Oggi è un giorno triste. Ha saputo che la compagna di un mio conoscente, diagnosticata bipolare I si è tolta la vita gettandosi nel vuoto. Il suicidio di un bipolare, è una tipica risoluzione da manuale di psichiatria. Sappiamo infatti che tra le persone con tale diagnosi, circa una su 2 tenteranno il suicidio prima o poi e alcuni riusciranno nell'impresa. Questa statistica è la prima cosa che gli psichiatri ti dicono naturalmente per farti capire a cosa vai incontro se non segui alla lettera e diligentemente i loro 'trattamenti terapeutici' che consistono come sappiamo di neurotossine preferibilmente in cocktail. Come se fosse ormai assodato che gli psicofarmaci e in generale la presa in carico e le cure psichiatriche impedissero una tale drastica risoluzione. Peccato però che ignorano un'altra statistica che evidenzia invece che i suicidi sono di numero inferiore per chi non fa alcuna cura, oppure ancora un'altra dalla quale si evince che la probabilità di togliersi la vita aumenta di circa 30 volte dopo la dismissione da un reparto psichiatrico.
Si potrebbe allora obbiettare che queste statistiche sono solo numeri che non riflettono la realtà o che altri fattori più o meno sconosciuti concorrono all'aumento dei suicidi tra i quali l'aggravamento improvviso della presunta malattia mentale. Insomma la psichiatria e gli psichiatri avranno sempre la scusa pronta per coprire i loro crimini, anche ripetiamolo nella assoluta convinzione di agire per il bene del paziente e di fare la cosa migliore. D'altra parte però i crimini restano tali e i colpevoli ne dovranno rispondere davanti al loro Karma oltre che davanti alla loro coscienza. E se è vero che la legge di causa effetto è precisa e inevitabile, non vorrei proprio trovarmi nel loro panni.
So che questa donna aveva subìto vari ricoveri con conseguente 'trattamento' standard a base di tossici neurolettici somministrati anche con la forza senza possibilità di scampo.
Nella mia trentennale esperienza di 'bipolare' ho attraversato diverse crisi, chiamate convenzionalmente 'episodi maniacali'. Stranamente però la maggioranza di queste crisi si sono concentrate in un periodo di 6 anni in cui ero 'conforme' cioè quando seguivo diligentemente la 'terapia' a base di stabilizzatori dell'umore. Prima con il litio, poi con antiepilettici. Di queste 4 crisi, 3 le ho smaltite in TSO, portato a forza le prime due volte, convinto con le buone maniere poi.
Quindi ho avuto modo di valutare sulla mia pelle che la cosiddetta 'fase down' che segue inevitabilmente la mania, era assai più grave se prima avevo assunto neurotossine. Come posso affermarlo con sicurezza? Semplicemente perché ho affrontato e risolto altre crisi senza ricorrere a questi veleni.
La riprova l'ho avuta infine nell'ultimo episodio 'maniacale' dove mi sono stati somministrati neurolettici depot (quindi molto più a lungo ) rispetto al passato.
Ricordo per chi non lo sapesse, che queste iniezioni intramuscolo di veleno a lento rilascio durano 15 giorni, un mese o anche di più, non possono essere dismesse nemmeno se si ha un effetto avverso importante grave e immediato. Sono il peggio del peggio che la perversa mente dei ricercatori psichiatrici farmaceutici (veri e propri sadici secondo me) possa essere in grado di escogitare.
Non ce la faccio a descrivere con le sole parole cosa accadeva dentro di me durante questa ultima depressione. Posso provare a fare delle analogie, ma saranno sempre lontane dal dare un'idea precisa di come mi sentivo. Come era accaduto anche le altre volte, la fase down arrivò rapidamente dopo circa un mese dal rilascio dal reparto psichiatrico. Sapevo bene cosa mi aspettava, come mi sarei sentito, con tutta la sintomatologia classica e i pensieri di fallimento e annullamento che non sto qui a elencare. Sarebbero ricominciati i rimuginii con il consolante pensiero pressoché costante che avrei potuto togliermi la vita e finirla ma sapevo anche stringere i denti e andare avanti, in fondo non era qualcosa di veramente impossibile da sopportare a parte alcuni brevissimi attimi di smarrimento, e poi sarebbe durata solo un paio di mesi, insomma avevo le spalle larghe, ero provato da grandi delusioni e perdite nella vita, tra le quali la più grande in assoluto sicuramente l'improvvisa morte di mio padre per infarto, il mio idolo quando ero adolescente. Avevo un metro di paragone per la sensazione di vuoto e di estrema tristezza del massimo livello, non avrei mai potuto sperimentare qualcosa di ancora peggiore. Ma al peggio, sappiamo che non vi è mai fine; quella volta c'era una cosa nuova: c'era l'inferno intero, un enorme buco nero che mi avvolse.
