mercoledì 24 settembre 2014

Dismissione psicofarmaci: come fare?

ATTENZIONE 
Smettere di prendere psicofarmaci di botto può essere molto pericoloso. Inoltre sconsiglio vivamente la dismissione fai da te, senza un controllo costante di un medico di fiducia che appoggi il vostro desiderio di liberarvi da queste sostanze. 


Dismissione perché

Sembra superflua questa domanda, ma purtroppo molti psichiatri non capiscono questa eventualità, perché ci dicono che i farmaci vanno presi vita natural durante, proprio come l'insulina per i diabetici o le pillole per l'ipertensione. 
Non capiscono che assumere a vita farmaci normalmente  tossici per il corpo non può che peggiorare le condizioni di salute sia fisica che mentale, o se lo capiscono credono che sia sempre un male minore rispetto alla terribile malattia mentale che affligge il loro paziente. Come ho già scritto in precedenza, è stato dimostrato, cifre alla mano, che un  trattamento psico-farmacologico a vita è in grado di accorciare di circa 25 anni l'aspettativa di vita media.

Mi si stringe il cuore quando vedo persone nel fiore degli anni 20-30 già sottoposte a pesanti coktails di quasi tutti i principi attivi usati in psichiatria. Alcuni sono anche contenti dei risultati che hanno avuto e benedicono queste sostanze e gli psichiatri che gliel'hanno prescritte; salvo poi attendere qualche mese o qualche anno se si è molto fortunati prima di cascare dentro un'inferno inimmaginabile, peggiore della stessa presunta malattia che si voleva curare. E allora i medici diranno furbescamente che la malattia si è aggravata perché  è il suo normale decorso anche se magari prima dicevano che è sempre meglio  intervenire precocemente onde evitare peggioramenti. Quindi si cambia terapia bruscamente senza scalare quella vecchia o si aggiungono altre sostanze al cocktail in un'escalation senza fine di sofferenza e invalidità. 

Allora io sono solito dire a queste persone: avete presente, avete mai visto o sentito di qualcuno che assume diligentemente questi vostri miscugli tutti i giorni da 20 - 30 - 40 anni? No? Probabilmente perché è già morta prima o non è più in condizioni tali di fare alcunché. Avete mai letto esperienze di persone felicemente appagate e contente di assumere psicofarmaci da decenni senza accusare alcun problema? 
E' facile mostrare entusiasmo , perfino arroganza quando si è giovani, nel pieno delle forze che però saranno presto minate pesantemente da una terapia farmacologica continuativa. 
Non occorre leggere siti anti-psichiatrici per conoscere i danni degli psicofarmaci, gli anti-psichiatri si sa, sono infarciti di ideologia e non propongono niente di veramente terapeutico, fissati come sono sulla libertà individuale, anche quella di stare male quanto ci pare e piace. (sto scherzando non me ne vogliano gli antipsichiatri) 

Leggiamo piuttosto i siti medici con occhio critico, quelli dove gli utenti possono fare domande agli psichiatri, c'è veramente da rabbrividire, a vedere con quanta naturalezza e superficialità liquidano qualunque problema derivante dai farmaci anche palese spacciandolo per 'malattia'. Ci sono alcuni thread che durano anni degni di essere inseriti in un libro. Non capisco con che faccia  li tengono aperti al pubblico. 
Ogni tanto qualcuno gli chiede consiglio per  scalare un farmaco, l'avessero mai fatto! Giammai, non esiste proprio semmai si cambia dosaggio o si cambia farmaco, figuriamoci. Questi 'dottori' non hanno generalmente la più pallida idea di cosa significhi dismissione da psicofarmaci e l'inferno che può significare intraprendere questa strada senza cognizione di causa. Sono sicuro che se lo sapessero veramente starebbero più attenti a prescrivere simili molecole fin dall'inizio. 

Eppure basterebbe che si facessero un giro nei forum appositi, dove centinaia di persone sono costrette a fare da soli senza l'aiuto di nessuno psichiatra o esperto della salute mentale. Imparano  dalle loro esperienze e dai loro errori, imparano a distinguere  gli effetti della dismissione dai sintomi di una vera malattia. Imparano a riconoscere l'importanza di uno stile di vita sano, cominciando dall'eliminare sostanze problematiche dalla propria dieta, rinunciando a vizi deleteri, come abuso di alcool, caffè, e droghe più meno leggere, di zuccheri raffinati, talvolta di latticini e glutine, di cibi industrializzati o fast-food e via discorrendo.  Tutte cose che mai si sentirebbero dire dal proprio psichiatra, il quale generalmente non è mai stato istruito in merito alla dismissione dei veleni che prescrive.    


