Come ho già
ripetuto, non sono contrario ai farmaci per ideologia ma solamente
perché ritengo inconcepibile intossicare il corpo per guarire da
una malattia che a sua volta può provenire da
un'intossicazione.
Anche nel campo
psichiatrico 'olistico' i medici si dividono tra quelli che in nessun
caso userebbero farmaci psicotropi ed altri che li considerano
indispensabili in casi estremi.
La gravità di
tali casi dipende anche da una valutazione soggettiva.
Un conto però è
sentire un paziente parlare del suo desiderio di farla finita, altro
è vedere una persona che si tortura con atti di autolesionismo
oppure manifesta violenza sugli altri.
Sebbene anche queste
situazioni estreme, possono essere gestite e risolte in modo 'pacifico'
applicando tecniche specifiche, i medici preferiscono usare la sola
cosa che riconoscono efficace, ovvero i farmaci, piuttosto che
sforzarsi di capire le ragioni dell'altro, entrare per un po nel suo
mondo. (1)
Ecco qui alcuni
pensieri di medici che a mio parere, hanno veramente abbracciato il loro
giuramento di "Primo non nuocere":
Dr. Luigi Cancrini, Psichiatra
La depressione clinica è diventata il riferimento per ogni forma di disagio psicologico. Siamo tutti malati e tutti da curare: con i farmaci, naturalmente. Lo dicono con sicurezza 'scientifica' gli psichiatri-vedette della pillola a tutti i costi. Lo ripetono ormai da anni in libri, giornali e trasmissioni televisive, con un martellamento persuasivo che ha, purtroppo, avuto i suoi effetti. Il paradosso è che l'allarme è tanto amplificato, quanto la terapia proposta - il farmaco - è improntata a sopprimere ogni riflessione e ogni approfondimento sui motivi della sofferenza. Si grida alla depressione, ma la cura è il silenzio.
Quali consigli si
possono dare a chi sta scivolando in uno stato psichico patologico?
Gli direi con
umiltà i cercare l’aiuto di qualcuno che possa aiutarlo
temporaneamente nel decodificare i segnali del suo disagio, nel
capire il senso, cogliendo così l’opportunità di riorientare la
sua vita. Gli direi di scegliere con accortezza uno specialista che
non instradi verso l’utilizzo del farmaco, ma che sia disposto e
preparato alla via psicoterapeutica e ad un approccio olistico.
Gli direi infine
di riferirsi a dei gruppi di auto aiuto, dei gruppi tra “pari” in
cui è possibile trovare importanti condivisioni, scambi e supporto
reciproco, partendo da similari esperienze di sofferenza.
Quali stili di
vita possono aiutarci a mantenere un equilibrio psicofisico e
relazionale?
Produrre buoni
pensieri, avere buone emozioni, dire parole buone, fare buone azioni:
sorridere a se stessi, agli altri, al mondo. E salutare con il cuore
bene-dicente. Portare gioia nella vita: amare, lavorare e pregare.
Non uccidere, neanche gli animali: diventare vegetariani, ancor
meglio Vegan.
E infine non
dimenticare che chi punta sulla pastiglia, la salute non la piglia!
Non può esserci
infatti vera guarigione se non si comprende prima il senso profondo
della propria sofferenza; non può esserci vera guarigione se non si
trascende se stessi e l’equilibrio esistenziale prima strutturato.
Spesso gli
psicofarmaci, mal utilizzati, impediscono la presa di coscienza delle
vere problematiche a monte della malattia. Problematiche ben più
ampie di quanto il riduzionismo farmacologico accademico imperante ci
voglia imporre.
Un cambiamento di
paradigma in psichiatria è da anni rincorso, con vicende alterne.
Una visione
olistica del problema, dove i fattori psicologici, sociali,
antropologici, spirituali e culturali, si fondono, nella genesi e
cura dei disturbi psichici - in maniera circolare - con il ruolo
dell’alimentazione, della tossicità ambientale e della iatrogenesi
farmacologica laddove documentata, potrebbe essere, a nostro avviso,
un nuovo coraggioso modo di procedere.
Da tale nuovo
paradigma scaturirebbe un’appropriato utilizzo degli psicofarmaci,
riservato alle condizioni di contenimento del disagio mentale, non
diversamente trattabile.
A nostro avviso,
lo psicofarmaco è una terapia sostitutiva, e per definizione le
terapie sostitutive sono indicate per sostituirsi al biochimismo
interno quando insufficiente, non certo per stimolarlo.