Un bel giorno mi svegliai con il vuoto assoluto davanti. Magari fosse stato soltanto un vuoto opprimente, la tipica pressione al plesso solare o il buco nello stomaco che già conoscevo molto bene. Era qualcosa di veramente inedito, non riuscivo a pensare ad altro che: "cavoli, cosa mi sta succedendo?"
Non riuscivo a stare da nessuna parte. Sia che mi distendessi a letto, che mi sedessi o che mi muovessi non riuscivo a stare nel mio corpo. Non riuscivo a sopportare la mia mente, non avevo alcun modo per distrarmi, anzi, non riuscivo proprio a distrarmi con niente, nemmeno facendo la cosa più bella al mondo.
Riuscivo a comunicare, a parlare con la mia donna, a mangiare anche se avevo un appetito scarsissimo, quando invece normalmente apprezzo molto il buon cibo.
L'unica cosa che riuscivo a fare, per fortuna era dormire. Il sonno era l'unico momento di vera quiete dove il malessere magicamente spariva. Peccato che non potevo dormire sempre 24 ore su 24 fino al giorno in cui mi sarei svegliato senza sofferenza. Quando durante il sonno mi svegliavo, c'èra un attimo, un brevissimo istante di incoscienza dove stavo bene (o per meglio dire non stavo male) prima di venire di nuovo risucchiato in quel buco nero. Mi aggrappavo a quell'attimo, dove ero allo stesso tempo libero dall'incoscienza totale del sonno e dalla sofferenza come l'affamato che pregusta un buon pranzo dopo un lunghissimo digiuno forzato. O l'amante che anela al culmine dell'atto sessuale. Momento breve ma molto intenso.
La mia ipotesi è che questa volta si era aggiunta quella che chiamano Acatisia, una sensazione terribile di irrequietezza che spesso porta al suicidio, un effetto tipico dei farmaci neurolettici.
Da esperto conoscitore ormai della depressione in quanto già attraversata per diverse volte, sapevo che se riuscivo a distrarmi con qualche occupazione piacevole, se stavo più al sole o nella natura se cercavo di fare esercizio fisico potevo cavarmela relativamente bene e pure con il pensiero fisso di annullamento avrei stretto i denti e aspettato che passasse da sola. Ma niente mi aveva preparato a quella cosa li.
A quel tempo non avevo un lavoro continuativo che potesse distrarmi, e comunque molto probabilmente non sarei stato in grado di svolgerlo. Era però estate e potevo stare sulla spiaggia al mare e fare il bagno. Ma quando andavo al mare, mi prendeva un irresistibile desiderio di annegare. Amo molto fare il bagno al mare e solitamente sto a lungo in acqua e mi spingo al largo, appena prima delle boe di sicurezza e a volte anche oltre se le condizioni lo permettono. In quei giorni avevo paura di immergermi o se lo facevo, cercavo di stare vicino alla riva e per poco tempo. Il resto del tempo lo passavo sotto l'ombrellone a rimuginare pregustando le sensazioni di soffocamento, di come sarebbe stato il mio annegamento nei minimi particolari. Pensavo ad esempio al magnifico " Klein und Wagner" di Hesse al momento finale di quando fa morire il protagonista proprio di annegamento.
Un antico detto orientale recita: "Da un grande male può arrivare un grande bene" e in effetti, nel disperato tentativo di cercare il più piccolo appiglio per provare in qualche modo a risalire, provai a smettere di fumare per vedere l'effetto che faceva. Quando sei in quelle condizioni non so perché, riesci ad apprezzare il più lieve miglioramento. E infatti se non fumavo stavo leggermente meglio, ne seguì che da quel preciso momento smisi completamente di fumare senza alcuno sforzo e con facilità (ma avevo anche letto il fantastico libro di Carr come ho avuto modo di scrivere in precedenza) ancora oggi a distanza di 7 anni da allora riesco a mantenermi ex fumatore.
In conclusione, capisco molto bene come qualcuno possa compiere un gesto estremo in determinate condizioni. Io sarò forse stato più fortunato. Ricordo che quando andavo nel mio appartamento a 4° piano dove stavo per alcuni periodi, quando mi sporgevo dal balcone guardavo con bramosia il solido pavimento di piastrelle color mattone, fantasticando su quale mio organo avrebbe toccato per primo il fondo. Ma fra il pensarlo e il farlo vi era allora un abisso.
Questa donna forse ha trovato il coraggio della disperazione, ma io conosco bene anche come ci si sente quando sei preda dell'acatisia.
E chissà, forse non si sarebbe mai spinta così oltre se non avesse subito la violenza degli antipsicotici depot , oggi così di gran moda e osannati dagli psichiatri tutti. Ecco dunque l'ennesima vittima della psichiatria, portatrice di disabilità e morte. Una tragedia che forse si poteva evitare. Ma non temete; i loro medici curanti continueranno a dormire sonni tranquilli senza alcun rimorso e anzi, per loro sarà soltanto l'ennesima conferma della pericolosità della famigerata malattia mentale chiamata disturbo bipolare di tipo I.
recuperamente
recuperamente
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