Attualmente circa la metà della popolazione da 6
anni in su, risulta affetta da una malattia cronica che dovrà essere
curata con farmaci specifici vita natural durante. Una persona su
due sono già un mercato molto allettante ma evidentemente non basta
ancora. Il nuovo manuale diagnostico in lavorazione, il DSM V
aggiunge altre nuove patologie psichiatriche per allargare
ulteriormente il mercato. Tuttavia emergono molte critiche,
specialmente da quei medici che si stanno accorgendo come le
prescrizioni di psicofarmaci siano ormai diventando una norma, ancor
prima di indagare (non senza fatica) su possibili cause organiche ,
condizione di salute generale, intossicazione ecc.
Meglio quindi
liquidare subito il paziente, dopo 15 minuti , mezz'ora di colloquio
con la sua brava ricetta in mano.
Questa pratica
degrada sia il medico, che si vede ridotto a pusher autorizzato e
ancora di più il paziente al quale viene fornita senza tanti
preamboli una prospettiva di sofferenza senza fine. Certo, gli viene
detto che curandosi riuscirà a stare bene anche a lungo se segue
scrupolosamente le istruzioni. Egli osserva dall'esterno i suoi
pazienti ed ha già stabilito il suo criterio di salute mentale: i
suoi pazienti stanno bene se non hanno crisi. Non importa se
sviluppano altre patologie in seguito alle cure, se hanno ulteriori
problemi fisici, se aumentano di peso in modo abnorme, se perdono la
vitalità . la concentrazione , la memoria , il desiderio e la
sensibilità verso le emozioni. Quello che conta è la vittoria sui
singoli sintomi della malattia , del marchio indelebile di cui il
paziente è portatore cronico.
Un'amica mi
raccontò cosa gli disse il suo psichiatra, quando gli fece una
domanda sul farmaco che prendeva, se poteva avere effetti spiacevoli
sui suoi reni già malandati. Gli disse semplicemente : “Ti
preoccupano più i tuoi reni o la follia?” U altro più cauto
avrebbe risposto come ci si aspetterebbe, cioè consigliare un
farmaco più tollerato dai reni.
“Meglio
sovrappeso e diabetici che psicotici!”, questo è il ragionamento
che normalmente fanno.
Perché in fondo
sanno che questi rimedi non sono proprio caramelle, ma davanti alla
prospettiva della follia diventa tutto lecito, anche rinnegare il
proprio giuramento “Primo non nuocere”.
E comunque sempre
meglio la contenzione, il TSO e le iniezioni forzate rispetto al
rogo, la deportazione , il coma insulinico e la lobotomia del
passato. Si può dire di essere in un certo senso fortunati, come
pazienti/utenti psichiatrici a vivere in questa epoca.
Pure molti medici
cosiddetti olistici, davanti alla malattia mentale si tirano
indietro, consigliano il parere di uno psichiatra con la scusa:
“Esistono malattie che richiedono inevitabilmente psicofarmaci”.
Il movimento dei
sopravvissuti/utenti psichiatrici è anch'esso diviso tra chi
proclama la necessità dei farmaci e chi li evita e sconsiglia.
A questo punto ai
pazienti non rimane altro che subire , oppure diventare esperti loro
stessi della propria salute mentale, studiare le caratteristiche dei
farmaci e eventuali rimedi alternativi, leggendo esperienze di altri
nelle stesse condizioni che ne sono usciti ecc.. in altre parole :
“Dovete capire da voi se i farmaci sono parte della soluzione o
piuttosto parte del problema” come diceva Judi Chamberlin.
In base a questo
decidere cosa è meglio per noi: accettare di intossicarci a vita,
consci delle difficoltà oppure scegliere la via della libertà,
consapevoli delle enormi capacità di guarigione del nostro corpo.
Una via anch'essa non certo priva di ostacoli ma possibile.
In gran parte
questa consapevolezza viene negata dalla diagnosi in poi, le persone
accettano loro malgrado questa pesante sentenza, rincuorate dalla
certezza di avere a che fare con una subdola malattia 'curabile'
proprio come il diabete.
Ci sono
innumerevoli cause organiche nelle quali sono state individuate relazioni con sintomi mentali, ma queste relazioni non
vengono quasi mai prese in seria considerazione.
In caso di psicosi,
la cosa più urgente da fare è somministrare veleni tossici per
attutire i sintomi, segnando già chimicamente i malcapitati/e per il
resto della loro vita.
Se si ha fortuna e
se la terapia ha un termine, può darsi che l'episodio non si
ripresenti in futuro, però gran parte delle persone restano
intrappolate a vita in questa morsa.
Più andiamo avanti
con l'assunzione di queste sostanze, più difficile sarà la loro
dismissione fino a diventare praticamente impossibile liberarsene.
Anche per questo motivo molti scelgono di rimanere sui loro farmaci
pur consapevoli dei danni fisici e psichici che inevitabilmente
subiscono.
A chi mi chiede
perché mi accanisco sempre contro i farmaci rispondo che:
intanto ciascuno dovrebbe essere libero di scegliere cosa è meglio per sé, che questo ci viene negato dalla coercizione e dal lavaggio del cervello che ci fanno per convincerci della bontà delle loro cure.
intanto ciascuno dovrebbe essere libero di scegliere cosa è meglio per sé, che questo ci viene negato dalla coercizione e dal lavaggio del cervello che ci fanno per convincerci della bontà delle loro cure.
Allo stesso tempo ci nascondono
astutamente possibili rimedi alternativi per ragioni di convenienza pratica, marketing e ignoranza. Quei rimedi
adottati da tutte quelle persone che hanno sperimentato e stanno
sperimentando la remissione dalla malattia mentale senza usare
droghe di sintesi.
Libertà non
significa far finta di non avere un problema, ignorare i sintomi,
soffrire gratuitamente per gusto sadico. Significa piuttosto libertà
di conoscenza , di scelta ragionata e consapevole.
In definitiva si
tratta di scegliere tra la violenza e la compassione verso noi
stessi. La scelta farmacologica è un atto di violenza verso il
nostro corpo per stare bene, quando si può stare bene lo stesso senza bisogno di avvelenarci. Questo lo sanno gli animali
allo stato libero, lo sapevano gli umani da millenni ma noi a quanto
pare siamo così evoluti che ce ne siamo dimenticati.
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