giovedì 26 febbraio 2015

C'era una volta l'esaurimento nervoso

Quando ero piccolo ricordo che in famiglia a volte si parlava di qualcuno, un parente un conoscente, che aveva attraversato un problema allora per me misterioso, si diceva: "eh, tizio/tizia ha avuto un esaurimento nervoso". Se ne parlava come di qualcosa di ben poco definito, comunque un problema di non poco conto, piuttosto grave ma che avrebbe avuto un esito generalmente positivo per il malcapitato.

Ricordo anche reazioni eccessive a normali fatti della vita di persone a me vicine che potrei definire crisi di nervi ed esaurimento nervoso. 
Una crisi di nervi può essere improvvisa, un'esplosione che solitamente si placa dopo poco tempo. Un esaurimento nervoso invece ha più le caratteristiche della depressione, dura un po più di tempo , anche dei mesi e può richiedere l'abbandono temporaneo della propria attività fino anche al ricovero in ospedale o in una clinica. 

Tuttavia, anche se i termini di per sè non sono molto esplicativi, come fanno i nervi ad esaurirsi è difficile da immaginare, si pensa forse con più facilità ad una stanchezza fisica piuttosto che nervosa. Questo modo di intendere i problemi mentali è completamente caduto in disuso. Anche se forse a volte si sente parlare di 'esaurimento nervoso' riferito a qualche celebrità in preda ad un problema di tipo mentale, questa terminologia è praticamente ignorata in tutti i manuali diagnostici in psichiatria. 

Caratteristica peculiare di esaurimento nervoso o crisi di nervi era la sua transitorietà. Ci si ammalava di nervi come ci si ammala di influenza e una volta superata la febbre o la crisi di nervi si tornava ad essere non malati o 'mentalmente sani'. 
Oggi però questo non succede più.  Quando sentiamo parlare di depressione spesso si intende una malattia cronica e recidivante causata da non meglio precisati squilibri chimici nel cervello.
Oggi le persone sono definite dalle loro patologie, dai loro 'momenti' di difficoltà meno funzionali. Così una persona che ha sperimentato una volta un episodio depressivo maggiore, lo qualifica dal quel momento fino alla morte come uno che ha una malattia chiamata Disturbo depressivo Maggiore.  

Allo stesso modo, io che ho sperimentato la mania in quei rari momenti di crisi che possono capitare anche una sola volta in tutta la vita, sono stato etichettato come affetto dal disturbo bipolare di tipo I. Pertanto sono malato anche nella maggior parte del tempo che sono asintomatico, come se avessi sempre costantemente l'influenza anche se non ho la febbre. E questo giustifica la somministrazione di farmaci a vita perchè si tratta di una malattia cronica proprio come il diabete. Come se per combattere l'insorgere dell'influenza dovessimo assumere tachipirina ogni singolo giorno per tutta la vita. 

Allora  mi chiedo, perché per molti è così difficile capire che questa è una grossa assurdità?
Perché le cose sono talmente ben congeniate che come uno prova a smettere di prendere psicofarmaci, di colpo ripiomba in una profonda crisi. Questo fatto è una cosa talmente evidente che viene semplicemente ignorata dagli psichiatri i quali sono sempre ben disposti a dare la colpa di tutto alla presunta malattia sottostante. 

Ecco una analogia che riguarda gli antidepressivi: 

"Se uno tira una molla dalla sua posizione di equilibrio, la molla esercita una forza di opposizione che tenta di riportare la molla  nella condizione equilibrio, più la molla si sposta  dalla sua posizione di equilibrio, maggiore è la forza di opposizione che la molla produce. Allo stesso modo, gli antidepressivi con effetti maggiori perturbanti dovrebbero far scattare delle forze di opposizione che tentano di riportare  i neurotrasmettitori  a livelli di equilibrio. L'accumulo di tolleranza di opposizione nel trattamento antidepressivo può quindi costringere il sistema a superare il suo equilibrio con l'interruzione, e il grado di superamento dovrebbe essere proporzionale all'effetto perturbante dell' antidepressivo ".

