venerdì 28 ottobre 2011

La parola ai medici

Come ho già ripetuto, non sono contrario ai farmaci per ideologia ma solamente perché ritengo inconcepibile intossicare il corpo per guarire da una malattia che a sua volta può provenire da un'intossicazione.
Anche nel campo psichiatrico 'olistico' i medici si dividono tra quelli che in nessun caso userebbero farmaci psicotropi ed altri che li considerano indispensabili in casi estremi.
La gravità di tali casi dipende anche da una valutazione soggettiva.
Un conto però è sentire un paziente parlare del suo desiderio di farla finita, altro è vedere una persona che si tortura con atti di autolesionismo oppure manifesta violenza sugli altri.
Sebbene anche queste situazioni estreme, possono essere gestite e risolte in modo 'pacifico' applicando tecniche specifiche, i medici preferiscono usare la sola cosa che riconoscono efficace, ovvero i farmaci, piuttosto che sforzarsi di capire le ragioni dell'altro, entrare per un po nel suo mondo. (1)
Ecco qui alcuni pensieri di medici che a mio parere, hanno veramente abbracciato il loro giuramento di "Primo non nuocere":


Dr. Luigi Cancrini, Psichiatra

La depressione clinica è diventata il riferimento per ogni forma di disagio psicologico. Siamo tutti malati e tutti da curare: con i farmaci, naturalmente. Lo dicono con sicurezza 'scientifica' gli psichiatri-vedette della pillola a tutti i costi. Lo ripetono ormai da anni in libri, giornali e trasmissioni televisive, con un martellamento persuasivo che ha, purtroppo, avuto i suoi effetti. Il paradosso è che l'allarme è tanto amplificato, quanto la terapia proposta - il farmaco - è improntata a sopprimere ogni riflessione e ogni approfondimento sui motivi della sofferenza. Si grida alla depressione, ma la cura è il silenzio.


Quali consigli si possono dare a chi sta scivolando in uno stato psichico patologico?
Gli direi con umiltà i cercare l’aiuto di qualcuno che possa aiutarlo temporaneamente nel decodificare i segnali del suo disagio, nel capire il senso, cogliendo così l’opportunità di riorientare la sua vita. Gli direi di scegliere con accortezza uno specialista che non instradi verso l’utilizzo del farmaco, ma che sia disposto e preparato alla via psicoterapeutica e ad un approccio olistico.
Gli direi infine di riferirsi a dei gruppi di auto aiuto, dei gruppi tra “pari” in cui è possibile trovare importanti condivisioni, scambi e supporto reciproco, partendo da similari esperienze di sofferenza.
Quali stili di vita possono aiutarci a mantenere un equilibrio psicofisico e relazionale?
Produrre buoni pensieri, avere buone emozioni, dire parole buone, fare buone azioni: sorridere a se stessi, agli altri, al mondo. E salutare con il cuore bene-dicente. Portare gioia nella vita: amare, lavorare e pregare. Non uccidere, neanche gli animali: diventare vegetariani, ancor meglio Vegan.
E infine non dimenticare che chi punta sulla pastiglia, la salute non la piglia!



Non può esserci infatti vera guarigione se non si comprende prima il senso profondo della propria sofferenza; non può esserci vera guarigione se non si trascende se stessi e l’equilibrio esistenziale prima strutturato.
Spesso gli psicofarmaci, mal utilizzati, impediscono la presa di coscienza delle vere problematiche a monte della malattia. Problematiche ben più ampie di quanto il riduzionismo farmacologico accademico imperante ci voglia imporre.
Un cambiamento di paradigma in psichiatria è da anni rincorso, con vicende alterne.
Una visione olistica del problema, dove i fattori psicologici, sociali, antropologici, spirituali e culturali, si fondono, nella genesi e cura dei disturbi psichici - in maniera circolare - con il ruolo dell’alimentazione, della tossicità ambientale e della iatrogenesi farmacologica laddove documentata, potrebbe essere, a nostro avviso, un nuovo coraggioso modo di procedere.
Da tale nuovo paradigma scaturirebbe un’appropriato utilizzo degli psicofarmaci, riservato alle condizioni di contenimento del disagio mentale, non diversamente trattabile.
A nostro avviso, lo psicofarmaco è una terapia sostitutiva, e per definizione le terapie sostitutive sono indicate per sostituirsi al biochimismo interno quando insufficiente, non certo per stimolarlo.



