giovedì 16 gennaio 2014

La migliore terapia è la non-terapia



Terapie corrette  e sbagliate. 

Uno psichiatra bravo per definizione sa azzeccare sin da subito la giusta diagnosi e di conseguenza la corretta terapia farmacologica.

D'altra parte la mia esperienza relativamente all'essere in contatto e avere osservato numerosi casi  mi racconta uno scenario in cui le terapie sbagliate sembrano pressoché la norma, quasi quanto le diagnosi errate. 
La classica escalation iatrogena parte ad esempio da una diagnosi di depressione maggiore. L'errore che viene fatto in questo caso è quello di errata diagnosi iniziale. Si prescrivono subito antidepressivi che (come è noto) possono provocare al pari di sostanze di abuso quali ad esempio il THC della cannabis un 'viraggio' verso uno stato maniacale. Da questo tipo di risposta lo psichiatra deduce che il suo paziente ha il disturbo bipolare, anche se prima di allora la persona non aveva mai dato segni di squilibrio mentale tali da essere identificati con certezza come 'mania' o psicosi. 
Ma non è tutto qui. Naturalmente la cosiddetta mania viene trattata a sua volta con antipsicotici che fra gli innumerevoli effetti indesiderati tendono proprio a promuovere la psicosi, così come è ben documentato dal Dott. Abram Hoffer che ricordiamolo, ha seguito migliaia di casi di 'schizofrenia':  

"I tranquillanti maggiori (antipsicotici o neurolettici), non importa quanto utili, creano un dilemma importante per i pazienti ed i loro psichiatri. Somministrati ai pazienti, aiutano a ridurre la frequenza e l'intensità dei sintomi, ma dati alle persone normali li fanno ammalare. Sotto il regime comunista in Russia, ai dissidenti rinchiusi negli ospedali psichiatrici, gli venivano dati tranquillanti. Stavano usando la loro definizione peculiare della malattia mentale, cioè una persona in disaccordo con il sistema. Queste persone sono diventate psicotiche grazie ai tranquillanti. Quando ai pazienti vengono dati gli stessi farmaci e iniziano a stare meglio, i loro sintomi sono alleviati in qualche misura, sono più disponibili e i loro familiari fiduciosi di sentire ancora una volta che si riprenderanno. Ma man mano che migliorano  o diventano più 'normali', cominciano a rispondere a questi farmaci come se fossero normali, vale a dire si ammalano."

Quindi come già affermato in precedenza, sappiamo che gli psicofarmaci sono quella classe particolare di medicinali che, agendo esclusivamente sulla sintomatologia, senza sapere esattamente cosa mettono in moto nell'organismo,  promuovono le stesse malattie che dovrebbero curare. 

Si noti bene che lo stesso Hoffer non era completamente contrario all'impiego degli antipsicotici. Come molti altri psichiatri anche lui pensava che questi farmaci fossero molto utili nei casi di emergenza, dove apparentemente non può essere fatto niente altro per placare un episodio psicotico oppure maniacale di una certa gravità. C'è comunque una grande differenza tra un uso accorto e molto limitato di queste sostanze tossiche e il loro utilizzo vita natural durante come l'insulina per il diabete. 

Ho tuttavia conosciuto molte persone anche piuttosto convinte che il loro trattamento si sarebbe dimostrato adeguato e provvidenziale per il loro status di 'malati mentali'. Gente che nonostante la continua sofferenza a seguito dello stigma perpetuo e della supposta malattia mentale è piena di gratitudine per il loro psichiatra perché casualmente, è riuscito a placare temporaneamente le loro sofferenze grazie ad un appropriato intruglio chimico. Magari dopo anni di sofferenze e tentativi falliti sono approdati a quello che sembra il giusto miscuglio per loro. 
Sarebbe ingiusto affermare che i farmaci psichiatrici non funzionano mai. A volte 'lavorano' come si può dire che lavorino sostanze come l'alcool e le droghe di strada.  Ma non per questo motivo queste ultime si possono chiamare medicine, come diceva lo psicologo nell'articolo precedente. Il fatto è che questi miglioramenti, se vi sono, sono per lo più temporanei e di breve durata, perché solitamente a lungo andare sia la salute fisica che quella mentale viene gravemente e irrimediabilmente compromessa dal continuo apporto di psicofarmaci. 

Peter Gøtzsche, MD, co-fondatore della Cochrane Collaboration, uno degli scienziati indipendenti più qualificati del settore salute mentale ha recentemente affermato: 

"I miei studi in questo campo mi portano a una conclusione che mi mette molto a disagio: I cittadini starebbero molto meglio se fossero rimossi tutti i farmaci psicotropi dal mercato e  i medici che sono in grado di gestirli. E' inevitabile che la loro disponibilità crea più male che bene." 

Quindi la questione non si pone in termini di cure farmacologiche corrette e sbagliate. Fra l'altro cosa significa cura corretta? Quali sono le cure farmacologiche oggi? Provate ad entrare in certi reparti psichiatrici. A prescindere dal tipo di disturbo e diagnosi è molto facile che la cura sia la stessa per tutti, in base a quello che hanno a disposizione, tipicamente antipsicotici di nuova generazione i quali oggi sono molto di moda. Così un depresso avrà la sua razione di antipsicotici al pari di un maniaco o uno schizofrenico. Potrà variare qualcosa nella composizione dei rispettivi coktails: benzodiazepine se c'è  ansia, uno o più stabilizzatori se c'è agitazione o mania e così via. Non è neppure raro trovare gli stessi identici miscugli di sostanze somministrati per diagnosi completamente diverse.    
Più che parlare di cura corretta allora si dovrebbe parlare di 'combinazione arbitraria fortuita di sostanze psicotrope'. Sarebbe più appropiato e perfino più onesto.