Ma il concetto
più psichicamente mostruoso ed inaccettabile che
l'industria-psichiatrica ha inventato, consiste nel << malato
che resiste alla terapia>>: quando la psichiatria non guarisce,
bolla il malato come “cronico” e, piuttosto che accettare il suo
fallimento e dire la verità, “incolpa” il paziente del suo
insuccesso il quale diventa capro espiatorio…..di se stesso! Invece
di essere l'emblema evidente della sconfitta scientifica,
furbescamente viene “medicalizzato” l'insuccesso, con il marchio
di ...<<resistente alla terapia>>.
..Sono state
coniate purtroppo, anche le cosiddette "malattie Iatrogene"
o da farmaci, che
invece di
sancire, con il minimo di buon senso rimasto a noi medici, il momento
di interrompere il danno introdotto dai farmaci stessi, vengono
invece trattate indovinate con cosa? Eh si proprio con altri farmaci!
La mia lunga
attività di medico oncologo e di ricercatore, assolutamente libero
ed indipendente dalle multinazionali del farmaco o da qualsiasi altro
potente interesse economico organizzato, mi porta a sostenere con
assoluta convinzione che qualsiasi malattia non è altro che una
risposta perfettamente normale ad un ambiente patologico o ad uno
stile di vita patologico, detto altrimenti ”anormale”.
Ma l’ambiente
patologico e lo stile di vita patologico sono la naturale conseguenza
di uno spirito malato. Uno spirito malato è uno spirito
caratterizzato da pensieri, convinzioni, valori, emozioni, sentimenti
,stati d’animo patologici.
Per quanto si
senta dire che questo disturbo venga efficacemente "curato"
dalla medicina tradizionale è bene fare alcune considerazioni:
- la terapia farmacologica, anche se continuativa, non esclude affatto l'eventualità di possibili ricadute;
- la terapia farmacologica non guarisce dalla malattia, possiamo dire al massimo che riesce (in maniera più o meno efficace) a controllarla;
- i pazienti che si rivolgono all'omeopatia lo fanno in genere sia perchè sentono gli effetti collaterali, spesso importanti, dei farmaci che assumono, sia perchè si rendono conto che il farmaco non aiuta a risolvere il loro problema (= guarire la persona) ma si limita a tenere sotto controllo in maniera sintomatica una situazione che è comunque destinata a rimanere tale e quale senza nessuna prospettiva di vera guarigione.
La sesta
considerazione di base della medicina olistica è che ogni malattia è
l'effetto dell'ignoranza o inconsapevolezza delle leggi del Tutto.
Guarire quindi significa innanzitutto rientrare in una profonda
armonia con il tutto, evolvere interiormente, trasformare la propria
inconsapevolezza in coscienza luminosa ed amorevole di sé. La via
della guarigione diventa la via della realizzazione, della saggezza.
Per questo le grandi medicine del passato sono sempre state fatte
risalire a grandi personaggi spirituali, ai Budda della medicina, ai
maestri di saggezza, agli uomini ed alle donne di conoscenza. Ad essi
spettava il compito di guarire l'animo delle persone, oltre che il
corpo e la mente. Nelle tradizioni taoista, greca, ayurvedica,
tibetana, la legge del tutto veniva chiamata: Dharma, Logos, Tao.
Queste leggi di natura regolano le nostre cellule, il metabolismo del
nostro corpo, così come il ritmi più sacri della vita e della
morte.
Antidepressivi:
Si tratta di
farmaci altamente tossici, dei quali è largamente ignoto il
meccanismo d’azione e che vengono spesso utilizzati sulla base di
ipotesi non provate.
[..]
Gli psicofarmaci
non hanno la possibilità di risolvere problemi, ma regolarmente li
aggravano e ne introducono di nuovi, tra cui appunto impoverimento
spirituale e dipendenza. Se un tempo non lontano erano solo gli
psichiatri (ma non tutti) che promuovevano cure farmacologiche per la
mente (fa parte della cosiddetta gestione terapeutica psichiatrica,
quello di convincere la persona ad assumere farmaci affermando che
otterrà dei risultati certi), mentre i medici di famiglia erano
sostanzialmente contrari, oggigiorno la maggior parte di questi
ultimi, spesso in buona fede, sono pienamente coinvolti e i farmaci
che danno dipendenza sono ovviamente i più remunerativi. La
dipendenza dagli psicofarmaci è del tutto simile alla dipendenza
dalle droghe, con l’aggravante che i primi vengono promossi da
parte di chi invece dovrebbe mettere in guardia dal loro uso, visto
che l’unica conferma scientifica è relativa alla loro tossicità e
pericolosità, il resto sono solo congetture mai confermate.
NOTE
(1) Beyond Belief - Tamasin Knight 2009
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