Ma il concetto più psichicamente mostruoso ed inaccettabile che l'industria-psichiatrica ha inventato, consiste nel << malato che resiste alla terapia>>: quando la psichiatria non guarisce, bolla il malato come “cronico” e, piuttosto che accettare il suo fallimento e dire la verità, “incolpa” il paziente del suo insuccesso il quale diventa capro espiatorio…..di se stesso! Invece di essere l'emblema evidente della sconfitta scientifica, furbescamente viene “medicalizzato” l'insuccesso, con il marchio di ...<<resistente alla terapia>>.



..Sono state coniate purtroppo, anche le cosiddette "malattie Iatrogene" o da farmaci, che
invece di sancire, con il minimo di buon senso rimasto a noi medici, il momento di interrompere il danno introdotto dai farmaci stessi, vengono invece trattate indovinate con cosa? Eh si proprio con altri farmaci!



La mia lunga attività di medico oncologo e di ricercatore, assolutamente libero ed indipendente dalle multinazionali del farmaco o da qualsiasi altro potente interesse economico organizzato, mi porta a sostenere con assoluta convinzione che qualsiasi malattia non è altro che una risposta perfettamente normale ad un ambiente patologico o ad uno stile di vita patologico, detto altrimenti ”anormale”.
Ma l’ambiente patologico e lo stile di vita patologico sono la naturale conseguenza di uno spirito malato. Uno spirito malato è uno spirito caratterizzato da pensieri, convinzioni, valori, emozioni, sentimenti ,stati d’animo patologici.



Per quanto si senta dire che questo disturbo venga efficacemente "curato" dalla medicina tradizionale è bene fare alcune considerazioni:

  • la terapia farmacologica, anche se continuativa, non esclude affatto l'eventualità di possibili ricadute;
  • la terapia farmacologica non guarisce dalla malattia, possiamo dire al massimo che riesce (in maniera più o meno efficace) a controllarla;
  •  i pazienti che si rivolgono all'omeopatia lo fanno in genere sia perchè sentono gli effetti collaterali, spesso importanti, dei farmaci che assumono, sia perchè si rendono conto che il farmaco non aiuta a risolvere il loro problema (= guarire la persona) ma si limita a tenere sotto controllo in maniera sintomatica una situazione che è comunque destinata a rimanere tale e quale senza nessuna prospettiva di vera guarigione.


La sesta considerazione di base della medicina olistica è che ogni malattia è l'effetto dell'ignoranza o inconsapevolezza delle leggi del Tutto. Guarire quindi significa innanzitutto rientrare in una profonda armonia con il tutto, evolvere interiormente, trasformare la propria inconsapevolezza in coscienza luminosa ed amorevole di sé. La via della guarigione diventa la via della realizzazione, della saggezza. Per questo le grandi medicine del passato sono sempre state fatte risalire a grandi personaggi spirituali, ai Budda della medicina, ai maestri di saggezza, agli uomini ed alle donne di conoscenza. Ad essi spettava il compito di guarire l'animo delle persone, oltre che il corpo e la mente. Nelle tradizioni taoista, greca, ayurvedica, tibetana, la legge del tutto veniva chiamata: Dharma, Logos, Tao. Queste leggi di natura regolano le nostre cellule, il metabolismo del nostro corpo, così come il ritmi più sacri della vita e della morte.



Antidepressivi:
Si tratta di farmaci altamente tossici, dei quali è largamente ignoto il meccanismo d’azione e che vengono spesso utilizzati sulla base di ipotesi non provate.
[..]
Gli psicofarmaci non hanno la possibilità di risolvere problemi, ma regolarmente li aggravano e ne introducono di nuovi, tra cui appunto impoverimento spirituale e dipendenza. Se un tempo non lontano erano solo gli psichiatri (ma non tutti) che promuovevano cure farmacologiche per la mente (fa parte della cosiddetta gestione terapeutica psichiatrica, quello di convincere la persona ad assumere farmaci affermando che otterrà dei risultati certi), mentre i medici di famiglia erano sostanzialmente contrari, oggigiorno la maggior parte di questi ultimi, spesso in buona fede, sono pienamente coinvolti e i farmaci che danno dipendenza sono ovviamente i più remunerativi. La dipendenza dagli psicofarmaci è del tutto simile alla dipendenza dalle droghe, con l’aggravante che i primi vengono promossi da parte di chi invece dovrebbe mettere in guardia dal loro uso, visto che l’unica conferma scientifica è relativa alla loro tossicità e pericolosità, il resto sono solo congetture mai confermate.


NOTE
(1) Beyond Belief  - Tamasin Knight  2009

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