Peciò maggiore è l'effetto perturbante del farmaco, maggiore sarà la reazione del sistema che tenta di tornare al suo equilibrio. 
In tal modo una crisi di reazione ai farmaci diventa sintomo di malattia mentale che ritorna. 
Questo fatto è talmente banale che lo capirebbe anche un bambino, ma evidentemente gli psichiatri da quest'orecchio sono completamente sordi. 
Ma vediamo dunque quali sono i punti peculiari del classico esaurimento nervoso rispetto a quelle che sono le diagnosi psichiatriche di oggi: 

Natura episodica: Uno dice: "Ho avuto una crisi di nervi" , piuttosto che "io sono un esaurimento nervoso" o "ho un disturbo di esaurimento nervoso, anche se in questo momento mi sento bene." E 'stato un evento, non una caratteristica della persona.

Sintomatologia indefinita: Il termine permette all'utente di parlare di un periodo di disagio psicologico, senza necessariamente rivelare tutti i dettagli intimi di come ci si sente.

Trigger-Based: Quando si parla di crisi nervose si tende a concentrarsi sui fattori che le hanno prodotte. "Ero sotto enormi pressioni sul lavoro, ho avuto un problema di salute,  mia moglie mi ha lasciato ecc." Le condizioni tendono a non apparire di punto in bianco ma hanno una condizione ben definita per l'esordio.

Incomprensibile: La maggior parte delle persone capiscono che le parole del termine "esaurimento nervoso" sono il prodotto del patrimonio culturale, non indicano niente di scientifico, e non sono destinate ad essere prese alla lettera

Recuperabile: Gli esaurimenti nervosi sono in genere visti, per loro natura episodica, come gli eventi che sono risolvibili - magari con riposo, una riduzione dello stress, o una rielaborazione sistematica delle proprie circostanze di vita.

Ricorrenza:  L'idea di esaurimento nervoso riconosce che la maggior parte degli episodi di disagio mentale si possa aspettare di risolverli abbastanza bene con un buon recupero inter-episodico. Ma potrebbe anche indicare che una persona può essere più vulnerabile di un'altra a tali episodi, quindi suscettibile di maggiore attenzione per lo stress, lo stile di vita,  e primi segni premonitori di destabilizzazione.

La "rottura di nervi", non è un evento letterale, ma un declino nella capacità della persona di gestire le cose al loro livello precedente. Il recupero in genere comporta riposo, un ripensamento delle circostanze che hanno portato al crollo, e la graduale reintroduzione di elementi della vita della persona.
Ecco, questo oggi non è più possibile, grazie alle diagnosi psichiatriche e alla frenesia degli psichiatri di applicarle, oggigiorno la malattia mentale cronica, inguaribile e invalidante gode di un  momento magico mai visto in precedenza, nonostante tutte le cure farmacologiche. Anzi secondo gli psichiatri ci sarebbero molte più persone malate che non sanno di esserlo convinte invece (poveri ingenui) di avere un 'banale' esaurimento nervoso.

Eccezioni

Certamente ci sono persone in cui una predisposizione biologica a episodi di disagio o di scompenso è un fattore importante. Certamente ci sono persone per le quali è necessario o più utile  un approccio puramente medico, penso ad esempio ai casi  di malattie organiche che implicano disturbi di tipo mentale (es. Pellagra, Malvaria) . E certamente ci saranno individui la cui malattia si rivelerà cronica piuttosto che episodica.

Ma rispetto alle categorie diagnostiche inesatte o imprecise con cui attualmente vengono diagnosticate le persone, l'idea di abbandonare completamente il vecchio 'esurimento nervoso' sembra stupida. Se guardiamo l'utilità per l'individuo , ho il sospetto che questa vecchia prospettiva, meno formale potrebbe essere migliore.


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