Quanto e quando scalare

Ci sono sul web diversi consigli sulla quantità di sostanza da eliminare e sui tempi di scalaggio, tuttavia uno dei metodi più  interessanti e sensati che ho trovato è quello adottato nel gruppo privato yahoo "Withdrawal and Recovery" il quale attualmente conta circa 6200 iscritti. 
Per prima cosa non fissarsi sui tempi, non fare programmi di settimane , giorni o mesi ma concentrarsi esclusivamente sulle risposte del corpo. 
In caso di politerapia, scalare un farmaco per  volta cominciando da quello che presumibilmente causa gli effetti collaterali peggiori. Per capire quale farmaco scalare per primo occorre rifarsi all'esperienza di altri e anche in tal caso non è detto che sia sempre uguale per tutti allo stesso modo. A grandi linee da quello che ho capito io ma non prendetela per buona, si dovrebbe iniziare dagli antidepressivi quindi le benzodiazepine, seguite dai neurolettici,  e infine gli anticolvunsivanti e gli stabilizzatori dell'umore. Il problema è capire quando un farmaco vine dato per coprire l'effetto indesiderato di un'altro. Questo non è un caso raro quando si parla di politerapia. 

La quantità da togliere di volta in volta dal dosaggio varia secondo il tipo di farmaco e secondo il tempo di assunzione: si va da una molto bassa  2-5% per gli antipsicotici fino al 10% nel caso degli stabilizzatori. Togliere il 5% per cominciare potrebbe essere un buon inizio.
Con questo sistema il tempo che intercorre tra uno scalaggio e l'altro dipende dalla risposta del corpo. Se si sta molto peggio di prima allora conviene tornare al dosaggio precedente lo scalaggio fintanto che non si sta meglio. Si effettuerà la diminuzione del dosaggio soltanto quando si starà meglio rispetto all'ultima riduzione. 
Per fare ciò occorre imparare bene ad ascoltare le risposte del nostro corpo e posso capire però che in diverse situazioni non sia cosa facile. Ecco perché è sempre consigliabile farsi seguire da una persona esperta, meglio un medico consenziente.
Così, occorre chiedersi: "Mi sento bene come o meglio di quanto mi sentivo prima di iniziare questa riduzione ?" 
Se sì, allora possiamo andare avanti e fare un'altra riduzione, altrimenti, è necessario attendere più a lungo. Non importa se passa una settimana o un mese. Fino a quando non saremo in crisi, va benissimo. Se saremo in crisi, significa che la riduzione è stata troppo grande.

Si vedrà così che in certi momenti possono passare anche mesi prima di effettuare un ulteriore step di diminuzione. NON BISOGNA AVERE FRETTA questo è tassativo, non farsi prendere dalla frenesia e dalla voglia di tornare puliti anche se ciò è molto comprensibile. 
Ignorare quelli che  dicono di andare avanti sulla riduzione anche se siamo ancora in astinenza dalla riduzione precedente. Non c'è alcun motivo di fare qualcosa che il corpo non è ancora pronto a fare. Sarebbe come nel caso di un'ingessatura, togliere il gesso prima del tempo senza dare modo alle ossa di risaldarsi. 

Durante la fase di dismissione (ma anche dopo) è molto importante seguire una dieta più 'pulita' possibile, con alimenti freschi e biologici. Da evitare cibo spazzatura, e sostanze problematiche quali caffè, the, eccitanti , sostanze psicotrope ecc.
Ricordarsi che durante la fase di dismissione si può diventare estremamente sensibili anche a cose che prima non ci davano fastidio.

Riduzione in pratica

Una domanda a questo punto sorge spontanea: come è possibile fare riduzioni sui farmaci di una così piccola entità? 
Supponendo di prendere 10 mg di un medicinale, la prima riduzione del 5 % corrisponderebbe a 0,5 mg, una quantità infinitesima da togliere.  Come fare? 
La cosa migliore sarebbe quella di avere il medicinale nella forma liquida, allora disponendo di un misurino graduato supponiamo da 100 ml  mescoliamo le gocce in acqua e successivamente togliamo 5 ml dai 100 totali, alla riduzione  successiva toglieremo 10 ml dal totale e così via. La stessa cosa si può fare con una siringa orale nelle rispettive proporzioni. Per togliere con precisione l'acqua dal misurino ci si può avvalere di una siringa o di una pipetta.

Se il medicinale è una compressa divisibile e riducibile in polvere si può provare prima a diluirla intera. Se non si scioglie  allora si può ridurre in polvere con un piccolo mortaio o con il bordo rotondo di un cucchiaio su carta oleata. Se la sostanza non è idrosolubile occorrerà agitare bene il contenuto in modo da avere una distribuzione uniforme delle particelle di polvere.
Se il farmaco è una capsula (es. litio), prendere  delicatamente la capsula alle estremità, torcendola si dovrebbe rompere a metà o aprire. Fare questa operazione sopra un contenitore per evitare dispersioni della sostanza. 