Potendo scegliere forse allora quasi quasi potrebbe essere meglio una non-terapia. Questo non significa però tenersi la sofferenza, significa credere nella natura episodica di certi problemi e nel potere di auto-guarigione che il nostro corpo possiede. Da qui l'assunto, non fare nulla è comunque meglio. E' ovvio che qualora vi fosse una causa nota alla radice dei nostri problemi (ad esempio abuso di sostanze) e non viene rimossa i problemi si ripeteranno se non cambiamo radicalmente stile di vita. Nonostante questa ovvietà, c'è tanta gente che preferisce diventare dipendente anche dai farmaci piuttosto che mollare o almeno limitare le altre dipendenze in una escalation tossica senza fine.   

Ecco qui illustrato molto bene da un medico 'vero' e coscienzioso quale perverso meccanismo si può instaurare, nella frenesia della cura chimica a tutti i costi, fatta anche in buona fede da 'ben intenzionati' medici di famiglia. 

"Ho visto un giovane donna di appena 30 anni, che voleva un aiuto per scalare le benzodiazepine.Aveva assunto dosi crescenti di Xanax per due anni. Lo Xanax era stato prescritto per gli attacchi di panico che avevano avuto inizio dopo che aveva assunto  Wellbutrin. Il Wellbutrin era stato prescritto quando è diventata depressa mentre assumeva alte dosi di antidolorifici. E i narcotici erano stati prescritti quattro anni prima per un dolore alla schiena sul posto di lavoro.Non aveva storia psichiatrica prima della lesione alla schiena. In quattro anni, gli sono stati dati, tolti e ridati, psicofarmaci da parte di ben intenzionati medici di base. 
E 'facile vedere in retrospettiva che ogni farmaco è stato il trattamento, almeno in parte, dell'effetto collaterale di un altro farmaco, ed ha costruito una tolleranza di ciascuno fino a raggiungere una dose massima.Ed ecco il punto: lei ora assume tutti questi farmaci, ed ha ancora il mal di schiena, anche  peggio di prima. Ha ancora la depressione, anche peggiore di prima. Ha ancora attacchi di panico, anche  peggiori.Non riesce a mantenere un lavoro, non può impegnarsi nel suo matrimonio, non può funzionare nella sua vita. E ' diventata dipendente dai farmaci e lei lo sa."

D'accordo queste sono le affermazioni di un medico di base, una persona che osserva comunque i problemi dal di fuori. Vediamo allora un punto di vista più diretto, sentiamo cosa pensano i membri di un forum appositamente creato per aiutarsi vicendevolmente nella dismissione di psicofarmaci, nella fattispecie antidepressivi: 

"Molti di noi su questo forum hanno, in un momento o in un altro, perso la pazienza con il lungo e lento processo attraverso l'anedonia e hanno pensato di tornare a prendere di nuovo farmaci. Fate un respiro profondo e ricordate che non solo più farmaci prolungano l'anedonia, gli effetti collaterali a lungo termine di antidepressivi e antipsicotici sono spaventosi: ridotta durata della vita, aumento di peso, diabete, problemi cardiaci, insufficienza renale, aumento del rischio di demenza negli anni successivi, e probabilmente alcune cose di cui non siamo nemmeno a conoscenza  al momento attuale. Non vale la gratificazione immediata di (forse) sentirsi meglio per un breve periodo."

Forum di questo tipo purtroppo ancora non ne esistono qui in Italia, si potrebbe dire che grazie al'opera incessante di  qualche nostro famoso psichiatra,  siamo un paese molto arretrato nel campo della dismissione da psicofarmaci. Da diversi mesi tento di aiutare in questa impresa titanica una persona (T.) che sta soffrendo atrocemente da un paio di anni, ma con l'irremovibile determinazione di evitare di rivolgersi al suo medico di base il quale la farebbe ricoverare seduta stante in un reparto psichiatrico. T. è convinta che il ricovero la danneggerebbe irrimediabilmente come ha avuto occasione di osservare in altre persone. Nonostante l'enorme disagio e la sofferenza, tale da non lasciarle nessuno spazio per fare alcunché si aggrappa ad ogni informazione che possa provenire dai miei studi e le mie conoscenze, dai medici olistici consultati, da ex pazienti psichiatrici , da esponenti dell'anti-psichiatria ecc ecc. E nonostante questo nessuno è stato finora in grado di aiutarla per i suoi problemi specifici di dismissione. Ogni volta che la sento mi si stringe il cuore, e solitamente dopo un paio d'ore al telefono riesce a distrarsi un po e tranquillizzarsi un minimo. La cosa raccapricciante è che alcuni professionisti cosiddetti 'alternativi' gli hanno chiesto cifre da capogiro per un loro consulto.  Riuscirà T. a vincere questa battaglia per la vita? 

Ripeto, meglio allora non fare nulla fin dal'inizio, probabilmente  nella maggioranza dei casi di problemi mentali. Questa non è una conclusione che ho tratto in modo arbitrario. E' la cruda realtà. 

"... Le regioni del mondo con il maggior numero di risorse  dedicate alla salute mentale - la migliore tecnologia, i farmaci d'avanguardia e il miglior finanziamento accademico e istituti di ricerca privati - hanno i pazienti più difficili e socialmente emarginati." - Ethan Watters 

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