e difficoltà di vario genere, tra cui fallimenti, delusioni, perdite ecc.
Generalmente con l'avanzamento dell'età il ritmo vitale tende a stabilizzarsi e vi è meno interesse per il ricorso a sostanze ricreative per esempio. Per questi e altri motivi, una volta passata la crisi iniziale, molte persone una volta godevano di stabilità per lunghissimi periodi di tempo. 
Ancora oggi penso che molta gente goda di questa stabilità. La sola e unica differenza con i pazienti psichiatrici sta nell'avere un marchio, ovvero lo stigma di una diagnosi. Questa cambia radicalmente e inesorabilmente la direzione della vita futura di queste persone. 

Leggo articoli di psichiatria organicista, dove si spiega con termini comprensibili solo agli addetti, delle numerose prove, degli studi in doppio cieco randomizzati sulla pelle di numerosi malcapitati sottoposti alle loro benefiche terapie. Salvo poi scoprire a piè di pagina che l'autore esimio psichiatra collabora come consulente con le più grosse compagnie farmaceutiche. 
Immagino con quanto scrupolo  hanno elaborato questi studi per avere risultati a loro favore, finanziati e molto probabilmente pilotati dalle stesse.
Si legge di aderenza alla cura, di combinazioni magiche di sostanze spesso complementari, di effetti secondari trascurabili rispetto alle sostanze osannate solo pochi anni addietro con la stessa enfasi. 
C'è poco da fare; eppure basterebbe cambiare paradigma. Una prospettiva diversa tuttavia entra in antitesi con quello che ci hanno sempre insegnato fin dalla nascita, ovvero, il cercare al di fuori di noi la causa dei nostri malesseri, delle nostre frustrazioni, delle nostre sofferenze. 
Il desiderio di annullare il nostro disagio con la semplice azione di prendere una pillola è profondamente radicato nella nostra mentalità, lo si capisce bene dall'enorme abuso che vediamo oggi per molti farmaci anche di uso comune. Con la differenza non trascurabile che questi ultimi non vengono generalmente assunti in modo continuativo. 

C'era una volta.. 

"Nel 1960, all'inizio dell'era degli antidepressivi, gli esperti in questa malattia regolarmente scrivevano che la depressione è un disturbo episodico, che ci si poteva aspettare di chiarire con il tempo. Dean Schuyler, capo della sezione depressione al NIMH spiegò in un libro del 1974 che più episodi depressivi "avranno il loro corso e termineranno con un recupero praticamente completo senza interventi specifici." Nel 1969, George Winokur, uno psichiatra della Washington University, era dello stesso parere: "I pazienti e le loro famiglie possono essere tranquillizzati sul fatto che gli episodi successivi di malattia dopo un primo episodio di mania o anche una prima depressione non tenderanno verso un decorso più cronico".

Mi chiedo allora perché oggi le cose vadano diversamente. Cosa è cambiato? 
A guardare meglio tuttavia,  se spostiamo lo sguardo un po al di fuori degli ambienti popolati dai 'portatori di diagnosi psichiatriche' si scopre che esiste una fetta di individui la cui esperienza riflette ciò che afferma la citazione precedente. Persone che generalmente riescono a condurre una vita normale nonostante siano stati coinvolti in problemi mentali nel passato. L'unica differenza rispetto ai 'malati' risiede in una diagnosi psichiatrica e il convincimento di avere una malattia mentale. Alcune di queste persone possono essere attivamente impegnate nei gruppi antagonisti e partecipare alla lotta antipsichiatrica, ma presumo che molti altri siano semplicemente disinteressati al tema della malattia mentale, e che tendono a rimanere fuori dalla psichiatria per altri motivi, perché sentono intimamente di non appartenere a nessuna di tali artificiose categorie psichiatriche. 

Come avrò modo di approfondire in futuro, lo stigma della diagnosi ha un contributo enorme nello sviluppo della cosiddetta malattia mentale. Ecco un caso esemplare per comprendere come un differente approccio può cambiare drammaticamente il corso della vita. 

Storia di gemelli: 

"Sorelle gemelle identiche, con una storia familiare molto disfunzionale nell'età dello sviluppo. Una sorella ha superato la storia, l'altra ha cominciato 15 anni fa ad assumere Zoloft, Prozac e Effexor. La sua psichiatra è una che vede i suoi pazienti per 15 minuti ogni 3 mesi e delega alla droga (psicofarmaci) ogni interazione che richiederebbe un tocco umano, un minimo di aiuto concreto. La sorella medicata non è stata in grado di risolvere la sua depressione, nonostante le medicine. Ciò che è spaventoso è vedere l'effetto debilitante di 15 anni di cure farmacologiche. Il gemello medicato ha sviluppato tremori come un Parkinson nella fase iniziale, rotola la lingua, la spinge fuori dalla bocca e si sfrega le dita indice di entrambe le mani contro la nocca del pollice in uno schema circolare. È incline a scoppi emotivi, ha perso ogni legame con il sesso e il desiderio sessuale. Vive da sola lontano dalla sua famiglia. L'altra sorella, non medicata è al contrario molto ben inserita, ha una buona vita, ha progredito nella sua carriera e ha vinto la sua depressione 20 anni fa."

Quindi il presunto peggioramento della malattia mentale non trattata, sarebbe una ulteriore invenzione della biopsichiatria moderna, così come il mito dello squilibrio chimico del cervello. A causa di questa forte credenza, la gente con simili problemi viene convinta ad accettare una sentenza crudele, senza appello che la stringerà sempre di più in una morsa opprimente, costretta ed incanalata per il resto della vita da assumere il ruolo di malato mentale con tutte le drammatiche conseguenze del caso.

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