Attenzione che il sapore del liquido ottenuto può risultare molto sgradevole, perciò in tal caso sarebbe consigliabile mescolare con succo di frutta o meglio ancora spremuta di frutta fresca.

Logicamente nel caso di farmaci a lento rilascio o quelli gastro-resistenti non è possibile affusolarli e meno che mai se assumiamo il farmaco nella forma iniettabile depot. In questi casi occorrerà cercare da ottenere la stessa sostanza in un'altra forma. 
Consiglio tuttavia di cercare su google se esistono suggerimenti per una specifica medicina scrivendo il nome del farmaco, la forma e il termine 'tapering'. Esistono anche video 'didattici' su youtube. 


Cose da non fare mai

  1. - Smettere di botto di prendere farmaci. Specialmente se si stanno assumendo da lungo tempo è la cosa peggiore da fare. Raramente può capitare che vada bene ma generalmente si ricade in una crisi peggiore spesso scambiata per il ritorno della presunta malattia mentale.
  2. - Credere che si possa scalare un farmaco prendendolo una volta ogni 2 giorni, ogni 3 ecc. Ciò equivale a giocare a ping-pong col proprio cervello. Assolutamente da evitare!
  3. - Dividere o ridurre in polvere un farmaco con il rivestimento gastro-resistente. In tal modo si annullerebbero le ragioni della gastro resistenza e la sostanza attiva verrebbe compromessa dagli acidi gastrici.
  4. - Continuare a scalare un farmaco mentre si è in crisi di astinenza o comunque mentre si sta male. Come abbiamo visto, si procede con il cono solo quando sentiamo di essere pronti e a volte è necessario riprendere la dose precedente se il passo di scalaggio è stato troppo ripido. 


RISORSE SU INTERNET


Siti web generici

beyondmeds.com : uno dei blog più popolari gestito da una sopravvissuta alla psichiatria.

madinamerica.com : la più autorevole voce critica della psichiatria

rxisk.org : un enorme database sulle caratteristiche e sugli effetti avversi dei medicinali comunicati anche dagli stessi utilizzatori. Per sapere veramente cosa si riskia..


Altri siti più specifici

http://recovery-road.org

http://www.comingoff.com/


Forum di auto-aiuto per dismissione psicofarmaci

survivingantidepressant.org

paxilprogress.org

benzobuddies.org

benzowithdrawal.org



Libri ebook gratuiti in italiano:

Icarus project: Manuale riduzione del danno

Le benzodiazepine: come agiscono e come sospenderne l’assunzione



Se qualcuno fosse a conoscenza di altre risorse utili, si prega di comunicarmelo tramite commento o messaggio di contatto.

venerdì 5 settembre 2014

I suicidi aumentano con le cure psichiatriche

Ecco una notizia che meriterebbe di essere trasmessa dai principali telegiornali sulla rubrica "salute e società". 
Invece non solo sarà ignorata  dai vari siti pro-psichiatria ma si dirà che sono studi 'viziati' in quanto si tratta di malati mentali già per definizione predisposti ad un maggiore rischio suicidario. 
Infatti anche se si evince chiaramente un maggiore rischio di suicidio in seguito alle 'cure' farmacologiche (di ben 6 volte)  si dirà che la colpa è comunque della sottostante malattia mentale. Tralasciando di ammettere che, come si era già visto in precedenza, il numero dei suicidi dei cosiddetti malati mentali è inferiore tra quelli (ormai pochi) che saggiamente evitano di farsi 'curare' dalla psichiatria. 


I suicidi lievitano enormemente con l'aumento delle Cure Psichiatriche

3 settembre 2014


Secondo uno studio di Psichiatria Sociale ed Epidemiologia Psichiatrica, la probabilità di  commettere suicidio aumenta costantemente e drammaticamente, se aumenta quantità di coinvolgimento che le persone hanno con i professionisti psichiatrici e le cure psichiatriche.

L'assunzione di farmaci psichiatrici aumenta di quasi 6 volte la probabilità di uccidere se stessi, e l'avere speso del tempo nel corso dell'anno precedente in un ospedale psichiatrico aumenta di oltre 44 volte il rischio di suicidio. I risultati suggerirebbero che gli strumenti clinici per la valutazione del rischio di suicidio non funzionano bene, hanno dichiarato gli autori dello studio danese su un'ampia base di popolazione. Tuttavia, un editoriale di accompagnamento suggeriva che dai risultati più probabili emerge che "le cure psichiatriche potrebbero essere, almeno in parte, una causa del suicidio."

I ricercatori hanno fatto uno studio a livello nazionale, nidificato  confrontando gli individui che sono morti da suicidio e controlli appaiati tra gli anni 1996 e 2009 hanno poi classificato il trattamento psichiatrico nell'anno precedente su una scala tra cui figurava "nessun trattamento," "medicato", "contatto ambulatoriale", "pronto soccorso psichiatrico" o "ricoverato in ospedale psichiatrico".

Da 2.429 suicidi e 50.323 controlli, hanno scoperto che l'assunzione di farmaci psichiatrici ha reso una persona 5,8 volte più probabile di suicidarsi. Il contatto ambulatoriale psichiatrico ha aumentato il tasso dei suicidi di 8,2 volte. Se la persona aveva visitato un pronto soccorso psichiatrico erano il tasso saliva a 27,9 volte, e se fossero stati effettivamente ricoverati in un ospedale psichiatrico diventava di 44,3 volte !.

"Un Ricovero psichiatrico nell'anno precedente è fortemente associato con il rischio di morire di suicidio", hanno concluso i ricercatori. "Inoltre, anche le persone che sono state a contatto con un  trattamento psichiatrico, ma che non sono stati ammessi sono fortemente esposti ad un aumento del rischio di suicidio."

Gli autori hanno affermato che l 'associazione probabilmente dipende dalla selezione (anziché causalità), in quanto le persone con livelli crescenti di contatto psichiatrico sono anche più severamente a rischio di morire di suicidio. Ciò nonostante, hanno scritto che:"Il significato di questo risultato può essere considerevole per la salute pubblica. Hanno suggerito che "gli strumenti attuali per la valutazione del rischio non funzionano, e i medici  per quanto riguarda il punto di contatto con il sistema psichiatrico dovrebbero forse iniziare a considerarlo come fattore di rischio per il suicidio di un paziente.

Tuttavia, in un editoriale di accompagnamento nel giornale, due esperti di suicidio australiani hanno  discusso queste interpretazioni: "Le associazioni sono forti, danno prova di una relazione dose-effetto, e hanno un meccanismo plausibile sono più propensi a indicare una relazione causale di associazioni che non hanno queste caratteristiche". "Ora c'è il dubbio che il suicidio è associato sia con lo stigma e il trauma nella comunità generale. E 'quindi del tutto plausibile che lo stigma e il trauma inerente al trattamento (soprattutto involontario) potrebbero, in soggetti già vulnerabili, contribuire ad alcuni suicidi ... Forse alcuni aspetti ambulatoriali del contatto psichiatrico sono suicidogeni. Queste forti associazioni graduali chiedono che prestiamo maggiore attenzione a questa possibilità preoccupante. "


Scoperte inquietanti circa il rischio di suicidio e di ospedali psichiatrici .. (Grande, Matteo M. e Ryan, Christopher J. Psichiatria Sociale ed Epidemiologia Psichiatrica settembre 2014, Volume 49, Issue 9, pp 1353-1355 DOI: 10.1007 / s00127-014- 0912-2)


Rischio di suicidio in base al livello di trattamento psichiatrico: uno studio nidificato caso-controllo nazionale (Hjorthøj, Carsten Rygaard et al Psichiatria Sociale ed Epidemiologia Psichiatrica settembre 2014, Volume 49, Issue 9, pp 1357-1365 DOI:... 10.1007 / s00127 -014-0860-x)


Degno di essere menzionato qui  il commento di un lettore: 

L'esperienza più traumatica della mia vita è stata il mio TSO involontario, il contatto con la psichiatria ospedaliera. Tanto che molti anni più tardi mi tormenta ancora e penso che mi perseguiterà per il resto della mia vita.Non credo che ci sia bisogno di uno studio per stabilire che l'esperienza più umiliante e disumanizzante della  vita può avere conseguenze psicologiche per il resto della vita di quella persona, tra cui spingere la persona a concludere che farla finita dopo tutto è l'opzione più razionale.Ho preso ogni precauzione a mia disposizione -incluso spegnere tutte le comunicazioni con la mia ex-famiglia- per assicurarmi che tengo la psichiatria e gli psichiatri lontano dalla mia vita. Per ora, non riesco a immaginare uno scenario in cui potrò finire di nuovo in un ospedale psichiatrico.Detto questo, io preferisco fare il senzatetto e la morte a un altra cosiddetta "ospedalizzazione" in un reparto psichiatrico. Così la mia solidarietà va ai martiri psichiatrici, alla loro vita sacrificata sull'altare della psichiatria.

Fonte: madinamerica.com